Che storia ha “Bella ciao”
Il canto partigiano più famoso ha origini incerte e una diffusione trasversale, e se ne riparla per una discussa proposta di legge
Lo scorso venerdì ha iniziato l’iter parlamentare una proposta di legge – firmata da parlamentari di PD, Italia Viva, M5S e LeU – per rendere la canzone partigiana Bella ciao l’inno ufficiale della Festa della liberazione dal nazifascismo, che cade ogni 25 aprile. Nel testo presentato i parlamentari motivano la proposta facendo riferimento al «carattere istituzionale» della canzone, rappresentativo dei «valori fondanti della Repubblica», ma in queste ore i partiti più a destra della coalizione di centrodestra – Fratelli d’Italia e Lega – hanno criticato duramente la proposta, accusando i parlamentari che l’hanno voluta di essere «sconnessi con la realtà».
In particolare il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, ha detto: «Bella ciao, non per colpa del testo ma per colpa della sinistra, è diventata una canzone che non copre il gusto di tutti gli italiani: è troppo di sinistra. Non è la canzone dei partigiani, è la canzone solo dei partigiani comunisti». In realtà, Bella ciao è stata a lungo una canzone piuttosto trasversale, come ha ricordato anche Concetto Vecchio su Repubblica portando come esempio il congresso democristiano del 1976 – quello in cui fu eletto segretario Benigno Zaccagnini – che si chiuse proprio con quella canzone. Oggi esistono traduzioni di Bella ciao in moltissime lingue ed è stata suonata e cantata in contesti molto diversi, pur rimanendo tra i canti più tradizionali e amati delle manifestazioni di sinistra italiane e non solo.
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La storia di Bella ciao è stata indagata da molti storici e storiche, che hanno cercato di ricostruirne le origini e di ripercorrerne le trasformazioni. La genesi della canzone, tuttavia, è ancora dibattuta. Per molti anni è circolata l’ipotesi che Bella ciao discendesse da un canto diffuso tra le mondine nelle risaie durante gli anni Trenta, ma alcuni studi hanno poi stabilito che canti di questo tipo comparvero per la prima volta nelle risaie dagli anni Cinquanta, cioè dopo le prime attestazioni del canto partigiano. Alcuni sostengono che discenda semplicemente da canti regionali del Centro-Nord Italia, e altri ancora – come il giornalista Giampaolo Pansa – sostengono che in realtà i partigiani non la cantarono mai e che diventò popolare solo nel Secondo dopoguerra.
Ma molte ricerche e pubblicazioni recenti hanno documentato come Bella ciao fosse diffusa durante la Resistenza, sebbene in misura minore rispetto a Fischia il vento, un’altra canzone partigiana più connotata politicamente (“A conquistare la rossa primavera/Dove sorge il sol dell’avvenir”). Lo storico Stefano Privato, nel suo libro del 2015 Bella ciao. Canto e politica nella storia d’Italia, scrive che Bella ciao era diffusa perlopiù nelle zone di Reggio Emilia, nell’alto bolognese, sulle Alpi Apuane e nei dintorni di Rieti. Cesare Bermani, invece, che è esperto di storia orale, sostiene che i primi a cantare Bella ciao siano stati i partigiani abruzzesi della Brigata Maiella, e che furono loro a portarla verso nord dove sarebbe stata adottata anche dai partigiani toscani ed emiliani.
Il dibattito storico è ancora aperto, perché un recente studio di Ruggero Giacomini, storico marchigiano, racconta come nella zona di Macerata si cantasse già una versione di Bella ciao – con un testo leggermente diverso da quello oggi più diffuso – prima della primavera del 1944, quando cioè la Brigata Maiella entrò nelle Marche liberando varie città e aiutando la Resistenza locale.
L’origine del canto partigiano è dunque ancora incerta, e lo stesso si può dire della sua melodia, anche se in molti la fanno risalire a una canzone popolare ebraica (yiddish) suonata da Mishka Ziganoff. Tuttavia non è noto come questo giro di accordi di un musicista rom ucraino naturalizzato statunitense sia diventato la base di Bella ciao.
Sicuramente nel corso del Novecento Bella ciao ha acquisito sempre maggiore popolarità, forse proprio in virtù del fatto che era ritenuta più universale rispetto ad altri canti partigiani comunisti. Negli anni l’hanno cantata e suonata, tra gli altri, Milva, Manu Chao, Claudio Villa, Yves Montand, Woody Allen, Tom Waits. Una nuova e ancora più estesa fama gliel’ha portata poi la serie di Netflix La casa di carta, in cui viene usata dal protagonista della serie – il “Professore” – come una specie di richiamo alla rivolta. A seguito della serie, che ha avuto un grande successo in molti paesi del mondo, sono uscite nuove versioni e remix della canzone, tra cui quelle dei DJ Hardwell e Steve Aoki.
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Già prima della Casa di carta, comunque, Bella ciao era diventata un inno internazionale alla lotta per la libertà, e per questo erano stati fatti già moltissimi adattamenti e traduzioni. Viene usata per esempio dai curdi siriani indipendentisti, che hanno lottato contro l’ISIS e che da decenni combattono contro la Turchia per ottenere l’indipendenza, mentre negli ultimi anni – e anche prima della Casa di carta – si è sentita in manifestazioni di piazza internazionali, dalla Turchia al Libano al Cile.