L’indagine sui fanghi inquinati usati come fertilizzanti
Un'azienda di Brescia è accusata di averne distribuite 150mila tonnellate tra Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna
Un’azienda della provincia di Brescia è accusata di aver sparso su terreni agricoli del Nord Italia 150mila tonnellate di fanghi contaminati da sostanze inquinanti, tra il 2018 e il 2019, spacciandoli per fertilizzanti. L’indagine a riguardo della procura di Brescia e dei carabinieri forestali ha portato il 24 maggio al sequestro dei tre stabilimenti industriali della WTE, una società che si occupa di impianti per la gestione di rifiuti e produce sostanze per l’agricoltura. Ci sono 15 persone indagate, le accuse sono di traffico illecito di rifiuti, molestie olfattive, discarica abusiva e, nel caso di un dirigente pubblico, di traffico di influenze illecite.
In concreto, la WTE raccoglie scarti solidi o liquidi da impianti di depurazione delle acque reflue urbane e industriali, quindi provenienti da fognature e scarichi, dopodiché li sottopone ad alcuni trattamenti che, negli stabilimenti di Calcinato e Calvisano, permettono di ottenere gessi di defecazione, un tipo di fertilizzanti. Prima sono coagulati con il cloruro ferrico, poi con la calce viva e infine con l’acido solforico. Il problema è che, secondo gli investigatori, tra il gennaio del 2018 e l’agosto del 2019 la WTE non svolse in modo corretto i trattamenti per igienizzare gli scarti e trasformarli in fertilizzanti, per ridurre i costi di produzione. Inoltre, sempre secondo le accuse, aggiungeva alle sostanze distribuite come gessi di defecazione ulteriori sostanze inquinanti, come l’acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste.
Nell’ordinanza per il sequestro della giudice per le indagini preliminari Elena Stefana, hanno riportato i giornali, si legge: «Nei campioni dei gessi in uscita dall’azienda e in spargimento le sostanze inquinanti erano decine, se non addirittura centinaia di volte superiori ai parametri di legge».
Una delle accuse su cui si basa l’indagine è quella di traffico illecito di rifiuti perché l’azienda avrebbe distribuito le sostanze inquinate, spacciate per gessi di defecazione ottenuti nel rispetto delle norme, in terreni agricoli lombardi, piemontesi, veneti ed emiliani – in particolare nelle province di Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza – con la collaborazione di altre sei società che si occupano di lavori agricoli. Per assicurarsi che i proprietari dei terreni accettassero i gessi di defecazione inquinati, questi venivano forniti gratuitamente, e anche l’aratura dei campi successiva allo spargimento era offerta. La WTE infatti guadagnava dal ritiro delle sostanze inquinanti da depurare, a monte del processo di produzione dei fanghi: i profitti illeciti ottenuti in questo modo dall’azienda sarebbero ammontati a oltre di 12 milioni di euro.
La vicenda ha avuto particolare attenzione anche per la diffusione di alcune intercettazioni delle persone coinvolte: in un’occasione una avrebbe detto «io ogni tanto ci penso, cioè, chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuto sui fanghi».
L’accusa di discarica abusiva si riferisce all’uso di tre lotti di terreno affittati dalla WTE a Lonato del Garda, in provincia di Brescia, secondo le indagini per spargere i gessi di defecazione inquinati di cui la società non riusciva a sbarazzarsi proponendoli gratuitamente agli agricoltori. Infine l’accusa di molestie olfattive riguarda i miasmi che da circa vent’anni le persone che vivono intorno agli stabilimenti di Calcinato e Calvisano denunciano come insopportabili. Non ci sono invece accuse di reati ambientali perché per il momento non sono state fatte verifiche sui possibili danni ai terreni agricoli e alle falde acquifere vicine.
Legambiente ha annunciato che si costituirà parte civile nel processo sulla vicenda e ha chiesto ai ministri della Transizione ecologica Roberto Cingolani e delle Politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli di regolamentare in modo diverso la produzione e l’impiego dei gessi di defecazione. Infatti attualmente esiste un decreto legislativo del 2010 che stabilisce dei limiti per i metalli pesanti all’interno di questi fertilizzanti, ma non per altre sostanze, tra cui gli idrocarburi presenti nei fanghi che venivano smaltiti dalla WTE.
Anche Fabio Cambielli, direttore del dipartimento di Brescia di Arpa Lombardia, l’ente che ha condotto varie analisi sui fanghi della WTE, dice che bisognerebbe aggiornare le norme sui gessi da defecazione in modo che prevedano dei limiti anche per i composti organici, come ad esempio gli idrocarburi, che si trovano nel gas naturale, nel petrolio e nei bitumi.