Come procede la riforma della giustizia
Dopo le modifiche al processo penale e civile, la ministra Cartabia ha presentato quelle che riguarderanno il CSM
Lo scorso 4 giugno la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha presentato ai capigruppo di maggioranza in Commissione Giustizia della Camera le proposte di riforma del Consiglio superiore della magistratura (CSM) a cui ha lavorato nelle scorse settimane la commissione di esperti da lei nominata. Il capitolo che riguarda il CSM è arrivato dopo le indicazioni già fornite per migliorare il processo civile e il processo penale e fa parte di una più generale riforma della Giustizia che l’Italia si è impegnata ad approvare per poter ottenere dall’Unione Europea i finanziamenti del Recovery Fund.
Per elaborare ciascuna di queste specifiche riforme, Cartabia aveva istituito delle commissioni composte da esperti. Le loro proposte intervengono sulle relative riforme già presentate dal precedente ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede del Movimento 5 Stelle: si tratta di tre proposte di legge delega che, ora, sono state assunte come testi base della discussione e che saranno emendate sia dai partiti che dalla ministra della Giustizia in base alle conclusioni delle commissioni di esperti. L’obiettivo è comunque quello di arrivare alla loro approvazione prima del prossimo autunno.
La riforma del CSM
Una parte della riforma della Giustizia riguarda il sistema elettorale e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno della magistratura. A livello politico si tratta di un intervento piuttosto delicato, e arriva dopo lo scandalo dell’indagine su Luca Palamara, l’ex consigliere dell’organo accusato un paio di anni fa di corruzione, e il cui caso continua ad avere lunghi strascichi, e dopo il recente caso sulla fuga di notizie che coinvolge l’avvocato Piero Amara.
Venerdì Cartabia ha presentato ai capigruppo di maggioranza in commissione le proposte su cui hanno lavorato gli esperti guidati dal costituzionalista Massimo Luciani. L’obiettivo dichiarato della riforma è quello, in generale, di garantire «un esercizio del governo autonomo della magistratura libero da condizionamenti esterni o da logiche non improntate al solo interesse del buon andamento dell’amministrazione della giustizia». Cartabia l’ha ribadito spiegando che questo capitolo della riforma è «molto atteso» perché «i fatti di cronaca, che hanno riguardato la magistratura nei mesi più recenti, hanno reso improcrastinabili e più urgenti gli interventi in questo ambito». La ministra ha detto che «gli ingredienti della riforma» saranno «indipendenza, esercizio imparziale, efficienza».
La commissione ha fatto varie proposte, che i giornali di questi ultimi giorni hanno anticipato e cercato di riassumere, anche se manca ancora la relazione finale pubblicata dal ministero.
Il Corriere della Sera ha scritto che alcune proposte della commissione riguardano la composizione e l’elezione del CSM: il suggerimento sarebbe quello di avere 30 componenti (20 togati e 10 laici) e di introdurre una serie di meccanismi per favorire la presenza di candidati slegati dalle correnti.
A differenza di quanto è previsto dal disegno di legge Bonafede, che rappresenta il testo base per la discussione in Commissione Giustizia alla Camera, per la commissione ministeriale i magistrati che scelgono di entrare in politica non devono avere il divieto assoluto di riprendere le proprie funzioni: potranno dunque farlo, ma con delle limitazioni che hanno a che fare sia con i tempi che con il territorio. Il rientro in ruolo sarebbe previsto in regioni diverse rispetto a quelle in cui hanno fatto politica, e per candidarsi dovranno prima chiedere 4 mesi di aspettativa e non potranno comunque presentarsi nei luoghi dove hanno lavorato negli ultimi due anni.
Una delle proposte è poi quella di ridurre i margini di discrezionalità del CSM nella nomina dei vertici: la commissione avrebbe chiesto, cioè, di modificare i requisiti «per il conferimento di funzioni direttive e semidirettive», introducendo «valutazioni di professionalità» e «puntuali parametri e indicatori attitudinali, suddivisi in generali e specifici, in relazione al posto da ricoprire». Infine, è stato chiesto un maggiore monitoraggio dell’attività dei magistrati per accertare le eventuali cause dei ritardi e cercare di eliminarli.
Il processo civile e penale
Le relazioni finali delle commissioni ministeriali per riformare il processo penale e quello civile sono state pubblicate sul sito del ministero della Giustizia, rispettivamente, lo scorso 25 maggio e lo scorso 3 giugno. L’obiettivo finale di entrambe è, come richiesto dalla Commissione Europea, una riduzione dei tempi dei procedimenti entro i prossimi cinque anni: la riduzione dovrà essere pari al 40 per cento per il processo civile e pari al 25 per cento per il processo penale, nei tre gradi di giudizio.
Sulla riforma del processo civile non sembrano esserci per ora problemi tra i partiti che compongono l’attuale maggioranza, mentre sarà più complesso trovare un accordo sulla riforma del processo penale e, in particolare, sulla questione della prescrizione, cioè l’estinzione di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo.
Al testo base attualmente all’esame della commissione Giustizia della Camera i vari partiti hanno presentato più di 700 emendamenti, che vanno in direzioni opposte. E a questi, si sono aggiunte le proposte fatte dalla commissione istituita da Cartabia e che avevamo spiegato in modo esteso qui.