Il problema delle seconde dosi negli Stati Uniti
Milioni di persone hanno saltato il richiamo rischiando di non essere immunizzate a sufficienza, mentre inizia a diminuire il ritmo delle vaccinazioni
Nonostante gli Stati Uniti siano tra i paesi che hanno vaccinato di più contro il coronavirus, nell’ultimo paio di settimane il ritmo delle dosi somministrate ha iniziato a rallentare facendo emergere soprattutto due problemi: convincere gli indecisi a vaccinarsi e assicurarsi che milioni di individui che hanno già ricevuto la prima dose si presentino per la seconda. Questi due fattori potrebbero incidere sensibilmente sull’esito della campagna vaccinale e saranno un problema da affrontare in diversi altri paesi, dove le campagne vaccinali iniziano a portare ai primi risultati grazie a una maggiore disponibilità di dosi.
Secondo i dati diffusi dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), tra le più importanti autorità sanitarie negli Stati Uniti, più di 5 milioni di persone che avevano ricevuto la prima dose di Pfizer-BioNTech o Moderna non si sono presentate per ricevere la seconda. Il dato indica un raddoppio delle seconde dosi mancate rispetto alle prime settimane della campagna vaccinale. In termini percentuali, equivale all’8 per cento di chi aveva ricevuto la prima dose: se da un lato la percentuale è relativamente bassa, dall’altro osservatori e autorità sanitarie temono che possa aumentare nelle prossime settimane, riducendo la quantità di individui pienamente immunizzati nella comunità.
Come ha spiegato di recente il New York Times, basandosi su interviste svolte in diverse aree degli Stati Uniti, ci sono varie ragioni per cui così tante persone saltano l’appuntamento per la seconda dose. Alcuni non si presentano perché temono gli effetti avversi dei vaccini, di cui si è parlato molto nell’ultimo mese in seguito alle verifiche effettuate su Johnson & Johnson, l’unico vaccino monodose finora autorizzato. Altri dicono semplicemente di ritenere che una dose sia sufficiente per essere immunizzati, e non pensano quindi che sia davvero necessario sottoporsi a una seconda somministrazione.
A questi si aggiungono problemi logistici che hanno interessato alcuni stati nelle ultime settimane, con difficoltà per centri vaccinali e cliniche nel reperire per tempo le dosi necessarie per le seconde somministrazioni. In alcuni casi i vaccini non erano proprio disponibili, mentre in altri mancavano quelli dello stesso produttore della prima dose ricevuta. In queste circostanze un rinvio della seconda dose fa spesso da disincentivo, con diversi vaccinati che lasciano perdere e si accontentano di avere ricevuto la prima.
I responsabili delle campagne vaccinali nei vari stati avevano preventivato un calo della domanda per le seconde dosi, con le difficoltà per convincere i neovaccinati a tornare a tre-quattro settimane di distanza. Alcuni stati hanno invitato i centri vaccinali e le cliniche a mantenere alta l’attenzione dei vaccinati in attesa di una seconda dose, inviando loro SMS ed email per ricordare l’appuntamento.
Nell’Arkansas i dati più recenti indicano che circa 84mila individui non si sono presentati per la seconda dose, circa l’11 per cento di chi ne avrebbe avuto diritto. Sono state quindi avviate iniziative per chiamare direttamente le persone coinvolte per ricordare l’importanza della seconda dose per essere pienamente vaccinati. Altri stati hanno avviato iniziative che consentono di ricevere la seconda dose anche in centri vaccinali e cliniche diversi da quelli in cui avevano ricevuto la prima, in modo da ridurre problemi logistici o richieste di spostamenti che potrebbero fare da disincentivo.
I test clinici svolti nel 2020 dalle aziende farmaceutiche che hanno sviluppato i vaccini, e le prime evidenze scientifiche derivanti dai dati sulle vaccinazioni tra la popolazione, mostrano come sia per lo meno sconsigliabile mancare la seconda dose per i vaccini che richiedono due somministrazioni. Una sola dose non porta a una completa immunizzazione e potrebbe esporre a qualche rischio in più nel caso si entri in contatto con particolari varianti del coronavirus. Non è inoltre chiaro se una sola dose riduca l’effetto del vaccino, comportando quindi una scomparsa più rapida delle difese immunitarie contro il coronavirus.
Secondo alcuni osservatori, il vaccino di Johnson & Johnson potrebbe avere portato a qualche confusione. A differenza degli altri finora autorizzati, richiede la somministrazione di una sola dose e questo potrebbe far pensare ad alcuni che allora anche per gli altri vaccini sia sufficiente un’iniezione e che la seconda sia opzionale, se non proprio superflua. I vaccini a RNA messaggero, come quelli di Pfizer-BioNTech e Moderna, funzionano diversamente e sono stati sperimentati per un regime a due dosi.
Oltre al problema di chi salta la seconda somministrazione, negli Stati Uniti inizia a esserci qualche preoccupazione per un calo della domanda da parte della popolazione. I dati più recenti indicano che oltre 146 milioni di statunitensi hanno ricevuto almeno una dose del vaccino contro il coronavirus, e che oltre 103 milioni hanno completato la vaccinazione. Il 13 aprile, il giorno in cui si era vaccinato di più, erano state somministrate 3,4 milioni di dosi, mentre negli ultimi giorni la media si è assestata intorno ai 2,5 milioni di vaccinazioni al giorno.
Il ritmo continua a essere sostenuto, ma ha subìto comunque un rallentamento e in alcuni stati il numero dei centri vaccinali è stato ridotto, a causa della minore domanda da parte della popolazione. Gli analisti spiegano che ormai chi era convinto e in attesa di vaccinarsi si è già dato da fare, mentre restano da incentivare le persone con qualche dubbio o che non si sono informate a sufficienza su modalità e opportunità offerte dalla vaccinazione.
In Texas, per esempio, ha da poco chiuso un grande centro vaccinale tra Dallas e Fort Worth, proprio perché la quantità di persone che arrivavano per vaccinarsi era diventata esigua, al punto da non giustificare il mantenimento di una struttura così grande. Altri siti nello stato hanno modificato le loro politiche, passando dalle vaccinazioni su appuntamento a quelle libere: è sufficiente presentarsi e ricevere il vaccino. Nonostante questi e altri accorgimenti, come l’estensione degli orari di apertura, molti centri per le vaccinazioni funzionano a metà della loro capacità.
Oltre a fare comunicazione su media, divulgando l’importanza dei vaccini, in alcune contee sono state organizzate iniziative con centri vaccinali mobili: furgoni e autobus che si spostano per i quartieri o raggiungono le città più isolate, offrendo alla popolazione la possibilità di vaccinarsi. Le iniziative sono portate avanti soprattutto nelle aree dove viene rilevata una maggiore incidenza di casi positivi al coronavirus, in modo da provare a ridurne la diffusione.
La presenza sul territorio non è però sufficiente se non si riescono a convincere gli indecisi a vaccinarsi. Senza essere necessariamente “no vax”, in molti mostrano di non fidarsi completamente dei vaccini e non vogliono correre rischi, spesso ignorando che se ne corrono molti di più a non essere vaccinati nel caso in cui un’infezione da coronavirus porti alla COVID-19. Gli Stati Uniti non sono più in una forte emergenza sanitaria come qualche mese fa e questo contribuisce ulteriormente a far percepire un minore senso di urgenza, che porta a più esitazioni o rinunce nei confronti dei vaccini.
È probabile che i problemi che si iniziano a riscontrare negli Stati Uniti si presentino in diversi altri paesi, man mano che proseguiranno le campagne vaccinali. Nelle ultime settimane, i messaggi spesso contraddittori da parte delle istituzioni sui vaccini e sulla loro sicurezza hanno generato qualche confusione, specialmente tra chi era già indeciso sul vaccinarsi. Parte del problema può essere superata con una comunicazione più coerente, che illustri in modo chiaro e divulgativo i vantaggi della vaccinazione non solo per se stessi, ma anche per gli altri.