La “riabilitazione” dei soldati italiani fucilati durante la Prima guerra mondiale
A centinaia furono condannati a morte sommariamente, il Friuli Venezia Giulia si occupa per la prima volta di come ricordarli
La scorsa settimana il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato una proposta di legge per riabilitare quei soldati italiani fucilati all’interno dei suoi attuali confini durante la Prima guerra mondiale, per ordine dei tribunali militari straordinari. La notizia ha fatto riemergere l’annosa questione della “restituzione dell’onore” ai tanti militari italiani condannati con processi sommari – o direttamente senza processo – tra il 1915 e il 1918, chiesta da tempo da storici, intellettuali, parlamentari e amministratori locali per rimediare a un trattamento ritenuto iniquo e troppo duro nei confronti dei soldati, che spesso si rifiutarono semplicemente di eseguire ordini sconsiderati dei superiori.
La proposta di legge del Friuli Venezia Giulia istituisce anche una “Giornata regionale della restituzione dell’onore” ogni 1° luglio, in ricordo della fucilazione di quattro alpini – Basilio Matiz, Silvio Gaetano Ortis, Giovanni Battista Coradazzi e Angelo Primo Massaro – avvenuta a Cercivento, nella Carnia, nel 1916. I quattro furono condannati a morte dopo un breve processo sommario per essersi rifiutati di eseguire l’ordine di conquistare la cresta di una collina in pieno giorno, un’impresa praticamente suicida visto che si trovavano nei pressi del fronte nemico, sul passo di Monte Croce Carnico. Uno di loro non era nemmeno coinvolto e fu scelto probabilmente in modo casuale. Ma quella dei “fucilati di Cercivento” è solo una delle tante storie di soldati italiani vittime della spietatezza dell’alta gerarchia militare di quell’epoca.
Le dimensioni del fenomeno le ha raccontate di recente lo storico Guido Crainz in un articolo su Repubblica. Crainz da tempo si impegna per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione dei militari fucilati: anche se con gli occhi del presente può sembrare un problema lontano, dal punto di vista storico la riabilitazione ufficiale di chi è morto con disonore viene ritenuta importante per rileggere quegli eventi e includerli nella memoria collettiva, dal momento che i militari fucilati vengono esclusi dalle lapidi e dai monumenti dedicati ai caduti.
Episodi simili avvennero anche negli altri paesi coinvolti nella guerra, ma in Italia con un’incidenza maggiore: si stima che le fucilazioni con processo furono circa 750 e quelle sommarie circa 300. Il motivo di questi numeri è da ricondurre al codice militare in vigore all’epoca, che dava ampie libertà a chi aveva il comando ed era molto simile a quello usato da Carlo Alberto di Savoia quando l’Italia ancora non era unita. Inoltre l’applicazione di questo codice da parte del generale Luigi Cadorna – noto per il suo dispotismo – lo rendeva ancora più arbitrario: i quattro alpini a Cercivento furono fucilati anche a causa delle circolari di Cadorna in cui raccomandava «estreme misure di coercizione e repressione». Capitava persino che certe fucilazioni avvenissero per estrazione a sorte.
In Inghilterra la riabilitazione di 306 soldati fucilati «per codardia» era avvenuta a livello nazionale nel 2006, con un perdono ufficiale del governo britannico. Nello Staffordshire c’è anche un memoriale che li ricorda, ideato dall’artista Andy DeComyn e composto dalla statua di un giovane soldato bendato, circondato da 306 pali di legno conficcati nel terreno. In Francia il dibattito sulla riabilitazione dei soldati fucilati cominciò più di vent’anni fa, ma non ha portato a una decisione a livello nazionale. Tuttavia, nel 2014, il Museo dell’Esercito in Francia ha aperto uno spazio loro dedicato.
In Italia la prima iniziativa pubblica ufficiale è stata quella di pochi giorni fa del Friuli Venezia Giulia, dove esiste un monumento ai quattro alpini fucilati già dal 1996 per via di un’iniziativa del comune di Cercivento. La prima proposta di legge nazionale fu presentata durante la scorsa legislatura, nel 2015, ma si arenò poi al Senato. Nel 2018 ne è stata quindi presentata una nuova, a firma della deputata del PD Tatjana Rojc, che è stata esaminata a lungo dalla Commissione Difesa del Senato. Lo scorso marzo la Commissione ha concluso l’esame con una risoluzione generica, ma non si sa quando la legge verrà effettivamente presa in esame dalle aule parlamentari.
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