I vaccini contro il coronavirus e le mestruazioni
Alcune donne si chiedono se la vaccinazione sia la causa del loro ciclo irregolare, al momento non ci sono ricerche che lo confermino e non c'è da preoccuparsi
Negli ultimi mesi diverse donne hanno segnalato di avere avuto un ciclo mestruale irregolare dopo la vaccinazione contro il coronavirus. I problemi sono consistiti in un inizio anticipato o in ritardo delle mestruazioni, oppure in un flusso più copioso o ridotto a seconda dei casi. A oggi non ci sono evidenze scientifiche a sostegno di queste segnalazioni, che riguardano comunque disturbi temporanei e che non suscitano particolare preoccupazione dal punto di vista medico. Alcune ricercatrici hanno avviato iniziative per approfondire il tema e per provare a scoprire se ci sia effettivamente un nesso con i vaccini.
Kate Clancy, antropologa medica presso l’Università dell’Illinois (Stati Uniti), è stata tra le prime a segnalare di avere avuto qualche anomalia nel proprio ciclo a una decina di giorni di distanza dalla prima dose del vaccino di Moderna a fine febbraio. Su Twitter aveva scritto di avere avuto le mestruazioni in lieve anticipo e di avere avuto un flusso copioso per diversi giorni, a differenza del solito. La sua segnalazione aveva ricevuto numerose risposte da altre donne che avevano riscontrato problemi simili dopo avere ricevuto il vaccino.
Insieme a un’ex collega, Clancy aveva poi messo online un sito per raccogliere le esperienze di altre donne, in modo da avere dati e da poterli organizzare in modo più coerente, andando oltre le segnalazioni sporadiche e aneddotiche. La raccolta di informazioni è ancora in corso, ma ci sono già alcuni elementi che meritano di essere approfonditi, secondo le ricercatrici e altre loro colleghe.
Al momento, è bene ricordarlo, non c’è nessuna evidenza scientifica, ma solamente una serie di circostanze che potrebbero essere spiegate con la vaccinazione. Ed è ancora più importante ricordare che gli eventuali cambiamenti nel ciclo mestruale sono temporanei e non destano troppe preoccupazioni. Per quanto possano comportare fastidi o più dolore del solito, non sono un’indicazione di qualche tipo di danno a lungo termine al proprio apparato riproduttivo.
Come in numerose altre parti del corpo, anche nei tessuti che formano l’utero ci sono cellule immunitarie che si occupano di proteggere il nostro organismo dagli agenti esterni. Queste cellule hanno inoltre un ruolo importante nel determinare lo spessore del rivestimento interno dell’utero (endometrio), che aumenta nella fase di maggiore fertilità e si riduce poi se non avviene la fecondazione dell’ovulo.
Una vaccinazione stimola in generale l’attività del sistema immunitario, e di conseguenza può interferire temporaneamente con altri meccanismi del nostro organismo che dipendono dalle cellule immunitarie. Ciò può avvenire anche nell’utero portando ad avere le mestruazioni in anticipo, oppure in ritardo o con un flusso meno regolare rispetto al solito.
Più in generale, un’infiammazione influenza i tempi dell’ovulazione che possono quindi modificarsi a seconda dei periodi e delle proprie condizioni di salute. Accade quando si ha la febbre, per esempio, che deriva proprio da una reazione dell’organismo per contrastare un’infezione. Alcune ricerche hanno evidenziato come particolari stati infiammatori possano portare ad avere mestruazioni più dolorose.
In passato si è rilevato come i vaccini antinfluenzali e quelli contro il virus HPV (papilloma virus) possano incidere temporaneamente sul ciclo. Gli studi non hanno comunque segnalato alcun effetto nel lungo periodo e nemmeno problemi legati alla fertilità e alla capacità di avere figli.
Nel caso dei vaccini contro il coronavirus, le evidenze raccolte consentono di escludere che il loro impiego faccia aumentare il rischio di subire un’interruzione prematura della gravidanza. Quando si è incinta, intervengono diversi altri meccanismi per tenere sotto controllo l’attività del sistema immunitario e la sua influenza sul rivestimento interno dell’utero.
Sui social network e sulle applicazioni per scambiarsi messaggi, come WhatsApp, le segnalazioni di alcune donne vaccinate sono state sfruttate per diffondere informazioni inesatte, e talvolta allarmistiche, sugli effetti dei vaccini sull’organismo. Alcuni video, visti centinaia di migliaia di volte, sostengono che la vaccinazione contro il coronavirus causi seri problemi alle donne, fornendo spiegazioni a dir poco fantasiose, compreso il fatto che una persona vaccinata possa perdere “pezzi del coronavirus” causando quindi problemi anche ad altre donne.
I vaccini non causano nulla del genere, semmai insegnano al nostro sistema immunitario a riconoscere alcune specifiche proteine che il coronavirus impiega per legarsi alle nostre cellule, portando avanti l’infezione. I vaccini non consentono in alcun modo al virus di replicarsi o di rilasciare sue parti che potrebbero poi contagiare altre persone.
Altri video e post sui social network sostengono che la vaccinazione non solo causi problemi al ciclo, ma che possa influire sulla capacità di avere figli. Anche queste informazioni sono prive di fondamento e sono diffuse con ipotesi creative e senza fornire minime prove scientifiche.
Al di là delle teorie del complotto e delle bufale che circolano online, i lavori di indagine come quelli avviati da Clancy servono anche a raccogliere più dati per comprendere meglio gli effetti dei vaccini su particolari fasce della popolazione. Queste analisi vengono svolte in primo luogo nel corso dei test clinici, per verificare efficacia e sicurezza dei vaccini, ma spesso trascurando alcuni aspetti legati alla salute delle donne. È un problema che riguarda in generale la ricerca, dove la marcata disparità di genere tra ricercatori e ricercatrici si riflette sul modo in cui sono impostate le sperimentazioni.
In circa sei mesi sono state somministrate oltre 2 miliardi di dosi di vaccini in tutto il mondo, con alti livelli di sicurezza per la popolazione. Il loro impiego è tenuto costantemente sotto controllo e analizzato non solo dalle autorità di controllo e da chi li produce, ma anche da altri centri di ricerca che studiano la pandemia e gli effetti dei vaccini, nell’ottica di svilupparne di nuovi o di migliorare quelli esistenti.
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