Quanto è efficace il coprifuoco?
È in vigore da mesi in Italia e in molti altri paesi, ma valutarne gli effetti è molto difficile, spiegano i ricercatori
A partire da lunedì in buona parte dell’Italia è iniziata una graduale riduzione delle restrizioni applicate negli ultimi mesi per rallentare la diffusione del coronavirus. Il cosiddetto “decreto riaperture” prevede soprattutto che possano riaprire bar e ristoranti al pubblico, a patto che il servizio sia effettuato all’esterno, ma non modifica gli orari del coprifuoco, che rimane quindi in vigore dalle 22 alle 5 del mattino. La decisione, che potrebbe essere rivista tra alcune settimane, ha portato a numerose polemiche e a un duro confronto nella maggioranza di governo, alimentato soprattutto da Matteo Salvini che vorrebbe toglierlo, o almeno farlo cominciare più tardi.
Il dibattito politico, però, ha perlopiù trascurato le evidenze scientifiche accumulate in questi mesi e che possono aiutare a rispondere a una domanda che in molti si erano già fatti lo scorso autunno: il coprifuoco è davvero utile contro la pandemia?
Nonostante siano ormai trascorsi diversi mesi dall’istituzione del coprifuoco in Italia e in varie altre parti del mondo, non è ancora possibile avere una risposta chiara e definitiva sull’argomento. Ci sono alcuni indizi che sembrano indicare l’utilità delle limitazioni serali e notturne, ma le ricerche svolte finora sono poche e basate su dati non sempre significativi.
I sostenitori del coprifuoco ritengono che, in attesa di dati più chiari, abbia comunque senso applicare limitazioni agli spostamenti, soprattutto nella misura in cui agiscono da deterrente e contribuiscono a ridurre le interazioni sociali in presenza e di conseguenza il rischio di diffondere il coronavirus. I più critici sostengono invece che siano inutili se non controproducenti, perché riducono il tempo a disposizione per fare la spesa o altre attività dopo il lavoro, portando a una maggiore concentrazione di persone nei negozi e facendo quindi aumentare il rischio del contagio. Il dibattito politico italiano si è concentrato principalmente sulle conseguenze economiche del coprifuoco, per le attività come bar, ristoranti e cinema.
Dopo oltre un anno di pandemia, inoltre, è cresciuta l’attenzione rivolta agli effetti sul benessere mentale delle persone di restrizioni come il coprifuoco, e alle ricadute del mantenimento così prolungato di provvedimenti eccezionali nella limitazione delle libertà personali. È sempre più consistente e condivisa una corrente di pensiero che invita ad attribuire a questo aspetto un peso maggiore rispetto ai mesi del 2020 caratterizzati dai provvedimenti più drastici e di emergenza: ovviamente senza dimenticare l’inevitabile e imprescindibile necessità di contenere gli effetti dell’epidemia sul sistema sanitario.
In generale, capire se un coprifuoco stia funzionando è estremamente difficile, soprattutto a causa delle numerose variabili coinvolte.
Meno interazioni?
Escludendo la possibilità di abbandonare la propria abitazione di notte, salvo particolari esigenze, si suppone che si riducano le interazioni sociali: l’obbligo di rincasare alle 22, insomma, di fatto rappresenta perlopiù un disincentivo (o un ostacolo logistico) a ritrovarsi in gruppo la sera. Nelle intenzioni, servirebbe anche a limitare attività legate al consumo di alcol in compagnia, che possono portare ad assumere comportamenti meno responsabili e a ignorare le buone pratiche per ridurre il rischio di contagio. Se però i locali sono comunque chiusi, o è consentito ritrovarsi solo nei loro spazi aperti, non è chiaro come un coprifuoco possa contribuire a ridurre particolari comportamenti a rischio.
Nello scenario in cui i locali non possono ospitare in assoluto clienti la sera, come avvenuto in buona parte d’Italia fino a domenica, un coprifuoco potrebbe rivelarsi controproducente incentivando piccoli gruppi di persone a trovarsi in casa, con i rischi derivanti dal trascorrere insieme diverso tempo al chiuso. Le possibilità di controllo da parte delle autorità durante un coprifuoco sono inoltre ridotte, rispetto a quelle che potrebbero condurre controllando i locali eventualmente aperti anche la sera tardi.
Orari
In questi mesi di coprifuoco si è inoltre discusso se l’orario applicato in Italia avesse senso o fosse necessario modificarlo, secondo alcuni accorciandolo e secondo altri estendendolo. In Francia, per esempio, il coprifuoco è stato a lungo in vigore dalle 6 del pomeriggio alle 6 del mattino, con forti limitazioni per gli esercizi commerciali. Non è però chiaro se una durata più lunga rispetto a quella adottata in altri paesi abbia portato a maggiori benefici. Soprattutto nelle prime fasi, il coprifuoco aveva comportato che ci fossero più clienti in fila davanti ai negozi perché gli orari di apertura erano ridotti, con un conseguente rischio di affollamento in ambienti al chiuso.
Facendo iniziare più tardi il coprifuoco si può attenuare il rischio di assembramenti nei negozi o nei locali che eventualmente possono aprire, ma al tempo stesso viene meno l’effetto deterrente per chi voglia ritrovarsi con amici e parenti, in giro per la città o in casa. È anche vero che nel caso di un coprifuoco serale e non dal pomeriggio, come in Italia, molti hanno semplicemente anticipato i loro momenti conviviali organizzando cene e aperitivi domestici nel tardo pomeriggio, in modo da poter rincasare entro l’orario di inizio dei divieti di circolazione.
Simulazioni
L’argomento è complesso e lo diventa ancora di più per chi studiandolo cerca di avere dati e trarne poi informazioni per capire se un coprifuoco serva effettivamente a qualcosa. La difficoltà più grande deriva dal fatto che un coprifuoco viene istituito insieme a numerosi altri provvedimenti, dall’impiego delle mascherine alla chiusura delle scuole, e che questi variano in ogni paese. Isolare gli effetti di un provvedimento dagli altri è molto difficile, se non impossibile.
Per provare a distinguere i vari effetti, i ricercatori ricorrono a modelli al computer, simulazioni realizzate per essere il più aderenti possibile al mondo reale. Il problema di questo approccio è che per quanto chi realizza un modello possa fare un lavoro accurato, inserendo un numero cospicuo e coerente di variabili, il risultato non potrà mai essere totalmente sovrapponibile a ciò che avviene nella realtà. Per sua stessa natura, un modello è una versione semplificata del mondo reale e non può tenere in considerazione tutto, come per esempio il comportamento di ogni singolo essere umano nella simulazione.
Cosa dicono le ricerche
Le ricerche pubblicate finora e basate su vari modelli hanno fornito qualche indizio, senza però portare a risultati molto soddisfacenti. Uno studio preliminare (quindi da prendere con qualche cautela in più) condotto in Lussemburgo ha segnalato che un coprifuoco dalle 23 avrebbe un impatto contenuto nella diffusione del contagio, ma i ricercatori hanno ammesso di non avere potuto prendere in considerazione il comportamento degli individui, legato per esempio alla scelta di anticipare le loro attività sociali o gli acquisti nei negozi.
Un altro modello realizzato in Kenya ha indicato che un coprifuoco avrebbe contribuito a ridurre le nuove infezioni da coronavirus, rallentando la diffusione del contagio e riducendo il carico di lavoro per gli ospedali. Anche in questo caso, però, i ricercatori hanno segnalato che il loro modello teneva inevitabilmente in considerazione altre limitazioni, oltre a quelle di divieto di circolazione dopo una certa ora del giorno.
Per superare il problema, c’è chi ha scelto un approccio diverso analizzando i dati delle reti cellulari, che consentono di ricostruire con una certa precisione gli spostamenti degli individui. L’analisi di questi dati permette di sapere se le persone si siano spostate di meno negli orari del coprifuoco, per esempio, ma non consentono comunque di stabilire se eventuali riduzioni si siano poi tradotte in una minore incidenza di nuovi contagi. I dati forniti dalle compagnie telefoniche possono essere carenti, o su base giornaliera e non oraria, rendendo più difficile il lavoro di ricostruzione e analisi degli spostamenti.
Una ricerca condotta in Francia utilizzando questo metodo ha rilevato che il coprifuoco ha avuto un lieve impatto sugli spostamenti, ma anche in questo caso altri fattori possono avere influito sui risultati. Uno studio preliminare simile condotto in Grecia ha messo a confronto gli effetti del coprifuoco dalle 21, mantenuto per diversi mesi, con quello introdotto in seguito nell’area di Atene dalle 18. L’estensione del coprifuoco non ha avuto un particolare impatto su modalità e tempo di frequentazione dei supermercati e delle farmacie. La ricerca ipotizza che questi negozi fossero inoltre più affollati durante il giorno, cosa che potrebbe avere influito sulla diffusione del coronavirus.
Mettere a confronto due situazioni diverse con elementi in comune può essere utile per trarre qualche informazione in più sull’eventuale efficacia del coprifuoco. A inizio gennaio, nel Quebec (Canada) ne è stato indetto uno, che non ha invece interessato la confinante provincia dell’Ontario. I ricercatori hanno quindi messo a confronto i dati sugli spostamenti della popolazione, rilevando una riduzione dei movimenti di circa un terzo nel Quebec dopo l’entrata in vigore del coprifuoco. La riduzione è stata riscontrata soprattutto nelle aree ricche, mentre in quelle con reddito medio più basso e abitate da lavoratori meno qualificati la riduzione della mobilità è stata meno marcata.
Lo studio preliminare sembra indicare che il coprifuoco contribuisca a far ridurre gli spostamenti, e di conseguenza disincentivi gli incontri per svago, ma gli autori del lavoro (ancora preliminare) chiariscono di avere potuto utilizzare dati provenienti da appena l’1 per cento della popolazione. La ricerca spiega che le due province hanno caratteristiche diverse e che non sono quindi facilmente sovrapponibili per farne un confronto diretto. Nel Quebec inoltre le scuole avevano riaperto nella prima metà di gennaio, mentre in Ontario il ritorno in classe è avvenuto circa un mese dopo.
Alcuni studi, compreso uno condotto da parte degli stessi ricercatori canadesi, hanno rilevato un certo rapporto tra spostamenti e nuovi casi positivi in determinate regioni. In linea di massima, più ci si sposta più aumentano i nuovi casi, una condizione che sembrerebbe indicare l’utilità del coprifuoco e più in generale delle restrizioni su spostamenti tra aree diverse, come avvenuto a lungo in Italia con l’impossibilità di spostarsi tra regioni a rischio epidemiologico diverso.
Coprifuoco e lockdown
Sulle riviste scientifiche, negli ultimi mesi sono state pubblicate alcune ricerche con analisi e valutazioni sull’efficacia delle misure adottate per provare a far rallentare la pandemia. In uno studio pubblicato lo scorso autunno su Nature, i ricercatori hanno tenuto in considerazione tutti gli interventi “non farmacologici” adottati, escludendo quindi medicinali e vaccini. La loro conclusione è che sia la combinazione di più restrizioni a fare la differenza, ma hanno comunque indicato lockdown e coprifuoco come le misure più efficaci per ridurre i contagi.
Un’altra ricerca, condotta analizzando le limitazioni imposte in una cinquantina di paesi, ha concluso che il coprifuoco insieme ai lockdown funziona in linea di massima, ma che non è possibile valutare le due misure separatamente visto che sono quasi sempre adottate insieme. Un altro studio preliminare, quindi sempre da prendere con qualche cautela, ha invece concluso che il coprifuoco abbia effetti moderati nel contenimento dei contagi.
Francia
Con un coprifuoco in vigore da metà ottobre 2020 in buona parte dei propri territori, la Francia dovrebbe offrire numerosi spunti, ma anche in questo caso i dati non sembrano aiutare molto. Un gruppo di ricercatori di Tolosa, per esempio, ha attribuito il calo dei contagi in città al coprifuoco inizialmente stabilito per le 20, ma ha anche rilevato un peggioramento della situazione quando si è deciso di far scattare le limitazioni alle 18 in una seconda fase. La loro ipotesi anche in questo caso è che più persone abbiano iniziato a frequentare supermercati e altri negozi negli stessi orari, avendo meno tempo a disposizione per fare le compere.
Uno studio condotto sempre in Francia, e in attesa di revisione, ha invece identificato benefici nel coprifuoco per rallentare la diffusione del coronavirus in alcune aree del paese all’inizio di gennaio. I ricercatori segnalano però che i benefici sembrano essersi attenuati nelle settimane seguenti, quando si è iniziata a diffondere la cosiddetta “variante inglese” (B.1.1.7), più contagiosa e difficile da contenere.
Al momento tra gli scienziati non c’è quindi un consenso unanime sull’utilità del coprifuoco nel ridurre la diffusione del coronavirus, dovuto soprattutto alla difficoltà di isolare questa misura restrittiva dalle altre. Più in generale, però, gli elementi emersi finora sembrano indicare che il coprifuoco abbia una buona efficacia se adottato in concomitanza con un lockdown, o comunque assieme a regole che limitano le possibilità di incontrarsi soprattutto al chiuso.
Deterrenza
Difficilmente in futuro si otterranno dati più chiari sul ruolo del coprifuoco nel contenere la pandemia, anche perché con il passare del tempo si sono aggiunte altre variabili, fortunatamente a nostro vantaggio. La più importante di tutte è naturalmente costituita dai vaccini, che rendono possibile la protezione contro le forme gravi della malattia e riducono la circolazione del coronavirus. Su questo secondo aspetto le analisi sono ancora in corso, ma i dati emersi finora lasciano ottimisti i ricercatori.
Al di là degli effetti diretti, che come abbiamo visto sono molto difficili da valutare, esperti e osservatori ritengono che comunque il coprifuoco contribuisca a ricordare che la pandemia è ancora in corso, e che continua a comportare seri rischi per tutti. Questo effetto è di particolare importanza nel momento in cui si riducono le altre limitazioni, come sta avvenendo in Italia da oggi.