La città turistica della Costa del Sol che piace al crimine organizzato
È Marbella, nel sud della Spagna: è una storia iniziata negli anni Sessanta, durante il regime di Francisco Franco
C’è una città della Spagna che negli ultimi decenni è diventata una delle sedi più importanti del crimine organizzato di tutto il mondo: Marbella, nota località turistica della Costa del Sol, in Andalusia. Marbella iniziò ad attirare le prime organizzazioni criminali a partire dagli anni Sessanta, e secondo la divisione dell’intelligence spagnola che si occupa di terrorismo e crimine organizzato oggi ospita almeno 113 gruppi criminali di 59 nazionalità diverse.
La pandemia da coronavirus ha accentuato la rivalità tra le organizzazioni, che la polizia fatica molto a controllare. Secondo quanto hanno raccontato a El País gli agenti di vari corpi di polizia e alcuni membri dei gruppi criminali, la situazione aveva però già cominciato a cambiare qualche anno fa, quando erano aumentati sia gli episodi di violenza che i rapimenti e le uccisioni.
Marbella si trova in provincia di Malaga, nel sud della Spagna, circa un’ora di auto dal porto di Algeciras, uno dei principali punti di transito per il traffico di cocaina della regione, che a sua volta è vicinissimo al Marocco, il maggior produttore di hashish al mondo. La regione delle montagne tra Malaga e Granada, invece, è la principale area per la coltivazione di marijuana in Europa.
È anche per queste ragioni che uno dei più importanti funzionari della polizia nazionale spagnola impegnato nella lotta alla criminalità organizzata ha detto al País che la Costa del Sol è «un luogo di incontro, uno spazio di coworking» in cui quasi tutti i principali gruppi del crimine organizzato del mondo «hanno qualche tipo di presenza». Il funzionario, di cui non è stato specificato il nome, ha descritto Marbella come «l’ONU dei mafiosi in un mondo globalizzato»: non è soltanto un «marchio del turismo» spagnolo, ma è diventata anche un «marchio del crimine» internazionale.
La Costa del Sol iniziò a essere uno dei luoghi di vacanza più frequentati dalla classe media spagnola negli anni Sessanta e in seguito cominciò ad attirare anche persone dell’alta società. Non è un posto ricco, ma è un posto pieno di milionari, alcuni dei quali legati al mondo della criminalità. A Marbella infatti il reddito medio annuo non supera i 22mila euro ed è inferiore alla media spagnola: facendo una veloce ricerca sul sito immobiliare Idealista, però, si trovano quasi 4mila case in vendita per più di 1 milione di euro, cento in più di Madrid, che per fare un confronto ha più di 3 milioni di abitanti contro i 140mila di Marbella.
Antonio Romero, politico di Izquierda Unida (sinistra), ha raccontato nel libro Costa Nostra che il vero contribuito all’espansione della città fu dato proprio dalle organizzazioni criminali, grazie a un accordo stabilito durante il regime del dittatore Francisco Franco, che governò la Spagna dal 1939 fino alla sua morte, nel 1975. Romero ha spiegato che l’accordo permetteva ai criminali di andare nella Costa del Sol in vacanza sempre che spendessero molti soldi per far girare l’economia locale e non compissero reati.
La Costa del Sol diventò così una delle mete di vacanza preferite dei criminali, che a poco a poco costruirono un’economia parallela, in cui oggi operano sia gruppi criminali internazionali molto strutturati che si occupano soprattutto di narcotraffico, sia per esempio piccole gang di rapinatori.
Secondo l’avvocato Ricardo Álvarez-Ossorio, che ha rappresentato diversi membri del crimine organizzato della Costa del Sol, la criminalità organizzata di Marbella «è in larga parte invisibile». Il crimine organizzato «ha fatto crescere e ha nutrito Marbella», ha detto Álvarez-Ossorio, mentre la polizia guardava da un’altra parte: «a tutti è andata bene così».
Negli ultimi anni la situazione è ulteriormente peggiorata, soprattutto per l’arrivo di numerosi giovani reclute delle gang criminali internazionali, chiamati “soldati”, che a detta della polizia e di alcuni esponenti del crimine organizzato intervistati dal País hanno adottato metodi sempre più violenti, facendo aumentare gli assalti e le violenze.
Antonio Rodríguez Puerta, capo dell’Unità antidroga e crimine organizzato della polizia nazionale (UDYCO) della Costa del Sol, ha detto che una volta i gruppi criminali parlavano tra di loro e negoziavano, mentre «adesso la violenza è gratuita» e in caso di questioni irrisolte i membri dei vari gruppi «si uccidono direttamente».
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La pandemia ha ulteriormente accelerato questa trasformazione, anche perché le chiusure dei confini per contenere la diffusione del coronavirus, almeno per una buona parte dell’ultimo anno, hanno reso molto più difficile l’importazione di droga e la loro circolazione per l’assenza dei turisti e la chiusura di discoteche e club. Ad agosto, in particolare, sono stati registrati moltissimi furti, rapine, assalti e regolamenti di conti, come quello che secondo la polizia sarebbe stato alla base dell’incendio dell’hotel Sisu a Nuova Andalusia, quartiere di lusso di Marbella.
Per dare l’idea, a Marbella nel 2020 ci furono 14 regolamenti di conti, il doppio rispetto a quelli del 2018, e 7 morti per cause legate a conflitti tra i criminali: finora nel 2021 ci sono stati gli stessi morti di tutto lo scorso anno.
Álvarez-Ossorio ha raccontato che è «la prima volta» che sente amici e conoscenti dell’alta società dire di avere paura di quello che sta succedendo a Marbella. A partire da quello che è stato soprannominato “agosto nero”, diversi milionari hanno deciso di lasciare la città; una donna che ha preferito non rivelare il suo nome ha detto al País che quando va a correre copre con una polsiera i suoi braccialetti – che ha detto valgono diverse decine di migliaia di euro – perché ha paura di lasciare a casa oggetti di valore.
Un pubblico ministero che si è occupato di diverse indagini sul narcotraffico ha spiegato che i gruppi criminali non sono più strutturati in schemi piramidali, come una volta, ma al contrario formano alleanze tra di loro e si incaricano ciascuno di una parte dei compiti legati alla gestione delle attività criminali. Per questa ragione, a Marbella non c’è una divisione del territorio, ma piuttosto una divisione del lavoro, ha spiegato il procuratore: «non sono cartelli, ma fornitori di servizi».
Le organizzazioni criminali che si occupano di narcotraffico, per esempio, si spartiscono la gestione del trasporto e della rivendita delle merci, così come le operazioni per il riciclaggio del denaro incassato, che spesso viene immesso nel settore immobiliare, con fatturazioni false e contabilità fraudolenta, o rivendendo auto comprate in contanti in paesi in cui le norme lo consentono. Allo stesso tempo, si sono diffusi i cosiddetti “cold wallet”, che hanno l’aspetto di normali chiavette USB ma sono portafogli digitali dove si possono conservare l’equivalente di milioni di euro in criptovalute: i cold wallet sono protetti da complessi codici di sicurezza, non sono collegati a internet e pertanto non sono tracciabili.
Un membro della camorra napoletana, che vive da anni a Marbella ed è stato chiamato col nome di fantasia Francesco, ha detto al País che i membri dei vari gruppi non si mischiano tra di loro ma collaborano costantemente. Ha raccontato però che «nessuno si fida di nessuno» e che bisogna stare attenti a tutto: come ha spiegato un trafficante di droga di Malaga che gestisce il traffico proveniente dal Nord Africa, rimasto anonimo per ovvie ragioni, è più probabile subire un’imboscata da parte di altre organizzazioni criminali che un raid della polizia.
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La maggior parte degli agenti e dei funzionari di polizia intervistati dal País ha detto che la criminalità a Marbella non è particolarmente violenta ma è molto imprevedibile, cosa che spesso rende difficile l’intervento delle forze dell’ordine. In media la polizia di Marbella riceve 150 segnalazioni al giorno e gestisce 32mila casi all’anno, molti di più rispetto a quelli registrati in città di gran lunga più grandi, come Valencia, Siviglia o Madrid.
Un altro problema è che i poliziotti sono pochi e hanno poche risorse, e spesso lamentano di essere sommersi da regolamenti e burocrazia: Francesco, il napoletano, ha detto che in ogni caso la polizia «non li preoccupa troppo» perché i gruppi criminali hanno risorse e tecnologie migliori.
Il País ha spiegato che molte delle organizzazioni criminali più potenti e strutturate per cui lavorano i giovani “soldati” a Marbella hanno legami con Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove nella maggior parte dei casi abitano i boss e i membri più influenti. Il capo di un’organizzazione criminale della Costa del Sol ha detto al País che «Dubai è come Marbella, ma senza regole né leggi». È molto raro che a Dubai si venga arrestati; come ha spiegato il capo, «lì siamo protetti e non c’è estradizione». Molti dei boss criminali che abitano a Dubai, comunque, continuano ad andare a Marbella per trascorrere le loro vacanze estive.