I ricollocamenti dei migranti continuano a non funzionare
Nell'ultimo mese sono stati trasferiti dall'Italia agli altri paesi europei appena 20 richiedenti asilo: ma era un fallimento annunciato
Dall’inizio del 2021 sono arrivati in Italia via mare 15.065 migranti. Sono numeri contenuti e più che gestibili, ma tre volte più grandi rispetto allo stesso periodo del 2020. Di conseguenza ormai da settimane il governo italiano con l’aiuto della Commissione Europea sta cercando di convincere gli altri paesi europei ad accogliere alcuni dei migranti sbarcati in Italia che intendono chiedere asilo, cioè praticamente tutti.
Finora il meccanismo è stato un fallimento: EuObserver riporta che nell’ultimo mese sono stati ricollocati appena 20 richiedenti asilo sui poco più di seimila arrivati sulle coste italiane, cioè lo 0,3 per cento. Dieci sono stati ricollocati in Irlanda, e altri dieci in Lituania. Anche il Lussemburgo è interessato ad accoglierne alcuni, probabilmente un numero simile.
La notizia è particolarmente significativa perché proprio sui ricollocamenti su base volontaria si fonda la nuova proposta della Commissione Europea per riformare il cosiddetto regolamento di Dublino, che costringe il richiedente asilo a fare domanda di protezione allo stato di primo ingresso, e lo stato di primo ingresso a farsi carico della domanda di protezione e dell’accoglienza del richiedente asilo. La proposta è stata presentata a settembre del 2020 e prevede un meccanismo di ricollocamento volontario dagli stati più in difficoltà nel gestire le richieste di protezione; in alternativa, gli altri stati membri potranno “sponsorizzare” il rimpatrio di un’altra persona a cui è stata respinta la richiesta di protezione, sempre nello stesso stato. La terza alternativa prevede altre «misure di sostegno» non esattamente specificate.
La proposta della Commissione è stata avanzata per superare il rifiuto dei paesi dell’Europa dell’Est, tradizionalmente più ostili ai migranti, di accogliere nel proprio territorio persone che provengono dal Medio Oriente o dal Nord Africa. Il problema è che difficilmente la proposta, se anche entrerà in vigore nei prossimi anni, produrrà effetti concreti: già oggi rimpatriare le persone che non hanno diritto a rimanere in un paese europeo è difficilissimo, perché servono accordi bilaterali con il paese di origine della persona in questione. Coinvolgere un terzo paese, che magari non ha nemmeno la capacità amministrativa per seguire pratiche del genere a migliaia di chilometri a distanza, servirà a ben poco.
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Chiara Favilli, che insegna Diritto dell’Unione Europea all’università di Firenze, ha commentato la proposta della Commissione sulla rivista Questione Giustizia spiegando che «gli strumenti già presenti nella politica europea di immigrazione e asilo vengono riordinati nell’ambito della medesima cornice, resa più solida e coerente, ma pressoché identica a quella già in vigore». Favilli aggiunge che mentre si insiste molto sulla protezione dei confini e l’efficienza dei rimpatri, la proposta «non colma la grave lacuna in materia di migrazione legale»: «L’assenza di una disciplina dell’Unione in materia di migrazione economica, unitamente al quasi azzeramento delle possibilità di ingresso per lavoro negli Stati membri, è tra le principali cause della migrazione irregolare».
Ma il punto più debole dell’intera proposta è proprio l’inefficacia dei ricollocamenti su base volontaria, un meccanismo che non ha mai funzionato in ambito europeo, in estrema sintesi perché nessun governo nazionale vuole essere accusato di adottare un approccio eccessivamente accogliente nei confronti dei richiedenti asilo.
Il primo meccanismo di ricollocamento di emergenza dalla Grecia e dall’Italia, introdotto nel 2015 dalla Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, aveva come obiettivo quello di ricollocare circa 160mila richiedenti asilo ma riuscì a trasferirne solo 34.700.
Un simile accordo di questo tipo fu trovato a Malta settembre 2019: prevedeva i soliti ricollocamenti su base volontaria ma riguardava un numero ristretto di paesi “volenterosi”. Inoltre prevedeva il ricollocamento dei soli migranti arrivati a bordo di navi militari o delle ong, cioè meno di uno su 10 di quelli che ai tempi arrivavano via mare in Italia. Secondo dati ottenuti dal Foglio, dal 2018 a oggi ha riguardato in tutto 1.273 migranti. Il meccanismo alla base dell’accordo era stato comunque sospeso con la pandemia da coronavirus, e sostituito da un semplice coordinamento occasionale della Commissione Europea.
Difficilmente le cose cambieranno, benché il governo di Mario Draghi abbia ottenuto di discutere di un accordo politico sulla proposta della Commissione al Consiglio Europeo, cioè l’organo che raduna i 27 capi di stato e di governo, previsto per il 24 e 25 giugno. A questo giro anche i paesi che in passato avevano accolto alcuni richiedenti asilo come Francia e Germania si sono tirati indietro, probabilmente per ragioni di consenso interno.