L’autonomia degli ebrei ultraortodossi è responsabile della strage sul monte Meron?
Cioè della peggior catastrofe in tempo di pace in Israele: lo sostengono in diversi, e alla base c'è una questione dibattuta da tempo
Negli ultimi giorni in Israele si è tornati a discutere delle estese concessioni e autonomia di cui gode la comunità locale degli ebrei ultraortodossi, cioè i cittadini israeliani che aderiscono alle dottrine più tradizionali e conservatrici dell’ebraismo. Erano tutte ultraortodosse, infatti, le 45 persone morte la settimana scorsa nella calca durante un pellegrinaggio rituale al Monte Meron, nel nord del paese, in quella che è stata la peggior catastrofe in tempo di pace nella storia di Israele. Al pellegrinaggio hanno partecipato in tutto circa 100mila persone: un numero molto più alto di quello concesso per i raduni pubblici nel paese durante la pandemia.
In molti si chiedono se la strage si sarebbe potuta evitare se la comunità ultraortodossa non godesse di un tale status privilegiato, garantito fra l’altro dalla grande influenza dei partiti che la rappresentano all’interno dei governi di destra guidati da Benjamin Netanyahu.
In ebraico gli ebrei ultraortodossi si chiamano haredi (haredim al plurale) e sono circa il 12 per cento della popolazione d’Israele: in tutto, parliamo di 1,17 milioni di persone. Sono noti per seguire un’interpretazione rigida e letterale della dottrina religiosa ebraica, e per rifiutare molti sviluppi moderni sia della dottrina ebraica sia più in generale dell’umanità.
Fin dalla fondazione dello stato godono di ampie autonomie, perché si riteneva che il loro contributo fosse fondamentale per la formazione di un’entità nazionale di carattere ebraico. Ancora oggi ricevono generosi sussidi statali e vari privilegi fra cui la possibilità di frequentare scuole speciali – dove per esempio non si insegnano le materie scientifiche – e l’esenzione dal servizio di leva, obbligatorio per la stragrande maggioranza degli israeliani.
Il loro stile di vita non pesa soltanto sulle casse dello stato. Gli ultraortodossi nutrono grande diffidenza per la scienza e la tecnologia – ritengono che solo il loro stile di vita possa salvarli dalle sventure che colpiscono il resto dell’umanità – e quindi hanno pochissima fiducia nell’efficacia dei vaccini e delle norme di distanziamento fisico: un problema enorme, in un periodo di pandemia.
Anche per questo circolavano molte preoccupazioni sul raduno al Monte Meron, indetto per celebrare la festa di Lag Ba’omer vicino alla tomba del venerato rabbino Simon bar Yochai, vissuto nel II secolo d.C. Nel 2020 il pellegrinaggio era stato vietato per via della pandemia; quest’anno però il governo israeliano aveva concesso di celebrare la festa a causa delle grosse pressioni fatte dalla comunità ultraortodossa.
Ad oggi in Israele, dove grazie alla vaccinazione di massa molto avanzata le restrizioni contro il coronavirus sono state in gran parte eliminate, il limite per i raduni pubblici è di 100 persone. Il governo però aveva accordato un’esenzione specifica per il pellegrinaggio al Monte Meron in seguito a un accordo tra le comunità ultraortodosse e il ministero degli Affari religiosi, controllato dallo Shas, uno dei più potenti partiti della destra religiosa e nazionalista. Il governo aveva fissato il limite massimo a 10mila partecipanti, a patto che fossero tutti vaccinati contro il coronavirus. Alla fine però i controlli sul numero di partecipanti non sono stati molto serrati, e al pellegrinaggio sul Monte Meron c’erano circa 100mila persone.
Al momento è in corso un’inchiesta per individuare le cause della strage. Le critiche principali sono state rivolte alle forze dell’ordine, che non avrebbero effettuato i dovuti controlli sul limite massimo di persone da ammettere: soprattutto sulla passerella in cui centinaia di persone si sono ritrovate schiacciate.
Massive crowding ahead of Mt Meron tragedy; death toll up to 44 pic.twitter.com/ne9OqZnVD1
— Luke Tress (@luketress) April 30, 2021
Anche la maggior parte degli ebrei ortodossi presenti ha accusato la polizia di mancanza di controlli, ma nessuno di loro se l’è presa con il governo che aveva autorizzato quel raduno, concedendo di violare le restrizioni per il contenimento del coronavirus in nome dell’autonomia di cui la comunità gode nel paese.
Nei primi anni della sua formazione, l’autonomia garantita agli ultraortodossi era in qualche modo bilanciata dal carattere indipendente di moltissime istituzioni statali e dalla spinta socialista – quindi tendenzialmente laica – dei kibbutz, le comunità agricole ed egalitarie nell’entroterra del paese. Oggi l’esperienza dei kibbutz si è quasi del tutto esaurita, ma lo stesso non si può dire della comunità ultraortodossa: che fra l’altro si espande a ritmi imparagonabili rispetto al resto di Israele, dato che i suoi membri scoraggiano apertamente l’utilizzo di metodi anticoncezionali.
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In un quadro politico sempre più frammentato come quello israeliano, i partiti che fanno riferimento alla comunità ortodossa sono gli unici che possono contare su un bacino crescente di voti: per questa ragione sono uno dei pochi elementi di continuità che hanno contraddistinto i governi israeliani degli ultimi dieci anni.
Per i partiti della destra religiosa e quelli direttamente espressione della comunità ultraortodossa, l’autonomia ed indipendenza degli haredim è talmente intoccabile che da sette anni i governi di destra chiedono e ottengono dalla Corte Suprema israeliana la proroga dell’entrata in vigore di una legge del 2014 che obbliga l’esercito a convocare per il servizio di leva anche i giovani ultraortodossi. «Sebbene la leva degli ultraortodossi fosse uno dei temi principali della campagna elettorale dell’aprile 2019, da allora è passato in secondo piano», scriveva un paio di mesi fa il Times of Israel: «ma a un certo punto dovrà essere affrontato».
«Gli ultraortodossi hanno un’autonomia che non potrebbe esistere senza le risorse e l’acquiescenza dello Stato», ha detto al Washington Post Yoram Bilu, professore emerito di antropologia e psicologia all’Università ebraica di Gerusalemme. «Guardate cosa succede ai festival rock israeliani. Le richieste della polizia e delle autorità sono di gran lunga più rigorose». Bilu esprime una posizione molto popolare nell’opinione pubblica israeliana: in un sondaggio di tre anni fa dell’Israel Democracy Institute, il 70 per cento degli israeliani si era detto favorevole ad estendere il servizio di leva ai giovani ultraortodossi. Sempre più persone, soprattutto nei centri metropolitani, tollerano a fatica il fatto che lo stato paghi circa 150mila uomini affinché passino la vita a studiare la Bibbia.
Difficilmente però le cose cambieranno nel breve termine, data la crescente influenza dei partiti organici alla comunità ultraortodossa e quelli dell’estrema destra religiosa sui governi israeliani. Alle elezioni del 2021 circa un elettore su quattro ha votato per uno di questi partiti.
Un alto funzionario di polizia, parlando anonimamente al quotidiano israeliano Maariv, ha detto che per quanto si possano trovare colpe commesse dalla polizia, la mancanza di controllo va ascritta proprio al governo: «Per anni ci sono stati eventi con centinaia di migliaia di partecipanti al Monte Meron, e oltre a dire “Che Dio li protegga”, non è stato fatto nulla. Nessun parlamentare ha nemmeno tentato di approvare un disegno di legge o un provvedimento per richiedere agli organizzatori di un evento come questo di ottenere un permesso dalla polizia, nessuno ha fatto qualcosa per limitare il numero di partecipanti o il numero di persone autorizzate ad entrare nel sito».
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