La pubblicità online non sarà più la stessa?
Come le nuove regole possono cambiare il settore e come professionisti e aziende possono rinnovare le loro strategie
Oggi buona parte della spesa pubblicitaria delle aziende è online: tale dinamica si deve non solo alla diffusione e importanza di internet e dei social, ma anche alla possibilità di usare il cosiddetto microtargeting. Attraverso questa strategia le aziende possono infatti personalizzare gli annunci, e cioè colpire con il proprio messaggio un pubblico particolare (ad esempio gli amanti di una disciplina sportiva), escludendo tutte le persone che non sono interessate a quel tema. Sullo stesso sito o su un social network dunque due persone possono vedere due annunci diversi a seconda dei loro interessi.
Questa ipersegmentazione può prendere anche la forma del retargeting, cioè il sistema che traccia gli interessi degli utenti sulla base delle loro precedenti azioni su internet. Attraverso la navigazione e l’uso di un sito, una app, un social, ogni utente trasmette infatti i suoi dati di comportamento sul web, che possono generare profili appetibili per le aziende. Questa possibilità permette – per esempio – a un’azienda che produce biciclette di far apparire i propri annunci agli utenti segnalati come amanti delle biciclette (e quindi possibili compratori) anche su siti, app, social che nulla hanno a che fare con il ciclismo. Questa pratica è stata finora molto utile e molto utilizzata, e ad esempio ha permesso anche a piccoli brand di evitare di spendere per campagne televisive o radiofoniche, molto costose, e di focalizzarsi su piccole audience potenzialmente più interessate.
Nell’ultimo periodo però gli utenti hanno cominciato a essere più consapevoli, e a percepire questo tipo di pubblicità come invasiva, installando ad esempio strumenti, come gli adblock, per fermare pubblicità e tracciamenti. Inoltre a settembre 2020 Apple ha preso una decisione importante: con la nuova versione del sistema operativo per i suoi smartphone, iOS 14, ogni utente può impedire alle applicazioni di tracciare le proprie attività su internet, nascondendo informazioni utilizzate per mostrare inserzioni pubblicitarie personalizzate.
Negli ultimi anni Apple ha investito molto sulla tutela della privacy dei propri utenti, favorita dal fatto di non essere particolarmente attiva nella vendita e nella gestione della pubblicità online, a differenza di altre grandi aziende tecnologiche come Google, Amazon e Facebook che hanno bisogno di raccogliere grandi quantità di dati sulle attività dei loro utenti per mostrare pubblicità basate sui loro interessi e quindi più redditizie. Con i precedenti aggiornamenti di iOS, Apple aveva già aggiunto al browser Safari per gli iPhone una funzione per impedire il tracciamento delle attività online, e con questa decisione ha permesso di fare la stessa cosa con le pubblicità mostrate all’interno delle applicazioni sui suoi smartphone.
Tale mossa potrebbe influenzare anche altri operatori del settore, portando a un forte cambiamento delle dinamiche della pubblicità online. Il panorama è dunque in evoluzione. Diventa allora importante per le aziende e i professionisti un aggiornamento continuo, come quello fornito da Digital Update, società di consulenza che si occupa di marketing e comunicazione su internet, una delle prime a fare corsi su questi temi in Italia. I suoi docenti lavorano sul campo ogni giorno, portando nei corsi le loro soluzioni testate dal mercato e dall’esperienza.
Tra di loro c’è Enrico Marchetto, docente del corso di advertising per Facebook e Instagram, che propone diverse strategie per affrontare i futuri cambiamenti. Secondo Marchetto, infatti, le modifiche al sistema di targeting obbligano a ripensare tutto l’ecosistema pubblicitario di un’azienda, il budget e le modalità di advertising. Marchetto ritiene sia utile rimodulare le tecniche pubblicitarie concentrandosi sui dati proprietari di Facebook e Instagram, cioè quelli derivanti dal comportamento degli utenti all’interno del social network, come i gruppi cui sono iscritti. Inoltre ritiene sia possibile strutturare campagne usando come audience gli iscritti a una newsletter e intercettando persone simili per interessi attraverso meccanismi di intelligenza artificiale disponibili su ogni piattaforma.
Secondo Alessandra Farabegoli, una delle massime esperte in Italia di Mailchimp (piattaforma americana di automazione per l’email marketing) nonché co-fondatrice di Digital Update, proprio l’automazione via email e la segmentazione del database dei propri utenti e clienti sono attività critiche per il futuro. Secondo Gianluca Diegoli, l’altro fondatore della società ed esperto di formazione in campo digitale, questi cambiamenti nei processi di profilazione possono sì portare a non avere più un sistema di targeting perfetto, ma dall’altro lato fanno tornare centrale il ruolo dei contenuti.
Bisognerà dunque curare di più la creatività (copy, foto e video), come sostiene l’altra docente Digital Update, Chiara Gandolfi. Importante sarà anche migliorare i contenuti coltivando il traffico organico, cioè quello realizzato attraverso un adeguato posizionamento sui motori di ricerca, e i contenuti rilevanti per la community aziendale, un valido contributo senza passare per l’advertising a pagamento, come sostiene Elia Zanon nel suo corso dedicato a migliorare la SEO.
Un paio di cose in più su Digital Update
Digital Update esiste dal 2012 e fin da subito ha cercato di distinguere i propri corsi dall’immaginario legato alla formazione aziendale, fatto di caffè scadenti, moquette nelle hall di alberghi accanto alle tangenziali e sedi impersonali delle associazioni di categoria, spostando poi questo approccio anche ai corsi online.
All’inizio i corsi non duravano più di due giorni, «perché, per le cose che c’erano da sapere sul digital marketing allora, erano più che sufficienti», ha raccontato Farabegoli. Si parlava comunque già molto delle nuove piattaforme digitali e di come potessero essere usate per lavoro, ma era difficile capire di chi fidarsi per impostare la propria strategia sui social, ad esempio. «In quegli anni abbiamo cominciato a definirci ironicamente “fuffa free”, perché ci sembrava importante distinguerci da chi vendeva l’idea che esistessero formule magiche per avere successo su internet», ha raccontato Farabegoli: «Il nostro approccio è sempre stato quello di sperimentare con curiosità le novità digitali, ma sempre nel contesto di una strategia solida, usando gli strumenti per la loro utilità, non perché sono di moda». “Fuffa free” poi è rimasto come slogan di Digital Update.
All’interno di un panorama di corsi sul digitale spesso sovraffollato, Digital Update vuole essere una guida affidabile per aziende e freelance che capiscono la complessità e l’evoluzione tumultuosa degli strumenti, l’importanza di destreggiarsi tra necessità di marketing, rispetto degli utenti, uso delle piattaforme evitando di lavorare inutilmente a loro favore. «Uno dei nostri motti è “imparare a imparare”: la formazione è una cosa continua e questo approccio è esattamente quello che insegniamo nei nostri corsi» conclude Farabegoli.