La pandemia era il momento giusto per mettersi l’apparecchio
Negli Stati Uniti tanti che ne avevano bisogno hanno approfittato delle poche uscite e delle mascherine, in Italia meno
In un recente articolo del Wall Street Journal si racconta che alcune aziende produttrici di apparecchi ortodontici hanno aumentato il loro fatturato durante la pandemia di COVID-19, e che negli ultimi mesi molti adulti negli Stati Uniti hanno deciso di intervenire sulla propria dentatura per migliorarla. I motivi che avrebbero spinto queste persone a mettersi un apparecchio sono le interazioni sociali ridotte, l’uso frequente delle mascherine che coprono la bocca e quindi evitano l’imbarazzo di mostrare l’apparecchio, e l’accresciuta consapevolezza dei difetti nella dentatura provocata dal guardarsi continuamente su uno schermo durante le riunioni di lavoro virtuali.
Nonostante queste siano tutte condizioni presenti anche in Italia, sembra che però qui non ci sia una tendenza simile: molti italiani hanno evitato di andare dal dentista durante l’ultimo anno, e anche se ci sono casi sporadici di studi dentistici che hanno visto aumentare il loro carico di lavoro, l’Assocazione Nazionale Dentisti Italiani dice che in media il fatturato del settore è generalmente calato.
Negli Stati Uniti una delle compagnie che hanno aumentato di più i ricavi è Align Technology, che produce Invisalign, un tipo particolare di apparecchi chiamati “allineatori”, cioè le mascherine dentali trasparenti. Secondo il Wall Street Journal le persone adulte che hanno fatto ricorso agli allineatori nei primi mesi del 2021 sono aumentate del 69 per cento rispetto al 2020, mentre i ricavi dell’azienda sono aumentati del 60 per cento. «In genere, ciò che muove gli adulti è un evento speciale come un matrimonio», spiega Jeffrey Sulitzer, dirigente di un’altra azienda che produce allineatori, SmileDirectClub.
– Leggi anche: Perché ha senso usare uno spazzolino da denti elettrico
Sulitzer dice che in questo caso l’evento è l’arrivo della fine della pandemia. «Le persone sono rimaste rintanate, e ora ricominciano ad avere incontri con i familiari e riunioni con i colleghi». Gli altri fattori che possono aver contribuito a fare ricorso all’apparecchio sono principalmente due: i lunghi periodi passati a fare riunioni virtuali, nelle quali capita spesso di soffermarsi a osservare i propri difetti estetici, come davanti a uno specchio; e l’obbligo di usare le mascherine in certi luoghi pubblici, che di fatto nascondono la presenza dell’apparecchio ai denti, evitando alle persone l’eventuale timore e imbarazzo di sorridere.
Un altro motivo si può individuare nella minore frequenza con cui capitano occasioni come pranzi e cene fuori, contesti in cui portare un apparecchio fisso o un allineatore può provocare piccoli disagi. «Ogni volta che mangi devi lavarti i denti, passare il filo interdentale, poi il collutorio, poi lavare l’Invisalign», racconta Katya Bychkova, fashion blogger 35enne che vive a New York. «Immagina di farlo in un mondo pre-pandemico, sarebbe una gran rottura. Visto che sto sempre a casa invece è tollerabile».
Il Wall Street Journal racconta anche casi di studi ortodontici che hanno avuto un notevole aumento del carico di lavoro già a partire da giugno 2020, quando hanno riaperto dopo il lockdown dell’inizio della pandemia, ma la situazione in Italia sembra essere piuttosto diversa e più disomogenea. Alcuni studi dentistici, come quello della dottoressa Paola Falchetti a Roma, dicono che il carico di lavoro è rimasto più o meno lo stesso negli ultimi mesi, mentre altri, come quello della dottoressa Marinela Kopo a Corsico, in provincia di Milano, hanno riscontrato un aumento del numero di pazienti.
«Negli ultimi mesi ho effettivamente registrato un aumento dei casi in cui i pazienti ricorrono all’ortodonzia invisibile», spiega Kopo. «Ne parlavo con alcuni colleghi e abbiamo fatto qualche ipotesi sulle possibili spiegazioni: con più tempo a disposizione e meno cose da poter fare si riflette di più, e magari si decide di intraprendere un trattamento ortodontico sempre rimandato; poi, siamo spesso davanti alla nostra immagine nel pc e quindi vediamo i nostri difetti estetici del volto e del sorriso; infine ci sono settori in cui non si può spendere (viaggi, cene), quindi qualcuno si trova in condizione di destinare ai trattamenti ortodontici risorse che prima non aveva a disposizione».
Sono più o meno gli stessi motivi rilevati dall’ortodontista Elena Bazzini del centro medico Santagostino, una rete di poliambulatori specialistici con varie sedi sparse nel Centro-Nord. «L’impressione è che nonostante le difficoltà economiche e l’incertezza alcune persone abbiano avuto più tempo per guardarsi, per capire quanto bene o male stiano». Al Santagostino nel 2020 il settore ha perso circa il 30 per cento rispetto al 2019, ma allo stesso tempo c’è stato un aumento considerevole dell’ortodonzia per adulti, che è aumentata del 43 per cento.
Le situazioni della dottoressa Kopo e del Santagostino non sono però indicative di quella generale, in Italia. Secondo i dati rilevati dall’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI), il fatturato degli studi dentistici nell’ultimo anno è calato del 24 per cento in media rispetto all’anno precedente, con picchi del 40 per cento.
«In Italia la tendenza in questo momento va in senso opposto rispetto agli Stati Uniti», spiega Carlo Ghirlanda, presidente dell’ANDI. «Avendo paura del virus, tra le persone c’è stato piuttosto un allontanamento dagli studi odontoiatrici, per prima cosa perché molti pazienti magari sono ammalati, e poi perché la paura la fa da padrone. Gli italiani hanno preferito prendersi tutte le cautele possibili e quindi gli accessi agli studi si sono ridotti molto. Inoltre abbiamo riscontrato una condizione generale delle bocche dei pazienti peggiorata, ora che stanno tornando».
A febbraio si era parlato molto di un aumento dei casi di bruxismo, cioè quando si digrignano i denti soprattutto durante il sonno, dovuto – scrivevano i giornali – a stati d’ansia legati alla pandemia. Ma Ghirlanda dice che in Italia non esistono statistiche affidabili su questo tipo di patologie, anche se «è probabile che essendo una patologia legata allo stress siano aumentate le persone che digrignano i denti». I problemi segnalati all’ANDI riguardano piuttosto altri aspetti: «In questo momento è in grande sofferenza la parte gengivale», spiega Ghirlanda. «A causa della scarsa igiene mantenuta durante la pandemia e del tartaro che non è stato rimosso, le gengive si sono infiammate e chi aveva già altre patologie è peggiorato ulteriormente».
– Leggi anche: Ci hanno sempre mentito sul filo interdentale