La proposta delle regioni per cambiare i parametri dei colori
L'obiettivo è dare più peso all'incidenza settimanale, alla pressione sulle terapie intensive e meno all'indice Rt
I presidenti delle Regioni hanno presentato al governo una proposta per cambiare il complesso sistema di parametri attualmente utilizzato per decidere i colori delle regioni e quindi le conseguenti misure restrittive. L’obiettivo delle Regioni è semplificare il modello con il superamento dell’indice Rt, uno dei principali indicatori utilizzati per monitorare l’epidemia, e arrivare in tempi brevi all’abolizione del sistema a colori adottato dallo scorso novembre. Il governo dovrebbe valutare le proposte nei prossimi giorni, e sembra probabile che saranno accolte in larga parte. Contemporaneamente, si parla di un posticipo dell’orario di inizio del coprifuoco.
Il nuovo modello proposto dalle Regioni si basa su due soli indicatori: l’incidenza settimanale e la percentuale di posti letto occupati da malati di COVID-19 in terapia intensiva e negli altri reparti sul totale dei posti disponibili. I criteri che regolano le chiusure sono molto semplici: con un’incidenza settimanale superiore ai 250 casi ogni 100mila abitanti ci sarà la zona rossa, tra i 150 e i 249 casi ogni 100mila abitanti la zona arancione, in giallo andranno le Regioni tra i 50 e i 149 contagi settimanali ogni 100mila abitanti, mentre è prevista la zona bianca con un’incidenza settimanale fino a 49 casi ogni 100mila abitanti.
Secondo la proposta delle Regioni, l’indicatore della pressione ospedaliera dovrebbe essere adottato dal 15 giugno e riguarderà solo le Regioni con i dati sull’incidenza da area arancione. La percentuale di posti letto occupati servirà per decidere se la situazione è critica, e quindi servono misure più rigide, oppure se gli ospedali riescono a reggere l’urto: oltre il 30 per cento di posti letto in terapia intensiva occupati da malati di COVID-19 sul totale dei posti disponibili e il 40 per cento dei posti negli altri reparti si entra in zona rossa, mentre le Regioni con una percentuale di occupazione inferiore al 20 per cento in terapia intensiva e al 30 per cento negli altri reparti saranno in zona gialla.
Nel documento delle Regioni è stato inserito anche uno “standard minimo di tamponi” per garantire un adeguato livello di individuazione e tracciamento dei casi. In questo modo si vuole evitare che l’aumento dei contagi, anche asintomatici, rimanga sottotraccia a causa di un possibile calo dei test. Ogni settimana si dovranno eseguire oltre 500 tamponi ogni 100mila abitanti dove la situazione è più grave, cioè nelle Regioni con un’incidenza superiore ai 250 casi settimanali ogni 100mila abitanti. A scalare, le Regioni dovranno garantire oltre 250 tamponi ogni 100mila abitanti se l’incidenza è compresa tra 150 e 249 casi settimanali ogni 100mila abitanti, oltre 150 tamponi ogni 100mila abitanti tra i 50 e 149 casi settimanali ogni 100mila abitanti e infine più di 100 tamponi ogni 100mila abitanti se l’incidenza settimanale è sotto i 50 casi ogni 100mila abitanti.
Le Regioni hanno presentato anche alcune proposte meno perentorie rispetto a quelle elencate finora: viene ipotizzato un possibile utilizzo del modello a 21 indicatori per decidere se una regione dovrà essere in zona arancione o gialla, e suggerita una rivalutazione delle tempistiche dei colori, che al momento prevedono una permanenza obbligatoria di almeno 14 giorni prima di un passaggio dalla zona rossa a quella con restrizioni inferiori. Le Regioni pensano che potrebbe bastare una sola settimana di misure restrittive, quando la situazione epidemiologica è in miglioramento.
Nelle premesse del documento si legge che il superamento dell’indice Rt è «assolutamente necessario», ma le Regioni propongono di mantenere comunque il monitoraggio settimanale, che include anche l’indice Rt. Verrebbe utilizzato esclusivamente dalle Regioni per decidere misure restrittive su base regionale o provinciale, in modo da provare a prevenire l’evoluzione verso la zona rossa.
Tra le richieste più puntuali che riguardano il monitoraggio settimanale c’è anche la valutazione sull’utilizzo dell’indice Rt ospedaliero piuttosto che l’attuale indice Rt calcolato con i casi sintomatici. L’attuale indice Rt viene calcolato con i dati dei casi sintomatici trasmessi dalle Regioni all’istituto superiore di sanità e serve per capire l’andamento dell’epidemia, se sta accelerando oppure rallentando. Le Regioni chiedono di calcolare l’Rt con i dati dei ricoverati, il cosiddetto Rt ospedaliero, principalmente perché si ritiene che anche un aumento significativo dei casi nelle fasce d’età più giovani non sia preoccupante. Grazie alla campagna vaccinale, infatti, si attendono sempre meno ricoveri delle persone più anziane, le più a rischio.
Con queste premesse, l’Rt ospedaliero dovrebbe rimanere sotto controllo per i prossimi mesi, mentre l’Rt calcolato con i casi sintomatici potrebbe crescere anche in modo significativo in presenza di un focolaio. «Ci sono i pro e i contro nei due Rt», ha spiegato Stefano Merler, epidemiologo della fondazione Bruno Kessler che ha sviluppato i modelli per monitorare l’epidemia. «Quello sui ricoverati permette di monitorare meglio ciò che ci sta più a cuore, cioè la malattia grave che richiede le cure ospedaliere. Se si va, auspicabilmente, verso molti casi di malattia blanda può avere un senso introdurlo, dall’altra parte però io non rinuncerei all’Rt sintomi perché ci avverte precocemente su dove sta andando il virus, in particolare adesso che non abbiamo ancora vaccinato tutti».
Nonostante sia un indicatore utilizzato da oltre un anno, negli ultimi giorni c’è stata molta confusione sull’indice Rt. Molti si sono chiesti come sia possibile un aumento dell’indice Rt, rilevato nell’ultimo monitoraggio settimanale, se tutti gli altri indicatori dicono che l’epidemia è in fase calante. In realtà la spiegazione è semplice: quando Rt è inferiore a 1, come nelle ultime settimane, l’epidemia è in fase di rallentamento e si può prevedere che il numero di nuovi casi diminuirà nei giorni successivi. Se invece l’Rt è superiore a 1, ci saranno più casi. Se l’Rt è inferiore a 1, ma in crescita, l’epidemia sta sempre rallentando, ma più lentamente.
Dalle prime dichiarazioni sembra che ci sia una certa disponibilità del governo ad accogliere le proposte delle Regioni. «Ho colto un’apertura», ha detto Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni. «Ora va raffinato il modello dei parametri, la cabina di regia cui toccherà prendere le decisioni finali si terrà lunedì». Nel documento presentato dalle Regioni non se ne fa cenno, ma Fedriga confermato che sarà ribadita la richiesta di spostare l’inizio del coprifuoco dalle 22 alle 23. Il governo aveva detto che a metà maggio sarebbe stata valutata una modifica degli orari del coprifuoco.