Le indagini sull’incidente alla funivia del Mottarone
Sono soltanto agli inizi e servirà tempo per capire le cause, ma circolano già alcune ipotesi e non si esclude un errore umano
Le indagini sull’incidente alla funivia Stresa-Mottarone sono soltanto agli inizi, ma circolano già diverse ipotesi e ricostruzioni sulle cause che potrebbero aver provocato la caduta della cabina su cui domenica viaggiavano 15 persone, 14 delle quali sono morte (13 sul posto, mentre un bambino di 9 anni è morto dopo essere stato trasportato in ospedale a Torino).
La procura di Verbania ha aperto un’indagine fin da domenica, con le ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose gravissime (a breve potrebbe essere anche aggiunta l’accusa di disastro colposo connesso all’attentato alla sicurezza dei trasporti). Ha inoltre affidato a un gruppo di esperti del Politecnico di Torino una valutazione tecnica per individuare le cause del distaccamento della cabina: soltanto questa valutazione darà informazioni più precise su cosa può aver provocato l’incidente.
La ricostruzione dei fatti principali dell’evento è tuttavia ormai abbastanza chiara, e confermata dai soccorritori, dalle autorità locali e dagli esperti che si sono occupati della vicenda: l’incidente è avvenuto quando la cabina era quasi arrivata alla stazione finale del Mottarone, a 1.385 metri d’altezza. La cabina è collegata a due funi, una trainante – quella che appunto viene trainata dal motore dell’impianto e permette la salita e la discesa – e una portante, su cui poggia il peso della cabina e che è provvista di una serie di “ganasce” che la frenano quando è ferma o nel caso di guasti e incidenti.
Soprattutto a proposito di questi freni di emergenza si è cominciato a parlare a partire da martedì, dopo che alcune foto della carcassa della cabina sembrano mostrare che il funzionamento di almeno uno di questi fosse stato bloccato da un “forchettone”, uno strumento usato durante le manutenzioni.
È ormai confermato che a provocare l’incidente sia stata la rottura della fune trainante, pochi metri prima dell’ingresso della cabina nella stazione di arrivo. Non si sa ancora cosa potrebbe aver provocato la rottura (le ipotesi sono molte, dal cedimento strutturale a un evento esterno), né dove si sia spezzata, se all’altezza del carrello o più avanti. In seguito alla rottura, la cabina è scivolata all’indietro lungo la fune portante, fino a staccarsi in corrispondenza dell’ultimo pilone della funivia: è caduta a terra da un’altezza di circa 20 metri, poi ha continuato a scivolare sul terreno in discesa per altre decine di metri.
L’altro elemento di cui si ha ragionevole sicurezza è che i freni, cioè le ganasce poste sul carrello che avrebbero dovuto ancorare la cabina alla fune portante dopo la rottura della fune trainante, non hanno funzionato: avrebbero dovuto attivarsi automaticamente al momento della rottura ed evitare lo scivolamento all’indietro della cabina, ma per qualche motivo ancora non chiaro non l’hanno fatto.
Le ipotesi sul perché i freni non abbiano funzionato sono molto varie e per ora non ci sono conferme, ma martedì è diventata più plausibile quella secondo cui nel carrello della cabina possa essere stato dimenticato un “forchettone”, cioè un attrezzo metallico usato durante le manutenzioni di routine per inibire l’attivazione del freno, attrezzo che va tolto quando la funivia è in servizio. Martedì pomeriggio hanno cominciato a circolare alcuni fotogrammi di un video dei vigili del fuoco che sembrano mostrare come uno dei due freni della cabina fosse effettivamente tenuto aperto da un forchettone. Nell’altro freno, invece, il forchettone non è presente.
Se la presenza di questo dispositivo che forza l’apertura dei freni fosse confermata definitivamente da indagini più accurate, si spiegherebbe almeno la ragione del malfunzionamento del dispositivo di sicurezza. Olimpia Bossi, la procuratrice di Verbania, ha detto martedì di non escludere la possibilità che l’incidente sia stato provocato da un errore umano.
Per ora l’indagine della procura è contro ignoti, ma è probabile che già da martedì, o comunque nei prossimi giorni, i responsabili degli enti coinvolti nella gestione della funivia saranno iscritti nel registro degli indagati, come atto dovuto per consentire la preparazione della difesa e l’accesso agli atti.
La proprietà della Funivia Stresa-Mottarone è un altro elemento di discussione: in base a un accordo che risale al 2016, la proprietà sarebbe passata dalla Regione Piemonte al comune di Stresa. Secondo il comune, però, l’accordo non sarebbe mai stato perfezionato, e dunque non è chiaro a chi debbano essere attribuite le responsabilità.
La funivia inoltre è in gestione alla società privata Ferrovie del Mottarone, che ha profondi legami d’affari con la multinazionale altoatesina Leitner, che aveva eseguito l’ultima grande ristrutturazione dell’impianto, tra il 2016 e il 2018, e che si occupa anche della manutenzione ordinaria. Secondo Leitner, i sistemi di frenata erano stati revisionati l’ultima volta pochi giorni fa, il 3 maggio, e non erano state trovate anomalie.