La vicenda dei verbali segreti nel Consiglio superiore della magistratura
Ne parlano i giornali da qualche giorno e riguarda accuse molto pesanti e non confermate che circolano da mesi dentro alla magistratura
Negli ultimi giorni su alcuni giornali italiani si è parlato molto di un caso di fughe di notizie all’interno del Consiglio superiore della magistratura (CSM, l’organo di autogoverno della magistratura) e di importanti procure italiane. Il caso riguarda alcuni verbali segreti contenenti gravi accuse non confermate contro alti esponenti del mondo politico e giudiziario che sarebbero stati fatti circolare tra i magistrati e consegnati ad alcuni giornalisti.
Questa vicenda si inserisce nel contesto di uno scontro molto forte all’interno della magistratura, che va avanti da alcuni anni e che ha come centro il CSM. Il CSM era già stato coinvolto nello scandalo dell’indagine su Luca Palamara, un ex consigliere dell’organo accusato un paio di anni fa di corruzione, e il cui caso continua ad avere lunghi strascichi.
I verbali di cui si parla in questi giorni sarebbero stati compilati tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020 nella procura di Milano e, secondo quanto hanno scritto i giornali, conterrebbero le dichiarazioni di Piero Amara, un avvocato siciliano coinvolto come testimone d’accusa in numerosi processi recenti e considerato da molti come poco affidabile. I verbali circolerebbero «nelle redazioni dei giornali, nel CSM, nei palazzi del potere… ormai da mesi», ha scritto giovedì il Fatto Quotidiano, e se ne è cominciato a parlare perché la procura di Roma ha aperto un’inchiesta contro una funzionaria del CSM accusata di averli diffusi in maniera illecita.
Le controversie descritte in questi giorni dai giornali, dunque, riguardano più la diffusione dei verbali in vari ambienti che il loro contenuto, considerato poco affidabile e comunque ancora da verificare.
Le accuse di Amara sono infatti molto ampie e difficili da provare, e la più straordinaria di tutte è considerata poco credibile sia da Repubblica sia dal Fatto Quotidiano, i due giornali che si sono occupati di più della vicenda (anche se il Fatto non la esclude a priori): secondo quest’accusa, gli alti ranghi della magistratura, della politica e delle gerarchie ecclesiastiche avrebbero creato un’organizzazione segreta chiamata “Ungheria” per influenzare la vita politica e giudiziaria del paese. Questa presunta organizzazione è stata definita come una «loggia» dai giornali, che hanno fatto paragoni con la massoneria e con la P2, ma hanno generalmente dato poco peso alle accuse di Amara.
Nei verbali Amara farebbe anche accuse più circostanziate, contro personalità politiche e membri della magistratura. Una di queste riguarda l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che attorno al 2012 sarebbe stato pagato centinaia di migliaia di euro per una consulenza alla società immobiliare Acqua Marcia, quando ancora era un avvocato. Di quest’accusa si è occupato ampiamente nei giorni scorsi il quotidiano Domani, rilevando però che «gli affari segreti di Conte sono quelli di un avvocato d’affari di successo, probabilmente leciti».
Piero Amara è un personaggio molto noto alle cronache giudiziarie. Fu arrestato all’inizio del 2018 nell’ambito di un’inchiesta delle procure di Roma e Messina con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata, tra le altre cose, alla frode fiscale e alla corruzione in atti giudiziari. Amara, secondo gli investigatori, faceva parte di un’organizzazione che aveva lo scopo di influenzare le sentenze del Consiglio di stato, il più alto tribunale amministrativo italiano. Amara patteggiò una pena sotto i quattro anni che gli consentì di non andare in carcere, e cominciò a collaborare con la magistratura.
Da quel momento è diventato testimone d’accusa in alcune indagini molto importanti, come quella, avvenuta a metà del 2019, contro Luca Palamara, ex consigliere del CSM ed ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), accusato di aver ottenuto soldi e regali da alcuni lobbisti vicini a importanti imprenditori per influenzare alcune sentenze e di aver poi cercato di influenzare le inchieste a suo carico. Amara si autoaccusò di aver chiesto e ottenuto (assieme ad altri) favori da Palamara, come nomine pilotate in magistratura e manovre contro i procuratori nemici, in cambio di regali. In quel caso, le accuse furono ritenute credibili dai procuratori.
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Amara, ex consulente legale di ENI, fu coinvolto anche nel processo di corruzione internazionale contro l’azienda, quando accusò Marco Tremolada, il presidente del collegio del Tribunale che doveva giudicare il caso, di avere contatti con la dirigenza dell’azienda: in quel caso le accuse furono considerate infondate, il processo proseguì e il mese scorso tutti gli imputati sono stati assolti perché «il fatto non sussiste». La procura di Milano ha poi indagato Amara per depistaggio.
Pochi giorni fa ancora il quotidiano Domani ha dato notizia di un’altra indagine basata sulle accuse di Amara, questa volta contro il presidente del Consiglio di stato Filippo Patroni Griffi, accusato di aver abusato della sua posizione per spingere lo stesso Amara a non licenziare una sua amica, assunta in una delle società dell’avvocato. Patroni Griffi ha smentito.
Infine ci sono le accuse uscite in questi giorni, quelle contenute nei verbali circolati in maniera illecita (non è chiaro se le accuse contro Patroni Griffi pubblicate da Domani vengano dagli stessi verbali o meno), che secondo i giornali riguardano Conte e altri politici, numerosi magistrati e consiglieri del CSM e la presunta «loggia» Ungheria.
Insomma, Amara è stato uno dei principali testimoni in quasi tutte le più importanti indagini che negli ultimi anni hanno coinvolto la magistratura, e le sue deposizioni sono state ritenute a volte credibili, a volte verosimili e a volte inventate, anche se per ora non hanno portato a nessuna condanna definitiva. Secondo il quotidiano il Riformista, noto per le sue posizioni garantiste, Amara «ha riempito nell’ultimo periodo le Procure italiane di proprie testimonianze nei confronti di magistrati di ogni ordine e grado. Alla Procura di Milano, tanto per fare un esempio, ci sarebbero pagine e pagine di verbali delle sue dichiarazioni. E a seconda del momento questi verbali vengono tirati fuori».
Per molti giornali, dunque, le testimonianze di Amara sarebbero state usate in passato nell’ambito di scontri di potere all’interno della magistratura.
Dei verbali della procura di Milano si sta parlando per il modo in cui sono circolate negli ultimi mesi. Le deposizioni di Amara furono raccolte tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 dal procuratore aggiunto di Milano Laura Pedio e dal sostituto procuratore Paolo Storari nell’ambito dell’inchiesta di depistaggio sul caso ENI, e ammonterebbero a «decine» di pagine di accuse in parte verosimili e in parte esorbitanti.
Questi verbali sarebbero dovuti rimanere nella procura di Milano per verifiche e accertamenti, ma negli ultimi mesi hanno cominciato a circolare: nell’ottobre del 2020 sarebbero arrivati in una busta anonima alla redazione del Fatto Quotidiano, come scritto giovedì dallo stesso giornale, e nel febbraio di quest’anno sarebbero stati recapitati, sempre in busta anonima, alla giornalista di Repubblica Liana Milella, esperta di cronaca giudiziaria. Milella ha raccontato oggi su Repubblica di aver ricevuto in precedenza anche una telefonata da una persona con voce di donna che le prometteva «carte da far tremare il Paese». Ai documenti, sempre secondo Milella, era allegata una lettera con toni simili a quelli della telefonata.
Come hanno scritto sia il Fatto sia Repubblica, i verbali non erano firmati dai magistrati che avevano raccolto le deposizioni di Amara, e questo li rendeva non ufficiali e sospetti. Entrambi i giornali decisero indipendentemente l’uno dall’altro di non pubblicarne i contenuti e, anzi, di denunciare la cosa alla procura di Milano. È probabile che almeno parte dei verbali sia arrivata anche a Domani, che ha basato i suoi articoli a proposito delle consulenze di Giuseppe Conte sulle deposizioni di Amara alla procura di Milano, conducendo indagini proprie e usando alcune cautele.
Sempre secondo il Fatto e Repubblica, i verbali o parte di essi sarebbero stati anche recapitati o consegnati a diversi consiglieri del CSM, che avrebbero letto le molte accuse di Amara rivolte ai loro colleghi o ad altri magistrati.
Il caso è diventato pubblico questa settimana, quando si è venuto a sapere che la procura di Roma, proseguendo un’indagine cominciata da quelle di Milano e Perugia, avrebbe aperto un procedimento per calunnia contro Marcella Contrafatto, funzionaria del CSM da tempo impiegata nella segreteria del magistrato Piercamillo Davigo, accusandola di essere stata lei a diffondere a giornalisti e a magistrati i verbali di Amara.
Secondo Repubblica, che oggi ha pubblicato un’ampia ricostruzione, i verbali sarebbero stati consegnati nella primavera del 2020 dal procuratore Storari a Davigo, storico membro del pool Mani Pulite e membro del CSM fino all’ottobre del 2020, quando è andato in pensione, tra molte polemiche, per raggiunti limiti di età. A un certo punto poi i documenti avrebbero iniziato a circolare, secondo la procura di Roma, per mano di Contrafatto.
Dunque, secondo Repubblica, Davigo aveva i verbali e la sua ex segretaria avrebbe cominciato a diffonderli, per motivi che non sono chiari. Non è stato comunque confermato che sia stato Davigo a consegnarle i documenti, anzi: «le indagini non hanno accertato come la Contrafatto sia venuta in possesso del plico consegnato da Storari a Davigo».
Il Corriere della Sera ha inoltre parlato con Davigo, che ha confermato di aver ricevuto i verbali e di aver «informato chi di dovere».
All’interno del CSM si è parlato per la prima volta del caso mercoledì 28 aprile, quando il magistrato Antonino Di Matteo, consigliere del CSM, durante una riunione plenaria ha preso la parola a inizio lavori e ha raccontato di aver ricevuto anche lui il plico con parte dei verbali, descrivendoli come un’operazione di «dossieraggio anonimo» e un «tentativo di condizionamento dell’attività del consiglio».
Non è chiaro perché i verbali con le accuse di Amara siano stati diffusi negli ultimi mesi. Secondo Repubblica, la consegna dei verbali a Davigo, benché irrituale, sarebbe stata un tentativo di forzare la mano perché, come ha scritto venerdì il giornalista Carlo Bonini, «il pm Storari è convinto che il Procuratore capo di Milano, Francesco Greco, stia illegittimamente ritardando le iscrizioni nel registro degli indagati di quanti Amara ha chiamato in causa». Secondo il Corriere, Storari intendeva «tutelarsi» da possibili conseguenze disciplinari, nel caso in cui fosse emerso che la procura di Milano aveva gestito i verbali in maniera scorretta.
Il Fatto Quotidiano giovedì ha invece avanzato diverse ipotesi, alcune delle quali in contraddizione tra loro: «Con la trasmissione di questi verbali qualcuno vuole distruggere l’indagine (sulla presunta organizzazione Ungheria, ndr). Oppure vuole che le dichiarazioni di Amara divengano pubbliche per esercitare pressioni o ricatti. O ancora: vuol dimostrare ad Amara che la Procura di Milano è vulnerabile e convincerlo a tacere».