L’accordo dei paesi del G7 su una tassa minima globale per le multinazionali
È un primo importante passo ma se ne dovrà riparlare con altri paesi, a partire da quelli che formano il G20
I ministri delle Finanze dei paesi del G7, riuniti a Londra, hanno raggiunto un accordo per impegnarsi a istituire una tassa globale di almeno il 15 per cento per le multinazionali che operano in quei paesi, a prescindere da dove siano le loro sedi. Rishi Sunak, ministro delle Finanze del Regno Unito, ne ha parlato come di un «accordo storico per riformare il sistema fiscale globale per adattarlo all’era digitale globale». Sunak ha spiegato che la tassa riguarderebbe le aziende con margini di profitto superiori al 10 per cento.
🚨 At the @G7 in London today, my finance counterparts and I have come to a historic agreement on global tax reform requiring the largest multinational tech giants to pay their fair share of tax in the UK.
👇The thread below explains exactly what this means. #G7UK pic.twitter.com/HdcK1HuM91
— Rishi Sunak (@RishiSunak) June 5, 2021
L’accordo potrebbe interessare in particolare grandi aziende tecnologiche come Amazon e Google, e potrebbe portare ai governi miliardi di dollari utili a sostenere i grandi costi dovuti alla pandemia da coronavirus. I paesi del G7 sono Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Italia e Giappone, e resta ora da vedere se anche altri paesi accetteranno di impegnarsi allo stesso modo. L’accordo potrebbe essere esteso ai paesi del G20, che si riuniranno a luglio in Italia, ma secondo il New York Times una eventuale estensione dell’accordo non arriverebbe prima dell’incontro successivo, al momento previsto per ottobre.
L’accordo si basa su due principi: il primo prevede di evitare che, per invogliare le aziende a lavorare sul proprio territorio, gli stati facciano una sorta di “corsa al ribasso” sulla tassazione; il secondo prevede che si eviti che certe aziende finiscano – semplificando un po’ la questione – per pagare le tasse in certi paesi in cui dichiarano di avere i loro profitti, senza però pagarne ad un livello ritenuto adeguato dove invece vendono i loro prodotti o servizi.
L’accordo arriva dopo anni di intense trattative e, tra le altre cose, potrebbe attenuare certe tensioni che ci sono state in particolare tra Europa e Stati Uniti su questa questione.