Gli Stati Uniti hanno recuperato buona parte del riscatto pagato per l’attacco informatico alla Colonial Pipeline
Gli Stati Uniti, nell’ambito di un’operazione coordinata dal dipartimento di Stato a cui ha partecipato l’FBI, hanno recuperato buona parte del riscatto che era stato pagato lo scorso maggio al gruppo di hacker DarkSide, responsabile di aver compiuto un attacco informatico a danno dei sistemi della Colonial Pipeline, uno dei più grandi e importanti oleodotti degli Stati Uniti. Lunedì la vice procuratrice generale Lisa Monaco ha detto che gli investigatori hanno «trovato e ripreso» 63,7 bitcoin, del valore di 2,3 milioni di dollari (circa 1,9 milioni di euro), cioè buona parte dei 75 bitcoin pagati dall’azienda (che al momento del pagamento, prima di un calo delle criptovalute, valevano 4,4 milioni di dollari).
L’attacco informatico era stato compiuto lo scorso 7 maggio con un “ransomware”, cioè un software malevolo installato dagli hacker che blocca alcuni dati, che vengono sbloccati solo con il pagamento di un riscatto (in inglese ransom). Circa due settimane dopo l’attacco, l’amministratore della Colonial Pipeline, Joseph Blount, aveva confermato di avere autorizzato il pagamento di un riscatto di 4,4 milioni di dollari (circa 3,6 milioni di euro) per permettere la ripresa delle attività dell’oleodotto, bloccate a causa dell’attacco.
– Leggi anche: Cosa volevano fare gli hacker di DarkSide con la Colonial Pipeline