L’annosa questione dell’origine dell’ano
Su come si formò ci sono ipotesi contrastanti, ma la sua comparsa diede un'importante spinta nell'evoluzione delle specie e le tolse da qualche imbarazzo
Un tempo sul nostro pianeta l’ano non esisteva, almeno per come lo intendiamo oggi. Per milioni di anni gli animali ne fecero a meno, sfruttando un sistema più semplice, ma poco pratico: il loro apparato digerente aveva un solo buco, usato sia per mangiare sia per espellere i resti della digestione. La comparsa dell’ano fu un punto di svolta nell’evoluzione animale: consentì di differenziare le due pratiche, rendendo possibile l’accumulo di più energie e di conseguenza un aumento delle dimensioni. Se siamo fatti come siamo è anche merito del nostro ano, ma come ne rimediammo uno è ancora oggi in buona parte un mistero.
Come spiega l’Atlantic, gli ani attualmente in circolazione possono assolvere a funzioni molto diverse tra loro a seconda delle specie. Alcuni cetrioli di mare li utilizzano come bocca secondaria per ingurgitare le alghe, come arma di difesa contro i predatori e possono diventare un rifugio per piccoli pesci. Altri animali, compresi gli umani, hanno ani meno versatili e più noiosi, comunque utili per capire qualcosa di più sui cambiamenti che nel corso di tantissimo tempo portarono alla formazione e alla differenziazione dell’ano, alla sua perdita e alla sua ricomparsa nelle specie (alcune ora ne utilizzano più di uno).
Uno per due
I nostri più lontani antenati erano tipi strani e semplici: nuotavano nella gigantesca massa d’acqua che ricopriva il pianeta e si nutrivano e si liberavano dalle scorie usando lo stesso buco. Il loro sistema digerente era una sorta di sacco che veniva riempito con il cibo, dal quale ottenevano le sostanze nutritive, e poi vuotato da ciò che non serviva più.
Col passare del tempo, milioni di anni, questo sacco divenne via via più articolato: iniziò ad allungarsi e a suddividersi in vari scomparti, simili a quelli che conosciamo ancora oggi. Ebbero origine lo stomaco, per una prima scomposizione degli alimenti, e l’intestino per assimilare i nutrienti nel modo più efficiente possibile. Un tubo più lungo rese necessaria anche una via di uscita diversa da quella di entrata, ma i ricercatori non sanno dire con precisione come si formò.
Ipotesi
La difficoltà nel ricostruire la genesi dell’ano deriva in primo luogo dall’impossibilità di ottenere molte informazioni dai fossili, le tracce delle specie che un tempo popolavano il nostro pianeta. Un fossile mostra con efficacia la struttura ossea, ma difficilmente rende possibile l’osservazione di come si dovessero presentare particolari tessuti molli, come quelli che formano i nostri organi interni. Sulla base di come sono fatti gli animali oggi e di alcune eccezioni tra specie diverse e talvolta simili, i ricercatori possono comunque fare qualche ipotesi a posteriori su come fossero gli antichi abitanti del pianeta.
Quella più diffusa dice appunto che iniziò tutto con un buco che nel corso del tempo si allungò ai lati collassando nella parte centrale, in un processo che portò infine alle due aperture che conosciamo oggi: bocca e ano. Il percorso casuale dell’evoluzione fece poi il resto, spingendo via via l’ano il più distante possibile dalla bocca nella maggior parte delle specie e trovando come collocazione ideale la parte posteriore degli animali. È un’ipotesi piuttosto lineare e compatibile con il modo in cui si evolvono le specie, ma non tutti sono convinti sia la spiegazione migliore.
Altri ricercatori ritengono che la bocca esistesse prima dell’ano e che quest’ultimo si sia formato in qualche altro modo, al termine dell’apparato digerente. In generale, gli animali non hanno geni in comune contenenti informazioni per formare bocca e ano, e ciò secondo i sostenitori dell’ipotesi alternativa sarebbe un indizio sulla mancata origine in comune delle due aperture.
Ci sono inoltre diversi animali che ancora oggi possiedono la capacità di sviluppare uno o più ani, condizione che secondo i ricercatori dimostra che anche milioni di anni fa non dovesse essere così difficile farlo. Alcuni parassiti che infestano le spugne naturali, per esempio, si intrufolano con le loro propaggini tra le cavità del loro ospite e ciascuna di queste è fornita di un proprio ano.
Perso e ritrovato
Una stima data a circa 550 milioni di anni fa la prima apparizione degli ani tra alcune specie, in una fase in cui le forme di vita erano ancora piuttosto elementari. Nel corso del tempo è comunque probabile che diverse specie avessero sviluppato e poi perso l’ano, non avendone strettamente bisogno. Le stelle serpentine, parenti di quelle marine, a un certo punto ne fecero a meno.
L’Atlantic cita diversi casi in cui la permanenza dell’ano portò a ulteriori e impreviste evoluzioni nelle sue funzionalità. Le tartarughe lo utilizzano per respirare, le libellule appena nate assorbono l’acqua dall’ano e la spruzzano con un forte getto per spingersi in avanti. Negli scorpioni l’ano si trova verso il termine della coda, quindi se l’animale ne rimane privo (in alcune specie per automutilazione per difendersi) perde la capacità di espellere le feci e dopo qualche mese muore, a causa del loro accumulo nell’addome.
Tutto in uno
Nei rettili, uccelli e anfibi le cose si fanno più particolari e promiscue, diciamo. Non possiedono un ano propriamente detto, ma una cloaca, che racchiude in sé diverse funzioni: è la parte finale del tratto digestivo e di quello urinario, e serve anche per la riproduzione tramite l’apparato genitale. Detta più brutalmente, un uccello espelle le feci e le urine, depone le uova e si accoppia usando sempre la stessa apertura.
Assolvere a funzioni così numerose e diverse tra loro implica che la cloaca sia anatomicamente piuttosto articolata, soprattutto per ridurre i rischi di infezione. Non è infatti consigliabile mischiare microrganismi che si trovano nel tratto digerente con quelli del tratto urinario, o dell’apparato genitale. Nel caso dei mammiferi la maggiore differenziazione ha ridotto questi rischi, ma evidentemente per altre classi sono valsi vantaggi evolutivi diversi.
Sedere
Per quanto sia sostanzialmente monofunzionale e secondo i ricercatori meno affascinante, l’ano degli esseri umani ha comunque una particolarità: è protetto da uno dei sederi più grandi che si possano trovare in natura, in proporzione a chi lo porta. Si modificò quando guadagnammo la posizione eretta, con un cambio di orientamento del nostro bacino e dei muscoli delle gambe. Il grande muscolo gluteo, che unisce il bacino al femore, modificò la propria forma e fu poi avvolto da uno strato di grasso, che chiamiamo natiche. In tutto questo, l’ano rimase sprofondato nel mezzo, protetto dai glutei, ma al tempo stesso in una posizione meno ideale per mantenere la zona pulita dopo il suo utilizzo.
Comunque siano andate le cose milioni di anni fa, l’ano ha avuto un ruolo centrale in altri importanti sviluppi. Favorì la bilateria, cioè la simmetria tra lato destro e sinistro di numerosi animali, lo sviluppo della cavità che ospita gli organi e la metameria, la capacità degli organismi di produrre diversi “segmenti” che si sono poi specializzati, fino alla formazione di strutture più complesse. Il suo studio e la storia della sua evoluzione possono raccontare molte cose sulle specie che oggi popolano il nostro pianeta, compresa la nostra.