11 giorni di guerra fra Israele e Gaza
Un cessate il fuoco sembra sempre più vicino, ma i bombardamenti israeliani sulla Striscia hanno già ucciso oltre 200 persone e fatto enormi danni al sistema sanitario locale
La guerra tra Israele e gruppi armati della Striscia di Gaza va avanti ormai da 11 giorni, e finora ha già provocato la morte di 227 palestinesi e 12 israeliani.
Nelle ultime ore sembra però essere diventata più concreta l’ipotesi di un cessate il fuoco. Un funzionario di Hamas, gruppo radicale che governa di fatto nella Striscia, ha detto mercoledì a CNN che una tregua sarebbe «imminente» e che potrebbe esserci un accordo tra le parti «nel giro di 24 ore». Israele non ha commentato pubblicamente, ma secondo alcune fonti vicine ai negoziati, citate per esempio dal Wall Street Journal, il governo del primo ministro conservatore Benjamin Netanyahu riterrebbe di essere vicino al raggiungimento dei suoi obiettivi, e quindi pronto nei prossimi giorni ad accettare una tregua.
Le informazioni su un possibile cessate il fuoco vanno prese comunque con cautela: sia perché il governo israeliano ha più volte detto che i bombardamenti su Gaza andranno avanti fino al raggiungimento degli obiettivi, che prevedono soprattutto la riduzione significativa della capacità dei gruppi palestinesi di produrre armi in autonomia nella Striscia e la distruzione dell’ampia rete di tunnel sotto Gaza; sia perché anche se Hamas dovesse accettare di fermare il lancio di razzi, l’altro gruppo armato palestinese coinvolto nei combattimenti, il Jihad Islamico, potrebbe volere proseguire per ottenere obiettivi propri.
Va inoltre considerato che i cessate il fuoco annunciati durante le ultime guerre tra Israele e gruppi della Striscia erano stati più volte violati, ed era successo che le violenze ricominciassero dopo una breve sospensione.
Attenzione: alcune immagini sono molto forti
Negli ultimi due giorni sono aumentate anche le pressioni esterne su Israele affinché si arrivi a un accordo tra le parti.
Mercoledì, nella seconda telefonata in tre giorni, il presidente statunitense Joe Biden aveva detto a Netanyahu di «aspettarsi una significativa riduzione delle violenze» già quel giorno, che potesse portare a un cessate il fuoco. Le parole di Biden erano state molto commentate perché fino ad ora gli Stati Uniti, alleati di Israele, hanno bloccato le dichiarazioni pubbliche del Consiglio di Sicurezza dell’ONU in favore di un cessate il fuoco, e hanno difeso i metodi e la strategia utilizzati dal governo israeliano. Sono aumentate anche le pressioni di Francia e Germania, due paesi alleati di Israele che inizialmente avevano evitato di intervenire con toni troppo decisi per auspicare una tregua.
«Nel loro insieme, gli ultimi sviluppi rappresentano uno sforzo molto determinato dei paesi occidentali per fermare la guerra tra Israele e i miliziani di Hamas a Gaza», ha commentato il New York Times.
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Intanto i bombardamenti israeliani sulla Striscia hanno provocato danni enormi al sistema sanitario locale e alle infrastrutture più importanti, già vulnerabili e danneggiate dal rigidissimo embargo imposto da Israele sul territorio governato da Hamas e dalle conseguenze dei precedenti conflitti.
Tra le altre cose, negli ultimi bombardamenti è stato ucciso uno dei medici più importanti della task force di Gaza per la gestione dell’emergenza provocata dalla pandemia, ed è stato danneggiato l’unico laboratorio della Striscia attrezzato per analizzare i tamponi per il coronavirus. Sono stati danneggiati o distrutti anche diversi ospedali e cliniche mediche, che anche dopo la fine della guerra sarà difficile ricostruire in tempi brevi a causa dell’embargo israeliano. Negli ultimi undici giorni, ha detto l’ONU, migliaia di palestinesi sono stati costretti a lasciare la loro casa.