Gli ultimi grandi sbarchi a Lampedusa
Nel giro di 24 ore sono arrivati sull'isola italiana oltre 2mila migranti, per via della riapertura della rotta libica
Nel giro di 24 ore a Lampedusa sono sbarcati 2.128 migranti, un numero molto alto e in crescita rispetto a quello registrato nelle ultime settimane. Gli ultimi quattro sbarchi sono avvenuti nella notte tra domenica e lunedì: sono stati 635 i migranti soccorsi e portati all’hotspot dell’isola, cioè la struttura dedicata alla prima accoglienza, che ora è stracolma e non sembra in grado di ricevere altre persone.
Sono inoltre diverse le imbarcazioni che si trovano ancora nel Mediterraneo: le autorità di Malta non rispondono alle richieste di aiuto e spingono i migranti verso le acque italiane, mentre Guardia costiera e Guardia di finanza di Lampedusa aspettano le barche al confine delle 12 miglia dalle coste per scortarle a terra. Al momento non ci sono navi delle ong che prestano soccorso ai migranti nel Mediterraneo centrale.
Totò Martello, sindaco di Lampedusa, ha detto di voler scrivere al presidente del Consiglio Mario Draghi perché «il governo deve farsene carico»; secondo i giornali lo stesso Draghi avrebbe già parlato con la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, per istituire una cosiddetta “cabina di regia” incaricata di gestire l’emergenza. La situazione a Lampedusa è ancora più critica se si considera che l’isola è in zona rossa a causa dell’elevato numero di contagi da coronavirus, e ha avviato una campagna vaccinale che nei piani delle autorità regionali dovrebbe far raggiungere presto la condizione di «Covid free», in modo da non perdere un’altra stagione turistica. Gli stessi migranti – che non sono stati vettori dei contagi sull’isola – dovrebbero essere trasferiti ora su una nave quarantena, che però non è ancora arrivata a Lampedusa.
Secondo le prime ricostruzioni, l’elevato numero di sbarchi registrato negli ultimi due giorni sarebbe da imputare alla riapertura della rotta libica, favorita anche dalle condizioni meteo e dal mare tranquillo: delle 16 imbarcazioni arrivate domenica a Lampedusa solo due arrivavano dalla Tunisia, cioè il paese di provenienza principale delle barche arrivate in Italia nel 2020.
Non si conoscono ancora nel dettaglio i motivi che hanno portato all’aumento notevole delle partenze negli ultimi due giorni, ma la situazione è preoccupante sotto diversi aspetti: non solo per le condizioni precarie in cui si trova la Libia, nonostante la formazione dell’ultimo governo di transizione, ma anche per la crescente instabilità della regione del Sahel, a sud del territorio libico. Il generale caos in cui si trova questo pezzo di Africa sta rendendo praticamente impossibile gestire e governare i flussi di migranti diretti verso le coste libiche, e poi verso l’Italia.
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L’aumento degli sbarchi è stato commentato anche da diversi politici italiani. Per esempio Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha chiesto nuovamente un «blocco navale», che vuol dire impedire l’accesso delle navi ai propri porti impiegando anche la forza, se necessario: è una misura difficilmente praticabile e contraria alle norme del diritto internazionale che l’Italia, come gli altri paesi, deve rispettare. Meloni se l’è presa anche con le «ong immigrazioniste che speculano sulle tragedie», sostenendo che vadano fermate: come detto, però, non c’erano navi delle ong nel Mediterraneo centrale negli ultimi giorni.
Non è chiaro come deciderà di affrontare l’emergenza il governo Draghi. Vista la difficoltà di controllare i flussi sull’altra sponda del Mediterraneo – sia quelli in entrata in Libia, sia le partenze dalle coste libiche – il governo potrebbe voler riprendere in mano gli accordi di Malta, firmati nel settembre 2019 da Italia, Germania, Francia e Malta sul ricollocamento automatico per le persone soccorse in alto mare. Gli accordi non avevano trovato una buona accoglienza tra gli altri paesi europei, e la loro applicazione era rimasta senza grossi effetti pratici. Se l’alto numero di sbarchi dovesse rimanere tale anche nelle prossime settimane, le discussioni sugli accordi di Malta, o su altri meccanismi di ricollocamento, potrebbero però ripartire.