Una canzone dei Boston

Ora: cosa sapete dei Boston?

(AP Photo/Elise Amendola, file)
(AP Photo/Elise Amendola, file)

Le Canzoni è la newsletter serale che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. L’indomani – il martedì, mercoledì e venerdì – la pubblichiamo qui sul Post, ci si iscrive qui.
Nel Regno Unito stanno tutti mettendo in programma tour per l’autunno come se niente fosse stato: ci sarà l’imbarazzo della scelta, se avete voglia di sfogarvi di questi quasi due anni in un weekend, e se tutto va bene.
C’è un disco nuovo di Damien Jurado (quello di questa canzone qui) che ancora una volta mi pare un bel disco di Damien Jurado senza nessuna canzone che ti resti appiccicata. Su Spotify.
Nick Heyward, che oggi compie 60 anni, è stato una presenza piuttosto passeggera nella storia della musica britannica, pur avendo pubblicato una decina di dischi: il primo da solo, però, aveva dentro una manciata di canzonette ottime, soprattutto quelle coi fiati.

Don’t look back
Boston

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Le gentili mail che mi mandate per apprezzare questa o quella canzone mi lusingano e confondono insieme: è chiaro che avete dei gusti assai eterogenei e che – lo diceva anche il sondaggio di due mesi fa – rappresentate generazioni, passioni e competenze assai varie. E poi le stesse mail mi inducono anche in una tentazione che assedia ogni giorno il giornalismo di interessi anche assai più seri: ovvero soddisfare le richieste dei lettori. Devo ricordarmi che sto facendo questa newsletter per compiacere me, che da lì al programma di dediche e richieste è un attimo. È tutto un attimo.

Chissà se siete di quelli che una volta nella vita hanno urlato nell’orecchio del deejay un titolo incomprensibile che volevate ascoltare: io di sicuro. Per giunta, probabilmente non mi ha dato retta.
Facendo bene, eravamo insopportabili quando facevamo così.

Ma tornando alle generazioni, molti di voi conoscono benissimo Don’t look back, se non altro per averla sentita usata in mille occasioni a tema America on-the-road; al tempo stesso è un pezzo assai démodé, di quelli che invece i ventenni poi mi dicono esterrefatti “ma dove le trovi?”. Ma anche questo è ancora un alibi, lo so: sono io quello che va in sollucchero per gli hook melodici e di chitarra di Don’t look back.

I Boston sono una strana band nella storia del rock: hanno venduto uno sfracello di copie dei loro primi due dischi alla fine degli anni Settanta (il primo 17 milioni solo negli Stati Uniti, e più di qualunque primo disco di chiunque, allora), non si sono sciolti mai malgrado diversi cambiamenti, ma sono praticamente ignoti al mondo se non per le due o tre canzoni famosissime: sapete qualcosa dei Boston?
Eppure ce ne sarebbero: il loro fondatore e leader Tom Scholz è un ingegnere laureato all’MIT di Cambridge, per esempio (antico equivoco: Cambridge negli Stati Uniti prende il nome dalla Cambridge inglese ed è la città dall’altra parte del Charles river rispetto a Boston, a cui è quindi attaccata e per questo spesso sono considerate un’unica cosa). Il famoso primo disco stravenduto se lo registrò in gran parte da solo in cantina, nel 1975. Dentro aveva l’altra loro canzone più nota, More than a feeling.

Don’t look back invece uscì nel secondo disco, nel 1978. La cantava l’altro musicista storico e più fedele della band, Brad Delp: che, e poi non divago oltre, si è ucciso nel 2007, con strascichi giudiziari molto spiacevoli sulle ragioni del suicidio. Quello che invece fa il fenomeno con la chitarra si chiama Barry Goudreau.

Oh, the sun is shinin’ and I’m on that road

E buon weekend.


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