Ciudadanos sta diventando irrilevante
Storia della velocissima crisi del partito centrista spagnolo che tre anni fa era in testa ai sondaggi, e che tra pochi giorni potrebbe prendere una nuova grossa batosta elettorale
Alle elezioni del 4 maggio per il rinnovo del Parlamento locale della comunità autonoma di Madrid, in Spagna, uno dei risultati più attesi sarà quello del partito centrista Ciudadanos. Non perché abbia qualche possibilità di essere determinante, al contrario: Ciudadanos, che attualmente è il terzo partito nel Parlamento locale con 26 deputati, secondo i sondaggi potrebbe andare così male da non superare la soglia di sbarramento.
Per il partito, che negli ultimi anni ha subìto numerose sconfitte elettorali in tutto il paese, sarebbe un colpo molto grave, che secondo alcuni analisti politici spagnoli potrebbe perfino pregiudicarne la sopravvivenza, almeno nella forma attuale.
La crisi di Ciudadanos, il principale partito centrista spagnolo, è stata rapidissima: nel 2018 era la prima formazione politica del paese secondo i sondaggi, la sua importanza cresceva in Europa e Albert Rivera, leader giovane e carismatico, era paragonato al presidente francese Emmanuel Macron ed uno dei favoriti per conquistare la carica di presidente del governo. Poco più di un anno dopo Rivera si era dimesso, il partito era diviso al suo interno e ininfluente politicamente: da quel momento, una serie continua di errori non ha fatto che peggiorare la situazione.
Negli ultimi mesi Ciudadanos ha perso gran parte dei suoi dirigenti e intellettuali più importanti ed è uscito da alcuni governi locali. Soprattutto, Ciudadanos ha «smesso di dare speranza» agli elettori, come ha detto al País Inés Arrimadas, dall’anno scorso leader del partito, usando un verbo, ilusionar, che significa “dare speranza”, “creare aspettative”, e che era stato lo slogan di una delle prime campagne elettorali del partito.
Ciudadanos fu fondato a Barcellona nel 2006 da un gruppo di professori e intellettuali con l’obiettivo di creare una forza politica locale che potesse costituire una risposta alla crescita del sentimento nazionalista e separatista catalano. Il partito avrebbe dovuto essere espressione della società civile, né di destra né di sinistra, anche se il primo statuto aveva posizioni socialdemocratiche, più spostate a sinistra, e aveva nell’uguaglianza uno dei principali valori.
Il principio egalitario fu usato anche nella scelta del leader: come ha raccontato il País, il leader del nuovo partito fu scelto pescando il primo membro in ordine alfabetico dalla lista di persone che componevano il comitato esecutivo iniziale. Il primo cognome a uscire fu Argüellas, un ingegnere che però non aveva tempo per buttarsi in politica, e rifiutò. Allora fu proposto di scegliere in base al nome di battesimo, e uscì Albert Rivera che si dimostrò un leader talentuoso e determinato, benché scelto a caso.
La sua prima campagna elettorale alle elezioni locali in Catalogna divenne molto famosa perché Rivera si fece fotografare nudo e a figura intera per i manifesti e i volantini, e fu un successo discreto: Ciudadanos, che allora si chiamata Ciutadans, in catalano, ottenne tre deputati nel Parlamento locale.
Rivera capì che c’era la possibilità di trasformare Ciudadanos in un partito nazionale tra il 2013 e il 2014, mentre la politica spagnola era sconvolta dalla crisi economica e da vari casi di corruzione che riguardavano soprattutto il Partito popolare (PP) di centrodestra, ma che avevano indebolito molto anche il Partito socialista (PSOE), di centrosinistra. Già da qualche anno Podemos insidiava il PSOE da sinistra, attirando gli elettori progressisti delusi con la promessa di rinnovare la politica spagnola e porre fine alla corruzione.
Ciudadanos fece la stessa cosa, ma da posizioni moderate, con l’intento di attirare soprattutto gli elettori delusi del PP e i moderati del PSOE.
L’azzardo si rivelò vincente: in quegli anni Ciudadanos e Podemos, uno dal centro e l’altro da sinistra, dominarono il dibattito politico spagnolo con i loro slogan di rinnovamento e rigenerazione, contro la «casta» (il termine era molto di moda anche in Spagna), la corruzione e la vecchia politica.
I risultati elettorali di Ciudadanos continuarono a migliorare fino a che, nel febbraio del 2018, uno dei sondaggi politici più importanti del paese, quello di Metroscopia, certificò che il partito di Rivera era il primo nel paese, con il 28,3 delle preferenze di voto, davanti a PP, PSOE e Podemos, tutti attorno al 20 per cento. Erano i mesi successivi al referendum indipendentista della Catalogna, e la maggior parte degli spagnoli vide in Ciudadanos e in Rivera una forza politica affidabile. I sondaggi nei mesi successivi sarebbero calati un po’, ma rimasero sempre molto buoni. Pochi mesi prima, nel novembre del 2017, Ciudadanos aveva vinto le elezioni locali in Catalogna risultando come primo partito (anche se poi il governo era andato a una coalizione indipendentista).
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Un anno dopo, nell’aprile del 2019, Ciudadanos ottenne il suo miglior risultato elettorale a livello nazionale: si classificò come terzo partito con il 15,9 per cento dei consensi e 57 deputati in Parlamento. Considerato il posizionamento centrista del partito, sembrò chiaro a molti analisti (e anche agli elettori del partito, come si sarebbe visto in seguito) che Rivera dovesse allearsi con Pedro Sánchez, il leader del PSOE: assieme, Ciudadanos e PSOE avevano 180 deputati, abbastanza per superare la maggioranza assoluta di 176 seggi e formare un governo stabile e riformista, con Sánchez come presidente e Rivera come vice.
L’ipotesi era tutt’altro che improbabile: soltanto tre anni prima, dopo le elezioni del 2016, Sánchez e Rivera avevano negoziato e firmato un accordo di governo condiviso e dettagliato in vista di una possibile alleanza, che tuttavia non si era concretizzata per incompatibilità con il terzo partner della coalizione, Podemos.
Nel 2019, tuttavia, le cose erano cambiate: per Rivera essere il capo di un partito centrista, determinante ma destinato a sostenere governi altrui, non era più abbastanza. Negli anni precedenti il leader di Ciudadanos si era spostato sempre più a destra, dove si collocava la maggior parte del suo elettorato, e aveva cominciato ad ambire di detronizzare il PP e trasformare Ciudadanos nel principale partito del centrodestra spagnolo. Durante la campagna elettorale, Rivera promise che non avrebbe mai fatto patti con il PSOE, e mantenne la parola.
Il leader di Ciudadanos rifiutò le offerte di alleanza di Sánchez, rese impossibile formare un governo e costrinse la Spagna alle quarte elezioni generali in meno di quattro anni. Gli elettori lo punirono pesantemente: il partito perse 47 seggi e passò dal terzo al sesto posto, con appena 10 deputati.
Secondo la maggior parte degli analisti, la causa del crollo elettorale di Ciudadanos fu la decisione di Rivera di non fare il governo con il PSOE, che irritò gli elettori: quando un partito centrista che ha tra i suoi primi valori la stabilità politica costringe il paese alle ennesime elezioni anticipate, perde la sua ragion d’essere. Altri analisti sono convinti tuttavia che, al governo con i socialisti, Ciudadanos avrebbe comunque perso la gran parte della sua attrattiva, che la crisi sarebbe stata semplicemente rimandata e che Rivera avesse ragione a cercare di cambiare l’identità centrista del partito.
In ogni caso Rivera si assunse la responsabilità della sconfitta, si dimise e abbandonò del tutto la politica, mentre Sánchez formò un governo con Podemos, tuttora in carica.
Inés Arrimadas, che ha sostituito Rivera nel 2020, pur essendo una politica carismatica non è riuscita a risollevare il partito, e anzi ha subìto sconfitte (alle elezioni locali in Catalogna di febbraio Ciudadanos è passato da essere il primo partito per voti ricevuti a essere il settimo) e commesso diversi errori.
Secondo la maggior parte degli analisti, l’ultimo errore è stato proprio quello di provocare inavvertitamente le elezioni anticipate nella comunità autonoma di Madrid.
Inavvertitamente perché le elezioni a Madrid sono state la reazione a uno sviluppo politico avvenuto in un’altra comunità autonoma, quella di Murcia, dove il PP governa con il sostegno di Ciudadanos e di Vox, un partito di estrema destra. A marzo, tuttavia, Ciudadanos ha stretto un accordo con il PSOE per ritirare il suo appoggio e far cadere il governo locale, creando così una serie di conseguenze nel resto del paese.
L’intenzione di Ciudadanos e del PSOE era di far cadere anche il governo della comunità autonoma di Madrid, dove la situazione è la stessa di Murcia – il PP governa in alleanza con Ciudadanos e Vox –, ma la governatrice Isabel Díaz Ayuso li ha anticipati, indicendo nuove elezioni (ci sono state un po’ di polemiche sulla questione, perché PSOE e Ciudadanos avevano già presentato una mozione di sfiducia quando le elezioni sono state indette). Ciudadanos è stato così estromesso dal governo regionale, e costretto ad affrontare elezioni per le quali non era preparato: è praticamente impossibile che dopo il 4 maggio torni al governo.
Il colmo è stato che il piano non è riuscito nemmeno a Murcia, perché al momento del voto di fiducia alcuni deputati locali di Ciudadanos hanno disertato e si sono schierati con il PP: il governo è rimasto in carica, ma Ciudadanos è stato costretto a uscire dalla coalizione.
Dopo il disastro strategico di Murcia e Madrid, moltissime figure di spicco hanno deciso di abbandonare il partito, accelerando un fenomeno che era già in corso nei mesi precedenti: dall’inizio dell’anno, decine di deputati locali e di dirigenti di alto livello di Ciudadanos hanno deciso di dimettersi o di passare ad altri partiti, in particolare il PP, lasciando la dirigenza sguarnita di figure influenti.
Le elezioni nella comunità autonoma di Madrid rischiano di peggiorare ulteriormente la crisi. Il candidato di Ciudadanos, l’ex avvocato Edmundo Bal, è piuttosto debole ed è stato scelto soltanto dopo che Ignacio Aguado, il principale esponente del partito a Madrid ed ex vicepresidente della comunità autonoma, aveva rinunciato alla candidatura.
Nei sondaggi Díaz Ayuso è stabilmente in testa e dovrebbe essere riconfermata governatrice, mentre Ciudadanos è crollato a circa il 6 per cento dei consensi, e questo è molto pericoloso, perché la soglia di sbarramento è subito sotto, al 5 per cento: se Ciudadanos non dovesse ottenere abbastanza voti per entrare nel Parlamento della comunità autonoma di Madrid, è probabile che ci saranno gravi conseguenze per il partito anche a livello nazionale.