Il M5S e Rousseau non hanno ancora risolto
L'ultimo capitolo dello scontro in corso da settimane è un ricorso respinto dalla Corte d'Appello di Cagliari su tutta un'altra questione
Dopo una decisione della Corte d’Appello di Cagliari che ha respinto un ricorso del Movimento 5 Stelle, lo scontro in corso da mesi tra il partito e l’associazione Rousseau ha avuto un nuovo sviluppo che è stato sfruttato da Davide Casaleggio, amministratore della piattaforma omonima per le consultazioni online, per difendere la sua decisione di non condividere con il partito i dati sugli iscritti. Casaleggio, infatti, sostiene che gli spettino perché, come conferma la sentenza contro la quale si era appellato il Movimento, il partito non ha attualmente un legittimo rappresentante legale. Quel ruolo attualmente è occupato più o meno ufficiosamente da Vito Crimi, e dovrebbe passare a breve a Giuseppe Conte, ma in teoria spetterebbe a un direttivo di cinque persone.
La Corte d’Appello di Cagliari non si è espressa nel merito della questione, ma ha dichiarato inammissibile un ricorso di Crimi presentato contro una sentenza che lo aveva messo nei guai nello scontro con Rousseau pur avendo avuto origine in una vicenda scollegata. In breve: lo scorso febbraio Crimi aveva espulso una consigliera regionale della Sardegna, Carla Cuccu, per una questione che era iniziata nel 2019 e riguardava il suo sostegno a un referendum proposto dalla Lega. Lei però aveva fatto causa contestando l’autorità di Crimi, ottenendo ragione e il reintegro dal tribunale, che aveva in aggiunta nominato un avvocato come curatore legale.
Casaleggio aveva usato la sentenza per difendere la sua decisione di continuare a tenere riservati i dati sugli iscritti, raccolti e conservati da Rousseau. Da settimane, cioè da quando stanno interrompendo definitivamente i rapporti con l’associazione, Crimi e Conte vogliono averli, sostenendo che appartengano al partito e non a Casaleggio. Che però invece vuole tenerli finché gli sarà possibile, dopo i sommovimenti che hanno portato alla divisione tra l’ala radicale (di cui fa parte Casaleggio, insieme tra gli altri ad Alessandro Di Battista, che formalmente ha lasciato il Movimento) e quella governista (Crimi, Conte, Luigi Di Maio, Beppe Grillo).
Il motivo per cui l’autorità di Crimi è messa in discussione è che una votazione tenuta a febbraio aveva cambiato lo statuto, decidendo di assegnare la guida del partito a un organo collegiale di cinque persone. L’elezione dei membri di questo direttivo sarebbe dovuta avvenire su Rousseau, ma nel frattempo l’associazione e il partito si sono separati politicamente per via del sostegno al governo Draghi. Crimi, che era il capo politico prima del cambio di statuto, era rimasto quindi al suo posto, con il progetto di passare poi la leadership a Conte. Ma tecnicamente, a rappresentare e guidare il Movimento, da statuto, dovrebbe essere questo direttivo che non è mai stato nominato. E la cui elezione dovrebbe avvenire su Rousseau, che il partito di fatto ha nel frattempo disconosciuto.
Il M5S per ora ha commentato la decisione della Corte d’Appello di Cagliari dicendo che «ha una portata limitata e ben circoscritta: mira a garantire alla ricorrente, Carla Cuccu, la corretta instaurazione del contraddittorio processuale, con funzione strumentale ai fini del singolo processo e nell’ambito del quale esaurisce la sua funzione» e che quindi non ci sarebbe «nessun accertamento in via assoluta e definitiva circa la carenza di un rappresentante legale del movimento».
I problemi tra il Movimento 5 Stelle e Rousseau erano iniziati con la fine del secondo governo Conte e l’ingresso del partito nella maggioranza che sostiene il governo Draghi. Si era creata una spaccatura tra un’ala più governista e moderata del partito e quella più radicale, intorno alla quale si erano presto sviluppate varie questioni, prima di tutto quelle politiche ma poi anche economiche e amministrative, dai dati degli iscritti ai fondi in cui finiscono le donazioni e i contributi dei parlamentari.
Il problema con la banca dati degli iscritti è che il M5S, a differenza degli altri partiti, non ha a disposizione l’elenco dei propri iscritti e delle proprie iscritte. I nomi sono gestiti dall’associazione di Casaleggio, ma secondo la dirigenza del M5S l’elenco, per statuto, sarebbe di proprietà del Movimento che di conseguenza lo reclama. Su questo tema è intervenuto pochi giorni fa l’ex presidente del Consiglio Conte, che ha per la prima volta affrontato in maniera diretta problemi del rapporto con Rousseau.
«Casaleggio per legge è obbligato a consegnare i dati degli iscritti al Movimento, che ne è l’unico e legittimo titolare», ha detto Conte a Repubblica. «Su questo c’è poco da scherzare, perché questi vincoli di legge sono assistiti da solide tutele, civili e penali». Conte ha anche detto che se Rousseau non collaborerà consegnando i dati al Movimento, «chiederemo l’intervento del Garante della privacy e ricorreremo a tutti gli strumenti per contrastare eventuali abusi. Non si può fermare il Movimento, la prima forza politica del Parlamento».