Quattro membri dei servizi di sicurezza egiziani sono stati rinviati a giudizio per l’omicidio di Giulio Regeni
Il giudice per l’udienza preliminare (GUP) del tribunale di Roma ha rinviato a giudizio quattro persone, appartenenti ai servizi di sicurezza egiziani, accusate di aver sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni, il ricercatore italiano dell’università di Cambridge scomparso il 25 gennaio 2016 al Cairo, in Egitto, e trovato morto pochi giorni dopo. Gli accusati sono il generale Tareq, i colonnelli Helmy e Kamal, il maggiore Magdi Sharif. Il GUP, Pierluigi Balestrieri, ha accolto la richiesta della Procura, avanzata lo scorso gennaio. Le accuse nei confronti degli imputati sono a vario titolo di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate.
Lo scorso dicembre, dopo che la procura di Roma aveva chiuso le indagini sulla morte di Regeni, l’Egitto aveva fatto sapere che non avrebbe collaborato con l’Italia nel processo e che avrebbe agito con un processo autonomo. L’Egitto processerà per furto, e non per omicidio, una presunta banda di truffatori che aggrediva cittadini stranieri, fingendo di appartenere alla polizia egiziana con documenti contraffatti. La procura di Roma aveva giudicato questa ricostruzione «priva di ogni attendibilità».
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