La Germania prova faticosamente a digitalizzare un po’ di burocrazia
Il governo vuole spostare online molti servizi e accelerare l'abbandono dei fax, ma dovrà fare i conti con una certa resistenza
Giovedì scorso il governo tedesco ha approvato una nuova legge che prevede la digitalizzazione di centinaia di servizi della pubblica amministrazione, a cui gli utenti potranno accedere online autenticandosi coi dati della carta d’identità elettronica e un ulteriore codice identificativo. Sistemi di identificazione digitale simili sono utilizzati già da tempo in altri paesi, Italia compresa, ma nonostante la sua reputazione di stato molto efficiente in Germania i processi di digitalizzazione erano rimasti piuttosto indietro: secondo alcuni esperti, questo è dipeso in parte dalla mancanza di tecnologie integrate tra di loro, ma soprattutto dalla mentalità dei tedeschi, che tendono a non fidarsi degli strumenti che possono permettere un controllo maggiore sulle loro vite.
Nelle idee del governo tedesco, il nuovo sistema di identificazione non permetterà soltanto di rendere più efficienti e più facilmente fruibili i servizi dell’amministrazione pubblica, ma auspicabilmente contribuirà anche a eliminare burocrazia, contanti e strumenti obsoleti come il fax, che in Germania sono ampiamente diffusi. Al contempo, dovrebbe aiutare a superare la diffidenza dei tedeschi nei confronti degli strumenti digitali, che secondo gli esperti destano ancora qualche preoccupazione.
Il nuovo sistema di identificazione servirà per accedere a 575 servizi di vario tipo, come registrare la nuova residenza oppure richiedere aiuti economici al governo. Per autenticarsi bisognerà essere in possesso della carta di identità elettronica (chiamata eID) e utilizzare un codice identificativo a 6 cifre ottenuto tramite smartphone o tablet. Il funzionamento è del tutto simile a quello del nostro Sistema Pubblico dell’Identità Digitale (SPID), che consente di accedere ai servizi della pubblica amministrazione più comuni, come il “cashback” o, prossimamente, la consultazione dei “certificati COVID-19”, necessari per spostarsi liberamente all’interno dell’Unione Europea.
Nonostante in Germania la carta d’identità elettronica fosse stata introdotta nel 2010 proprio con l’obiettivo di rendere più efficiente l’identificazione delle persone e velocizzare altri iter burocratici, in passato sono mancate le tecnologie per integrare il suo utilizzo nei diversi sistemi dell’amministrazione pubblica, ma soprattutto ci sono state resistenze sia da parte degli stessi uffici amministrativi che da parte dei cittadini.
Le resistenze, scrive il Guardian, dipendono sostanzialmente da due motivi: prima di tutto, dall’avversione da parte dei tedeschi al controllo delle loro libertà personali, e poi dal diffuso scetticismo nei confronti delle tecnologie stesse, che spesso sono percepite come potenzialmente pericolose da chi le deve adoperare.
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Alcuni esperti di protezione dei dati citati dal Guardian hanno detto che la nuova legge obbligherà i tedeschi a “digitalizzare” le loro vite contrariamente al loro volere, permettendo secondo loro un accesso troppo ampio alle informazioni personali da parte delle autorità e delle agenzie delle entrate, tra gli altri.
I tedeschi sono particolarmente sensibili al tema della tutela della privacy per via del doloroso passato di controllo sulle libertà individuali da parte del regime nazista prima, e della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) poi. Per questa ragione ancora oggi le leggi tedesche stabiliscono criteri molto restrittivi per il trattamento dei dati personali.
Per fare un esempio, uno studio pubblicato nel 2015 dalla Harvard Business Review ha rilevato che l’80 per cento dei tedeschi è riluttante a condividere le proprie informazioni personali perché «semplicemente vuole mantenere la sua privacy». In particolare, secondo i risultati dello studio, i tedeschi sono piuttosto preoccupati dalla condivisione dei propri dati col governo, così come della diffusione di quelli relativi al loro stato di salute, alle spese effettuate tramite carte di credito e alla comunicazione attraverso internet.
Allo stesso tempo, c’è anche «un problema di mentalità», ha spiegato alla tv tedesca MDR Ariane Schenk, che lavora per un’associazione che rappresenta gran parte dell’economia digitale tedesca, Bitkom. Secondo Schenk, più che una questione di mancanza di strumenti e capacità tecniche è un problema di abitudine e sfiducia, di «mancanza di flessibilità».
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Per dare l’idea, il fax è ancora lo strumento primario per la trasmissione dei documenti tra gli uffici del governo federale e all’interno di alcuni enti importanti, come il Robert Koch Institute, l’organizzazione federale che in Germania si occupa del controllo e della prevenzione delle malattie infettive. Nonostante l’introduzione di nuovi strumenti digitali, lo scorso gennaio, il fax viene utilizzato ancora quotidianamente per la trasmissione dei risultati di molti test dell’Istituto, così come in oltre 900 uffici governativi e in moltissime aziende private. Pertanto sarà difficile convincere i tedeschi a sostituirlo con altri strumenti più avanzati in tempi brevi.
In molti casi, inoltre, chi usa il fax sostiene che sia più sicuro delle email e di altri strumenti digitali, che d’altra parte potrebbero subire attacchi informatici: un problema che in Germania, come anche in altri paesi, sta diventando sempre più diffuso. Se da un lato la digitalizzazione è fondamentale per semplificare la vita dei cittadini e rendere accessibili moltissimi servizi, dalla formazione alla creazione di database elettronici dei pazienti negli ospedali, dall’altro la polizia federale tedesca ha evidenziato che la sua maggiore diffusione è anche un’opportunità per i criminali informatici.
Nell’ultimo rapporto annuale della polizia sui crimini informatici, relativo al 2020, sono state evidenziate più di 108mila segnalazioni, l’8 per cento in più rispetto a quelle ricevute nel 2019. Sempre nel 2020, secondo i dati del rapporto, sono stati presi di mira in particolare proprio gli enti pubblici e le imprese private. La polizia tedesca ha sottolineato che spesso alla base degli attacchi informatici ci sono il “fattore umano” e la scarsa consapevolezza della sicurezza informatica, come nel caso delle cosiddette email di phishing, attraverso cui i criminali cercano di ottenere informazioni riservate con l’inganno: problemi che con sistemi di autenticazione a più fattori come quello che verrà introdotto in Germania non dovrebbero però verificarsi.