Le regole per viaggiare in Italia e all’estero
Dove si può andare e dove no per turismo, e cosa cambierà con i "pass" vaccinali
Con il graduale allentamento delle restrizioni imposte per rallentare la pandemia da coronavirus, sia in Italia che in diversi paesi del mondo si sta cominciando a discutere di come permettere alle persone di viaggiare per turismo.
I viaggi per motivi turistici all’interno dell’Italia sono già possibili da alcune settimane – con alcune regole da seguire a seconda del colore della regione in cui si voglia andare – mentre per viaggiare all’estero bisogna far riferimento a due criteri: se il paese che si vuole visitare è tra quelli verso cui l’Italia consente spostamenti per motivi turistici, e se questi ultimi accettano a loro volta turisti.
I viaggi tra le regioni italiane
Dal 26 aprile è possibile spostarsi liberamente tra le regioni italiane che siano in zona gialla, ovvero quelle con un basso rischio epidemiologico. Per andare invece in regioni in zona rossa o arancione, da una qualsiasi zona, oltre agli spostamenti già normalmente consentiti per motivi di lavoro, salute o necessità, ci si può spostare con quello che è stato chiamato “certificato verde”.
Per il momento questo “pass” consiste nella certificazione del completamento del ciclo di vaccinazione nei sei mesi precedenti rilasciata dalla struttura sanitaria, della guarigione dal coronavirus nei sei mesi precedenti, o del risultato negativo di un test molecolare o antigenico, in questo caso valida 48 ore dall’esecuzione. Il 4 maggio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha annunciato che questo pass diventerà un documento unico a partire dalla seconda metà di maggio.
I viaggi fuori dall’Italia
Per capire dove è possibile andare al momento partendo dall’Italia per ragioni turistiche e quali restrizioni prevede ogni singolo paese, si deve far riferimento al DPCM del 2 marzo del 2020, in base a cui le possibili destinazioni sono state divise in cinque elenchi sulla base del rischio epidemiologico. I paesi verso i quali non sono consentiti spostamenti per turismo sono quelli presenti nell’elenco E e comprendono, per esempio, gli Stati Uniti. I paesi negli altri elenchi (in gran parte altri paesi europei, ma con qualche eccezione) sono invece tutti quelli che l’Italia permette di visitare per motivi non essenziali: va però specificato che ogni singolo paese può aver adottato misure restrittive che vietano i viaggi turistici.
Per questo motivo è consigliabile consultare il sito del ministero degli Esteri viaggiaresicuri.it, che ha predisposto una piattaforma in cui è possibile indicare il paese in cui si vuole andare e sapere se sia possibile o no farlo per motivi turistici. Ogni paese può inoltre prevedere diverse misure di sicurezza: dall’esibizione di un certificato che dimostri l’esito negativo di un test per il coronavirus a un periodo di quarantena variabile all’arrivo.
La Germania, per esempio, prevede che chi arriva dall’Italia trascorra un periodo di 10 giorni in isolamento fiduciario, mentre la Grecia ha rimosso l’obbligo di isolamento purché, al momento dell’ingresso, si sia in possesso di un test molecolare negativo, effettuato nelle 72 ore precedenti all’arrivo, o un certificato che attesti la vaccinazione.
Anche in Spagna non c’è più l’obbligo di quarantena per chi arriva da paesi dell’Unione Europea o dell’area Schengen, sempre però a condizione di aver effettuato un test molecolare con risultato negativo. Alcuni paesi prevedono inoltre che il proprio viaggio venga segnalato in anticipo.
In ogni caso è sempre consigliabile visitare la pagina del paese in cui si vuole andare sul sito viaggiaresicuri.it per avere tutte le informazioni necessarie al viaggio.
Chi può entrare nell’Unione Europea per turismo
Gli arrivi nell’Unione Europea da paesi terzi (dunque non membri o non appartenenti all’area Schengen) per motivi che non siano di lavoro, salute o necessità sono generalmente proibiti, ma il Consiglio Europeo ha selezionato otto paesi dai quali è consentito l’ingresso per motivi turistici, indipendentemente dalla situazione vaccinale del viaggiatore: Australia, Israele, Nuova Zelanda, Ruanda, Singapore, Corea del Sud, Thailandia e Cina (per quest’ultima solo se è confermata la reciprocità per i turisti europei). L’elenco di questi paesi è stato deciso sulla base dell’andamento epidemiologico in ognuno. Chi arriva deve comunque presentare il risultato negativo di un test o sottoporsi a un periodo di quarantena, se le regole del paese d’ingresso lo prevedono.
Ogni singolo paese europeo può decidere di aggiungere a questo elenco altri paesi, in base all’andamento epidemiologico. Questo non significa che ci sia un meccanismo di reciprocità automatico: molti dei paesi terzi ai cui cittadini l’Unione Europea consente l’ingresso per turismo non fanno lo stesso con i cittadini europei.
Il 3 maggio la Commissione Europea ha proposto inoltre di consentire l’ingresso nell’Unione per ragioni non essenziali non solo a tutte le persone provenienti da paesi con una buona situazione epidemiologica, ma anche a tutti i cittadini completamente vaccinati con un vaccino autorizzato nell’Unione.
Il “pass” europeo
Da tempo si discute dell’introduzione di “passaporti d’immunità” che permettano di viaggiare liberamente alle persone vaccinate, risultate di recente negative a un test sul coronavirus o che siano guarite dalla COVID-19. A fine marzo la Commissione Europea ha presentato il progetto di un “certificato verde digitale”, approvato a fine aprile dal Parlamento Europeo.
Il certificato potrà essere digitale o cartaceo, dotato di un QR code per poterne fare una scansione e verificarne l’autenticità, e l’emissione sarà a carico dei singoli stati. A breve inizieranno i negoziati con il Consiglio Europeo, l’istituzione europea composta dai capi di stato e di governo, per far sì che ogni stato membro adotti il certificato entro il primo giugno, secondo le intenzioni delle autorità europee. Il certificato funzionerà parallelamente a qualsiasi iniziativa messa in atto dai singoli stati (come il certificato italiano) e non sarà prerequisito ai viaggi all’interno dell’Unione Europea, ma solo uno strumento per facilitarli.