Il M5S ci sta ripensando, sul ponte sullo stretto di Messina
Dopo oltre dieci anni di battagliera opposizione, il partito ne sta discutendo per iniziativa del sottosegretario al ministero dei Trasporti
Nella relazione finale del gruppo di lavoro tecnico avviato dal secondo governo Conte e trasmessa la scorsa settimana ai presidenti di Camera e Senato si parla di «profonde motivazioni» per realizzare il ponte sullo stretto di Messina, un’opera pubblica di cui si discute da decenni e che ciclicamente ritorna al centro del dibattito pubblico. Anche il sottosegretario al ministero dei Trasporti Giancarlo Cancelleri, del Movimento 5 Stelle, si è detto favorevole alla sua costruzione, in controtendenza con la storica e battagliera opposizione del suo partito alle grandi opere di questo tipo. Lo stesso ponte sullo stretto di Messina è stato a lungo descritto dal M5S come simbolo dei progetti inutili della politica tradizionale. Martedì i parlamentari del M5S si sono riuniti in videoconferenza per discuterne, ma non sembra sia andata molto bene.
Il ponte, in breve
La storia del ponte sullo stretto è molto antica. Si cominciò a parlarne con un po’ di concretezza già dopo l’Unità d’Italia e a riproporre l’idea ciclicamente, in relazione ai vari piani di sviluppo del Mezzogiorno. Vari progetti – che prevedevano dei tunnel o di costruire un ponte a più campate – furono valutati negli anni Sessanta e Settanta. Poi, nel 1981, il governo Forlani creò la Stretto di Messina SPA. Ma non se ne fece niente: non ci furono né cantieri né lavori.
Tra gli anni Ottanta e Novanta si decise che il ponte dovesse essere costruito con un’unica campata, cioè senza sostegni nel mezzo. I progetti elaborati immaginavano una struttura molto ambiziosa: sul lato siciliano, vicino al paese di Ganzirri, sarebbe dovuto sorgere sulla terraferma un pilone alto come la Torre Eiffel, 300 metri. All’altro capo dello stretto, un pilone identico avrebbe dovuto fornire il secondo sostegno al ponte: un unico arco lungo tre chilometri.
Durante la campagna elettorale del 2001, Silvio Berlusconi promise che avrebbe ripreso i lavori del ponte e che lo avrebbe terminato entro il 2012. Il progetto fu fermato dal governo Prodi entrato in carica nel 2006, ci fu un tentativo di ripartenza nel 2008 con il nuovo governo Berlusconi, ma nel 2012 il governo Monti bloccò il progetto in una maniera che sembrò definitiva.
Nel 2016 si tornò a parlare del ponte quando l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi disse che il suo governo era «pronto» a cominciare l’opera, e poi di nuovo nel 2020 quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, rispondendo a una domanda, disse: «Ci sono miracoli di ingegneria, ne abbiamo realizzato uno a Genova e sullo stretto dobbiamo pensare a un miracolo di ingegneria». A partire da lì venne avviato un gruppo di lavoro per valutare i possibili impatti e sviluppi di un ponte sullo Stretto di Messina: ora i tecnici hanno presentato il documento di cui si sta parlando in questi giorni.
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La relazione
La scorsa settimana la relazione finale del gruppo tecnico è stata trasmessa dal ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, al Parlamento, che ha riassunto le conclusioni in un’intervista alla Stampa: «Vengono scartate le ipotesi dei tunnel, mentre si suggerisce di fare uno studio di fattibilità tecnico-economica sulle soluzioni del ponte a una o a più campate. In quest’ultimo caso servono anche analisi sismiche, perché la posizione del ponte sarebbe diversa, più vicina a Reggio Calabria e a Messina. Sulla base di questa relazione ci sarà un dibattito pubblico».
Nell’ultima relazione del ministero si scartano dunque le ipotesi dei tunnel sottomarini, e si suggerisce di sviluppare dei progetti di fattibilità «limitando il confronto ai due sistemi di attraversamento con ponte a campata unica e ponte a più campate». Si precisa, però, che il ponte a più campate avrebbe dei vantaggi e si dice che sarebbe più «efficiente» finanziare il sistema di attraversamento con soldi pubblici.
La conclusione del gruppo di lavoro è comunque a favore del ponte: sussistono, si dice, «profonde motivazioni per realizzare un sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina».
Il Movimento 5 Stelle
Il blocco immediato del ponte sullo Stretto di Messina era presente nel programma del M5S fin dal 2009 (così come quello della Tav in Val Susa, però). Nel 2012 Beppe Grillo, in occasione della campagna elettorale per le regionali, attraversò lo stretto a nuoto anche per ribadire l’inutilità di una grande opera come il ponte. Negli anni successivi, e ogni volta che il progetto tornava nel dibattito pubblico, il Movimento aveva sempre preso posizioni molto nette definendo il ponte «un’opera inutile» e una «presa per il culo». L’ha ricordato in questi giorni, in modo polemico, l’Associazione Rousseau che da mesi critica la dirigenza del partito, riprendendo un post del 2016 di Beppe Grillo in cui il ponte era definito una «boiata».
Il 9 maggio, il sottosegretario al ministero delle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, esponente siciliano del Movimento Cinque Stelle, ha però detto di essere favorevole al ponte e ha spiegato in un’intervista a La Stampa il piano del governo per realizzare l’opera. Ha detto che ci vorranno «10 anni per farlo», che «sarà a tre campate», che «ci passerà la ferrovia» e che «verrà pagato dallo Stato». Il sottosegretario ha anche dichiarato che Giuseppe Conte, in quanto futuro leader del Movimento 5 Stelle, ha chiesto al partito «di non affrontare questo tema con superficialità».
L’intervista di Cancelleri è stata molto criticata all’interno del Movimento e definita «inopportuna». Dopodiché, martedì 11 maggio, si è svolta un’assemblea dei gruppi parlamentari, convocata proprio per discutere dell’opera.
Cancelleri, secondo quanto scrivono i giornali, ha ribadito la propria posizione favorevole ad aprire una discussione sul ponte: «Ho sentito Giuseppe Conte, ci siamo confrontati e siamo arrivati insieme alla conclusione che va istituita una Commissione per analizzare la questione dal punto di vista tecnico e politico». Cancelleri ha anche detto che il movimento regionale siciliano deve essere interpellato e preso in considerazione: «Non si possono mettere da parte le ambizioni di una popolazione e di un movimento che nel 2017 alle regionali in Sicilia ha preso il 36% e nel 2018 il 49%: questi voti non li abbiamo presi dicendo di no ma costruendole, le cose».
Ha poi aggiunto, comunque, che non è disposto a spaccare il suo partito su questo tema: «Io alla storia che il M5S si divide sul ponte sullo Stretto non ci sto: sono pronto a fare di tutto per la compattezza del Movimento, ma per una volta vorrei che quel No che non è ideologico possa essere rimesso al centro del nostro dibattito interno». Cancelleri ha concluso che comunque non si sta parlando del ponte sullo Stretto «di berlusconiana memoria», ma di un progetto più ampio per il Sud che comprenda l’alta velocità: «Ma se vuoi portarla in Sicilia il treno non ci arriva… sul traghetto non entra».
Diversi deputati presenti all’assemblea hanno ribadito, anche pubblicamente, la loro posizione contraria. Come riporta AdnKronos, il presidente della Commissione Trasporti del Senato Mauro Coltorti, professore ordinario di geomorfologia, ha detto ad esempio che «non si può costruire un’opera del genere in una zona franosa, tra le più critiche d’Italia»; l’ex ministra della Salute Giulia Grillo ha minacciato di togliere la fiducia al governo se l’opera venisse approvata; Federica Dieni ha scritto che «per far ripartire il sud non servono opere faraoniche, irrealizzabili e dannose per il territorio dal punto di vista ambientale»; Stefano Buffagni ha parlato di «follia», e molti altri deputati hanno criticato Cancelleri sia per le modalità con cui ha affrontato la questione (senza prima passare da una discussione condivisa) sia per la sostanza.
Alcuni deputati presenti all’assemblea, soprattutto siciliani, hanno invece preso posizione a favore di Cancelleri e si sono mostrati possibilisti rispetto alla realizzazione del progetto: tra loro, Angela Raffa, Francesco D’Uva e Giuseppe Pisani: «Non do assolutamente priorità al ponte se prima non si completano le altre infrastrutture». Ma, ha aggiunto Pisani, «non voglio negare alle generazioni future la possibilità di poter fruire di un attraversamento stabile».