Nell’ultimo anno abbiamo disinfettato troppo?
Sempre più studi dicono che il rischio di contagio da coronavirus tramite le superfici è basso rispetto a quello per via aerea
Nelle nuove indicazioni diffuse a inizio aprile dai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC, tra le principali istituzioni sanitarie negli Stati Uniti) si dice che il rischio di trasmissione del coronavirus attraverso le superfici è basso, e che in molti casi non è necessario disinfettare oggetti e superfici per ridurre i rischi di contagio. L’aggiornamento dei CDC rispecchia quanto sostenuto negli ultimi mesi da esperti e ricercatori, grazie agli studi e alle analisi condotte nell’ultimo anno sulle modalità di diffusione del coronavirus. Buona pratiche come lavarsi spesso e bene le mani sono comunque ancora raccomandate, e non solo per ridurre il rischio di contrarre il SARS-CoV-2.
Da circa un anno la sanificazione delle superfici è una costante nelle nostre esistenze. È capitato a tutti di imbattersi in cartelli e dichiarazioni che segnalavano l’avvenuta pulizia di locali, negozi e mezzi di trasporto con prodotti disinfettanti come indicato dalle istituzioni sanitarie. All’inizio della pandemia, alcune città – anche in Italia – avevano addirittura avviato progetti per la sanificazione delle strade, generando perplessità e qualche preoccupazione per l’inquinamento del suolo con prodotti disinfettanti difficili da smaltire.
In più occasioni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e altre autorità sanitarie avevano consigliato di pulire accuratamente ogni superficie, di disinfettare gli oggetti portati dall’esterno in casa, comprese frutta e verdura. Il consiglio di attuare queste precauzioni derivava dalle conoscenze disponibili all’epoca sul SARS-CoV-2, in una fase in cui non era ancora completamente chiaro se la sua principale via di trasmissione fossero le superfici o l’aria. A distanza di qualche mese, e grazie a studi condotti in diverse parti del mondo, è ormai diventato evidente che la principale via di contagio sia aerea, e che i rischi di contrarre il coronavirus toccando una superficie siano bassi e tali da consentire di ridurre gli sforzi per disinfettare qualsiasi cosa, a patto di mantenere le normali buone pratiche per l’igiene.
Un sottile involucro
Il materiale genetico del SARS-CoV-2 è contenuto all’interno di un involucro costituito da lipidi (grassi) e proteine, alcune delle quali impiegate dal virus per legarsi alle membrane delle nostre cellule, eluderne le difese e sfruttare poi quest’ultime per replicarsi e portare avanti l’infezione. Il coronavirus può depositarsi sulle superfici per via diretta, per esempio se un infetto contagioso tossisce o starnutisce vicino a un oggetto, oppure indirettamente nel caso in cui lo stesso tocchi una superficie con la mano dopo averci tossito dentro e poi qualcun altro vi entri in contatto toccandosi poi la faccia (da qui il consiglio di tossire e starnutire nella piega del gomito).
Come in altri virus respiratori, anche l’involucro del coronavirus è poco resistente e si degrada velocemente nell’ambiente esterno, specialmente se entra in contatto con prodotti per la pulizia delle superfici, che contengono sostanze che sciolgono i grassi. L’eventualità di entrare in contatto con qualcosa di appena contaminato, come una maniglia, e di toccarsi successivamente la faccia è piuttosto rara e implica che avvenga in tempi brevi rispetto all’avvenuta contaminazione, senza contare che al di sotto di una certa concentrazione virale il contagio avviene difficilmente.
Superfici
Per questo motivo, i ricercatori ritengono che il rischio di contrarre il SARS-CoV-2 dalle superfici sia basso, se confrontato con quello di entrarvi in contatto diretto per via aerea, attraverso le piccole gocce di saliva emesse da un individuo contagioso parlando, tossendo e talvolta semplicemente respirando. In generale, si rischia molto di più il contagio rimanendo in ambienti chiusi e scarsamente ventilati con altre persone senza indossare le mascherine, rispetto a qualsiasi altro scenario in cui si è da soli in un ambiente con superfici potenzialmente contaminate.
Attualmente non è comunque chiaro quale sia la proporzione di contagi dovuti alle superfici contaminate, rispetto a quelli derivanti dalla trasmissione per via aerea. Il contagio tramite le superfici è difficile da dimostrare con certezza, perché in molti casi non si possono escludere altre fonti più probabili, come eventuali contatti con individui contagiosi ma asintomatici.
Nell’ultimo anno alcuni ricercatori hanno provato a calcolare il rischio di contagio tramite le superfici, ottenendo risultati da prendere con qualche cautela. Hanno stimato che in generale ogni contatto con una superficie contaminata comporti un rischio di 1 a 10mila di essere contagiati. Studi di questo tipo potranno offrire valutazioni più chiare in futuro, grazie alla raccolta di un maggior numero di dati nei modelli per fare le previsioni.
I ricercatori ritengono inoltre che la concentrazione di coronavirus sulle superfici all’esterno sia minore, rispetto a quelle che si trovano all’interno. Ciò dipende dal fatto che pioggia, vento, sbalzi di temperature e luce solare fanno degradare più velocemente le particelle virali, rendendole meno contagiose. Una ricerca ha inoltre rilevato come il frequente lavaggio delle mani riduca sensibilmente il rischio di trasmissione del SARS-CoV-2 tramite le superfici, mentre la sanificazione delle stesse un paio di volte al giorno non sembra influire più di tanto sulla riduzione dei rischi.
Resistenza
Un altro aspetto da tenere in considerazione, e sul quale nei primi mesi della pandemia si era discusso molto, è la capacità dell’attuale coronavirus di resistere all’esterno degli organismi. In linea di massima, maggiore è questa capacità più aumentano i rischi di toccare superfici contaminate. Le ricerche svolte finora hanno rilevato che il SARS-CoV-2 resiste meglio sulle superfici dure e non porose, disgregandosi lentamente nel corso di giorni e talvolta settimane. Sulle superfici porose la durata sembra essere invece molto inferiore e compresa tra pochi minuti e qualche ora.
È stato stimato che una riduzione del 99 per cento della contagiosità del SARS-CoV-2 e di altri coronavirus avvenga in 72 ore in ambienti chiusi, su superfici come acciaio, plastica e vetro. Il problema è che gli esperimenti per determinare queste circostanze sono di solito condotti in laboratorio, in condizioni spesso lontane da quelle reali. Test di questo tipo rendono inoltre difficile sperimentare diverse quantità di carica virale sugli oggetti, che si tradurrebbero in maggiori o minori rischi di contagio a seconda dei casi.
Pulizia
In linea generale, sia i normali detergenti per la casa sia i disinfettanti riducono il rischio, già basso, di trasmissione tramite le superfici. Molto dipende da come viene effettuata la pulizia, con quali prodotti e con che frequenza. Al momento non sono stati pubblicati studi verificati sull’efficacia dei normali detergenti nel rendere innocuo il SARS-CoV-2, ma dalle ricerche condotte su altri virus e dalle conoscenze sugli effetti dei detergenti si può concludere che una normale e accurata pulizia delle superfici rimuova tra il 90 e il 99,9 per cento di virus e batteri. La maggior parte dei detergenti scioglie l’involucro lipidico dei coronavirus, esponendo il materiale genetico virale all’ambiente esterno e facendolo degradare velocemente.
Convivenza con un contagioso
L’impiego di prodotti disinfettanti è comunque consigliabile nel caso in cui ci sia una persona infetta e contagiosa in casa, che potrebbe trasmettere il coronavirus a qualcun altro. Ma ci sono altri importanti accorgimenti da adottare: isolare il più possibile la persona contagiosa, utilizzare sempre la mascherina, evitare contatti fisici e aerare di frequente tutti gli ambienti. Lavarsi spesso e bene le mani in questo caso diventa una pratica ulteriormente importante, e che deve essere seguita da tutti i conviventi, compresa la persona infetta.
Esterno
Per quanto riguarda gli ambienti esterni, le ricerche condotte finora hanno rilevato una minore utilità nelle attività di sanificazione rispetto a quelli domestici con individui contagiosi. Il rischio di contagio all’esterno dalle superfici è basso rispetto a quello da contatto diretto con droplet e aerosol. Il lavaggio periodico con i detergenti è comunque consigliato per ridurre ulteriormente eventuali rischi, specialmente sulle superfici che vengono costantemente toccate come maniglie, pulsantiere degli ascensori o sostegni sui mezzi pubblici. Nel caso in cui ci sia stato un caso sospetto o confermato in un ambiente chiuso, l’impiego di disinfettanti nelle ore successive può contribuire a una riduzione del rischio.
Le nuove indicazioni dei CDC, e più in generale ciò che dicono diverse ricerche pubblicate negli ultimi mesi, possono apparire in contraddizione con i consigli e le valutazioni diffuse all’inizio della pandemia dalle autorità sanitarie e potrebbero indurre ad avere meno fiducia in queste ultime. È bene ricordare che le conoscenze a disposizione nei primi mesi della pandemia erano molto più limitate delle attuali, e che di conseguenza si applicavano maggiori precauzioni per ridurre i rischi. La ricerca scientifica procede per graduali e parziali scoperte, che combinate insieme, analizzate e ridiscusse portano a conclusioni più solide, fino a quando vengono confermate o smentite da nuove ricerche.
In breve
Il contagio tramite superfici con SARS-CoV-2 è possibile, ma sulla base degli studi condotti finora non è la principale via di trasmissione del coronavirus, e in generale il rischio è considerato basso. La trasmissione aerea tramite droplet e aerosol, specialmente in ambienti chiusi, è la principale via con cui si diffonde il coronavirus. La pulizia delle superfici con i normali detergenti per la casa è sufficiente per ridurre i rischi, mentre l’impiego dei disinfettanti è consigliabile nel caso in cui si stia convivendo con una persona infetta. Lavarsi le mani, indossare la mascherina e mantenere il distanziamento fisico sono buone pratiche da seguire per ridurre sempre i rischi.