La risposta di Nichi Vendola alla condanna nel processo sulla gestione dell’ex ILVA

Ha definito la sentenza «una barbarie», e ha rivendicato quanto fatto per l'ambiente durante la sua presidenza della Puglia

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Lunedì la Corte d’Assise di Taranto ha emesso le sentenze di primo grado del processo chiamato “Ambiente svenduto”, sulle irregolarità nel controllo ambientale dello stabilimento ex ILVA di Taranto. Tra i condannati, oltre a Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’azienda, c’è anche Nichi Vendola, ex presidente della Regione Puglia. Vendola è stato condannato a 3 anni e mezzo di carcere per concussione aggravata.

In un’intervista di Giovanna Casadio pubblicata su RepubblicaVendola ha commentato molto duramente la condanna, dicendo di ritenerla una sentenza «che calpesta la verità», e che per questo farà ricorso in appello.

Ha detto spesso che le sentenze si rispettano: ora per lei non è più così?

“Le sentenze ingiuste si appellano. Questa non è solo ingiusta, è una barbarie”

Vendola è accusato di aver esercitato pressioni su Giorgio Assennato, allora direttore generale di ARPA Puglia (l’agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente) per ottenere una modifica delle analisi sulle emissioni dell’acciaieria. Nel giugno del 2010 l’ARPA aveva pubblicato una nota in cui proponeva di ridurre e rimodulare il ciclo produttivo dello stabilimento a causa dei risultati preoccupanti dei campionamenti sulla qualità dell’aria che avevano evidenziato valori elevati di benzopirene. Vendola è stato condannato per avere fatto pressioni su Assennato per modificare la posizione dell’agenzia sull’ex ILVA, minacciandolo di non confermare il suo incarico alla direzione dell’ARPA (in scadenza nel febbraio 2011).

Nell’intervista a Repubblica, Vendola ha respinto ogni responsabilità, e ha sostenuto di aver subito una «condanna assurda, che avalla un’accusa grottesca». Vendola ha anche detto che «un secolo di inquinamento industriale, oltre mezzo secolo di siderurgia a Taranto sono finite addosso alle mie spalle, cioè della prima classe dirigente che non ha fatto finta di niente, che ha agito contro i veleni».

Secondo Vendola, proprio durante la sua presidenza della Puglia, tra il 2005 e il 2015, sarebbero state fatte le uniche leggi regionali in Italia contro la diossina e il benzopirene: «Noi abbiamo scoperchiato la pentola. Prima di noi, l’ILVA si autocertificava i dati sulle emissioni. I 200 camini dell’ILVA non erano mai stati monitorati da un’agenzia indipendente. Prima del mio governo non esisteva la parola diossina».

In un’altra intervista al Corriere, Vendola si è riferito al fatto di essere stato accusato di avere usato una «minaccia “implicita”» contro il direttore dell’ARPA affinché ammorbidisse la sua posizione su ILVA, dicendo che «ARPA non ha mai ammorbidito un fico secco. E non c’è alcuna prova di questa mia minaccia. L’unica cosa implicita è la volontà di colpire e sporcare una storia politica limpida. Ecco, semplicemente non riesco a pentirmi di essere innocente!».