L’ultimo Scudetto di Genova, della Sampdoria
Trent’anni fa il campionato fu vinto da una squadra speciale al culmine di una delle storie più belle del calcio italiano
di Pietro Cabrio
Con una vittoria contro il Lecce allo stadio Ferraris di Genova, il 19 maggio 1991 la Sampdoria vinse il suo primo e ancora unico Scudetto in 75 anni di storia. Fu l’ultimo campionato non vinto da una squadra di Torino, Milano o Roma, e l’ultimo di una cosiddetta “provinciale”, anche se di altissimo livello e proveniente dalla città da cui si diffuse il calcio in Italia. Dopo i nove Scudetti del Genoa nei primi del Novecento, quello della Sampdoria rimane l’ultimo vinto a Genova.
La Sampdoria del 1991, squadra nata anni prima e finita qualche stagione dopo, lasciò una lunga impronta nel calcio italiano come neanche alcune delle cosiddette “grandi” seppero fare con le loro vittorie.
Da quella squadra vennero fuori due dei migliori attaccanti italiani degli anni Novanta, i “gemelli del gol” Gianluca Vialli e Roberto Mancini, che poi contribuirono alle vittorie di due delle squadre italiane più vincenti di quel periodo: Juventus e Lazio. Entrambi sono rimasti nel mondo del calcio anche dopo essersi ritirati, con ruoli influenti e di successo, come dimostrano i tredici trofei vinti in tre diversi paesi da Mancini, attuale commissario tecnico dell’Italia, incarico in cui è stato assistito proprio da Vialli.
Ma la Sampdoria campione d’Italia fu anche la squadra di Gianluca Pagliuca, che poi divenne il portiere dell’Inter, dei difensori Pietro Vierchowod e Moreno Mannini, del capitano Luca Pellegrini, del brasiliano Toninho Cerezo e dell’esterno Attilio Lombardo, tutti messi insieme in un gruppo creato da due figure istrioniche e all’avanguardia come l’allenatore slavo Vujadin Boskov e il proprietario, il petroliere Paolo Mantovani.
Mantovani, nato a Roma e cresciuto fra Cremona e Genova, dove si stabilì nel dopoguerra, comprò la Sampdoria nel 1979 dopo averci lavorato come dirigente nei primi anni di quel decennio, salvo poi lasciarla per disaccordi sulla gestione dell’epoca. In quel periodo di crisi petrolifere, Mantovani riuscì comunque ad avere successo nel settore con le sue aziende, e anche per questo venne coinvolto in numerose inchieste, dalle quali però uscì pressoché indenne.
Prese la Sampdoria in Serie B e in tre anni la portò in Serie A. Tra il 1982 e il 1986 formò l’ossatura della squadra che poi divenne campione d’Italia. Mancini fu acquistato dal Bologna nel 1982, Vialli dalla Cremonese nel 1984. Anche Mannini e Pagliuca arrivarono in quegli anni insieme a tre stranieri che cimentarono i legami storici tra Genova e il calcio inglese: Liam Brady, Trevor Francis e Graeme Souness. Quest’ultimi due contribuirono alla vittoria che diede inizio a un ciclo speciale, la Coppa Italia del 1985 con Eugenio Bersellini come allenatore.
Boskov arrivò nel 1986 dopo due stagioni all’Ascoli, portato lì dalla Juventus, di cui sarebbe dovuto diventare allenatore, per dargli il tempo di conoscere meglio il calcio italiano dopo aver allenato a lungo in Spagna, e il Real Madrid nei quattro anni precedenti. Ma per una serie di coincidenze, dopo Giovanni Trapattoni alla Juventus finì Rino Marchesi, e Boskov andò quindi alla Sampdoria.
Boskov era stato un grande giocatore jugoslavo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ma per molto tempo non poté lasciare il paese e la sua squadra, il Vojvodina di Novi Sad, per il divieto di espatrio imposto all’epoca ai calciatori jugoslavi. A lui, come a tanti altri connazionali, fu concesso di lasciare il paese soltanto a fine carriera, nei primi anni Sessanta, quando arrivò proprio alla Sampdoria per una stagione.
Da allenatore a Genova iniziò a formare una squadra con giovani promettenti come Vialli e Mancini e altri più esperti, proponendo un calcio propositivo e concreto, e lasciando negli anni una serie di memorabili citazioni. Fin dalla prima stagione fu un costante miglioramento. Nel 1987 la Sampdoria arrivò sesta, l’anno successivo quarta e vinse la Coppa Italia, trofeo che mantenne anche l’anno dopo. Grazie ai questi due successi giocò la Coppa delle Coppe del 1990, e la vinse in finale contro l’Anderlecht grazie a due gol di Vialli.
Dopo aver vinto tutto quello che aveva potuto, la Sampdoria iniziò la stagione 90/91 sperando che potesse essere quella giusta. Era diventata ormai una squadra matura, formata da un gruppo molto unito: «Una famiglia dove comandava Paolo Mantovani e dove si pensava alla Sampdoria 24 ore al giorno» ricordò in seguito Vialli. Oltre a questo, le condizioni delle altre squadre si dimostrarono favorevoli a un risultato inedito per il campionato italiano.
Il Napoli campione d’Italia in carica stava disputando una stagione deludente nella quale, oltre al logoramento di una squadra vincente ma arrivata alla fine di un ciclo, si riflettevano i problemi con cui era alle prese Diego Armando Maradona, che a marzo del 1991 giocò proprio contro la Sampdoria la sua ultima partita in Italia. Anche la storia del Milan di Arrigo Sacchi, l’altra grande squadra italiana di quel periodo, ritenuta la migliore di tutti i tempi, si stava esaurendo.
Con la Juventus ancora in fase di ricostruzione e l’Inter alla fine del ciclo vincente con Trapattoni, a metà stagione soltanto il Milan teneva il passo della Sampdoria, che in estate il direttore sportivo Paolo Borea aveva rinforzato nei punti giusti acquistando un elegante ed esperto centrocampista sovietico, Oleksij Mychajlychenko, e Marco Branca come riserva di Vialli e Mancini in attacco.
Con il maggior numero di vittorie stagionali (20), il minor numero di partite perse (3), la seconda miglior difesa del campionato e il miglior attacco — sostenuto dai 19 gol del capocannoniere Vialli e dai 12 di Mancini — il 19 maggio, alla penultima giornata di campionato, la Sampdoria raggiunse i 50 punti in classifica e vinse matematicamente lo Scudetto davanti a Milan, Inter e ai rivali del Genoa, che spinti anche dai successi della Sampdoria disputarono la loro miglior stagione in Serie A in decenni.
La storia di quella Sampdoria non finì lì, ma durò poco. Terminò di fatto un anno dopo a Wembley con la dolorosa sconfitta contro il Barcellona di Johan Cruijff nella finale di Coppa dei Campioni, e con un sesto posto in campionato. A fine stagione lasciarono Boskov e gran parte dei giocatori che formavano l’ossatura della squadra. L’anno successivo Cerezo tornò in Brasile e Vialli andò alla Juventus. Mantovani, malato di cancro ai polmoni, morì il 14 ottobre 1993 lasciando il club al figlio Enrico, che lo gestì per un decennio con alcune difficoltà che culminarono con la retrocessione in Serie B del 1999. Tre anni dopo la famiglia Mantovani lasciò la squadra ai Garrone, un’altra famiglia di petrolieri genovesi.