Guida alle “megaelezioni” cilene
Si vota per eleggere 346 sindaci e i governatori delle regioni, ma soprattutto per decidere chi scriverà la nuova Costituzione
Sabato 15 e domenica 16 maggio in Cile si terranno quelle che i giornali nazionali hanno chiamato le “megaelezioni”: circa 14 milioni di cileni voteranno per eleggere contemporaneamente sindaci, assessori e governatori delle regioni, ma soprattutto i 155 componenti dell’Assemblea costituente, che avrà il compito di scrivere la nuova Costituzione. Le elezioni di questo fine settimana sono considerate le più importanti nella storia del paese dopo il plebiscito del 1988, nel quale il 56 per cento dei cileni votò contro il prolungamento del governo del dittatore Augusto Pinochet, segnando la fine di una dittatura che durava dal 1973 e il ritorno della democrazia nel paese.
Il quotidiano cileno La Tercera, uno dei più letti, ha definito le elezioni di sabato e domenica «storiche» e ha scritto che la prossima settimana «cambierà la politica del paese», anche perché entro il 19 maggio i singoli partiti e le coalizioni dovranno presentare i candidati alle primarie per le elezioni presidenziali del prossimo novembre. A ogni modo, i risultati di queste elezioni daranno indicazioni interessanti sul futuro del Cile, dove negli ultimi due anni ci sono state enormi proteste per chiedere una società più giusta ed equa e più diritti per le donne e per le minoranze indigene.
In totale i candidati sono 16.730: si voterà per eleggere sindaci e consiglieri di 346 comuni e i governatori di tutte e 16 le regioni del Cile, che resteranno in carica per 4 anni. Le nomine più attese sono quelle per la Regione Metropolitana di Santiago, dove si trova la capitale e dove vivono più di 8 milioni dei circa 19 milioni di cileni; sono osservate con attenzione anche le elezioni della regione di Valparaíso, che si affaccia sull’oceano Pacifico e ospita alcuni tra i più grandi porti del paese e parte delle imprese agricole cilene più importanti.
Le maggiori attenzioni sono comunque rivolte ai 155 futuri membri dell’Assemblea costituente, che avranno nove mesi di tempo per presentare il nuovo testo della Costituzione, con un’eventuale proroga di altri tre mesi. Lo scorso ottobre, infatti, il 78,12 per cento dei cittadini cileni aveva votato a favore della cancellazione dell’attuale Costituzione, che risale al 1980 e fu redatta durante la dittatura militare di Pinochet: entro la seconda metà del 2022 il nuovo testo della Costituzione dovrà essere approvato attraverso un nuovo referendum.
Anticipare i risultati delle elezioni per l’Assemblea costituente non sembra cosa facile: intanto si tratta di un’elezione che non si era mai tenuta prima d’ora, che prevede l’elezione mista di membri della società civile e di militanti dei partiti tradizionali e di quelli indipendenti; in più, i candidati per l’Assemblea sono oltre 1.300. La campagna elettorale è stata particolarmente difficile da seguire sia per il grande numero di candidati, sia a causa delle restrizioni introdotte per limitare la diffusione dei contagi da coronavirus.
Il referendum costituzionale dello scorso ottobre fu una delle principali concessioni ottenute dai manifestanti cileni a seguito delle ampie proteste contro il governo del 2019.
Le prime proteste iniziarono il 18 ottobre, dopo l’approvazione di una legge che aumentava il prezzo del biglietto della metropolitana della capitale Santiago, già molto caro se confrontato con lo stipendio medio dei lavoratori cileni. Presto si trasformarono in proteste contro le forti disuguaglianze economiche e sociali nel paese e furono represse con violenza dalla polizia, provocando alcune decine di morti e migliaia di feriti.
I movimenti femministi hanno avuto un ruolo centrale nelle manifestazioni degli ultimi due anni, ed è anche grazie alla loro influenza che all’interno dell’Assemblea verrà garantita la parità di genere e che il Cile diventerà il primo paese al mondo dove la Costituzione sarà scritta da un numero pari di donne e uomini.
Tra le altre cose, 17 dei 155 posti dell’Assemblea saranno garantiti ai membri delle minoranze indigene, che rappresentano circa il 13 per cento della popolazione cilena e che fino a questo momento non erano nemmeno nominati dalla Costituzione.
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Uno dei punti chiave della nuova Costituzione, infatti, sarà il riconoscimento dei popoli nativi che abitano in Cile e dei loro diritti.
Tra questi, il gruppo più numeroso è quello dei Mapuche, che in totale sono circa 2 milioni e abitano principalmente nel centro e nel sud del Cile, in particolare nella regione dell’Araucanía, una delle più povere del paese. Per decenni i Mapuche hanno cercato di ottenere il riconoscimento della loro cultura e il diritto di amministrare le loro terre ancestrali, ma sono sempre stati repressi con violenza.
Tra le altre questioni che dovrebbero essere in primo piano nel nuovo testo della Costituzione ci sono anche la revisione dei contratti collettivi di lavoro e la riforma del sistema privato dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione e delle pensioni.
Nonostante la grande importanza di queste elezioni non è chiaro quale sarà l’affluenza dei votanti, visto che negli ultimi dieci anni l’unica volta che si è superato il 50 per cento è stata proprio durante il referendum dello scorso ottobre (l’affluenza era stata del 50,9 per cento). Inoltre, secondo gli esperti l’ampia offerta elettorale e la difficoltà nel seguire comizi e dibattiti potrebbero aver confuso gli elettori e disincentivato il voto.
Un altro problema è la pandemia da coronavirus, anche perché sebbene più di 7 milioni di cileni siano già stati vaccinati in diverse regioni sono ancora in vigore restrizioni sugli spostamenti. È anche per evitare code e assembramenti che le autorità hanno deciso di programmare le elezioni nel fine settimana e di distribuirle su due giorni anziché uno: per il Cile è una cosa tanto straordinaria quanto le elezioni stesse.
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