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  • Sabato 24 aprile 2021

Joe Biden ha riconosciuto il genocidio degli armeni

Ha fatto una dichiarazione importante dal punto di vista simbolico, pur sapendo che porterà nuove complicazioni nel già difficile rapporto tra Stati Uniti e Turchia

Una cerimonia in memoria delle vittime del genocidio degli armeni presso il monumento di Yerevan, in Armenia, che le ricorda, il 24 aprile 2021 (Grigor Yepremyan/PAN Photo via AP, La Presse)
Una cerimonia in memoria delle vittime del genocidio degli armeni presso il monumento di Yerevan, in Armenia, che le ricorda, il 24 aprile 2021 (Grigor Yepremyan/PAN Photo via AP, La Presse)

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha usato per la prima volta la parola “genocidio” per parlare del massacro della popolazione armena compiuto dall’impero ottomano tra il 1915 e i primi anni Venti. Lo ha fatto sabato, con una dichiarazione preparata in occasione del 106esimo anniversario dell’inizio del genocidio: «Ogni anno» ha detto «in questo giorno ricordiamo le vite di tutti quelli che morirono nel genocidio armeno dell’epoca ottomana e ribadiamo il nostro impegno a impedire che atrocità simili accadano di nuovo».

Nessun altro presidente americano in carica lo aveva riconosciuto in via ufficiale; prima di lui, soltanto Ronald Reagan aveva citato il «genocidio degli armeni» in un passaggio di un documento sull’Olocausto, nel 1981, ma in seguito non vi aveva più fatto riferimento.

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La decisione di Biden di definire quello degli armeni un genocidio è soprattutto simbolica, ma potrebbe avere grosse conseguenze: da oltre un secolo la Turchia, erede dell’impero ottomano, si rifiuta infatti di riconoscere il genocidio degli armeni, e reagisce in maniera piuttosto aggressiva contro i paesi che lo fanno. Quarant’anni fa si era lamentata anche dell’accenno fatto da Reagan e nei giorni scorsi – quando già era stato anticipato che Biden avrebbe usato la parola “genocidio” – il ministero degli Esteri turco aveva  fatto sapere che il riconoscimento sarebbe stato considerato un affronto.

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La maggior parte degli storici non turchi concorda ormai da tempo sul fatto che il massacro sistematico degli armeni sia stato a tutti gli effetti un genocidio. Il governo turco ammette che ci siano stati dei massacri, anche di civili, ma li inquadra nel contesto confuso e violento della Prima guerra mondiale, insiste sul fatto che anche molti turchi furono uccisi in quel periodo, e nega categoricamente che sia avvenuto un genocidio.

L’attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan è il leader turco arrivato più vicino a un riconoscimento delle sofferenze subite dagli armeni, perché nel 2014 offrì le sue condoglianze per i massacri, ma la posizione del governo rimane fermamente negazionista sul genocidio. Il codice penale turco prevede delle pene per i giornalisti e gli scrittori che usano il termine “genocidio” in riferimento agli armeni e i libri di scuola turchi negano che sia accaduto.

Ormai da anni il movimento per riconoscere il genocidio degli armeni a livello internazionale ha preso sempre più forza. In tutto, secondo l’Armenian National Institute che ha sede a Washington, sono 30 i paesi del mondo che hanno riconosciuto il genocidio, Italia compresa, grazie a risoluzioni dei loro parlamenti. Da parte sua l’ONU, pur essendo parzialmente responsabile della diffusione del concetto di “genocidio”, non ha mai preso posizione sui massacri subiti dagli armeni, sostenendo di non potersi esprimere su fatti avvenuti trent’anni prima della sua fondazione, nel 1945, e su cui dunque non ha potuto indagare direttamente.

Nel 2019 sia la Camera sia il Senato americani avevano approvato a larga maggioranza una mozione per il riconoscimento del genocidio. In quel periodo c’era tensione tra la Turchia e gli Stati Uniti perché dopo il ritiro delle truppe americane dal territorio siriano allora sotto il controllo dei curdi, deciso da Trump, la Turchia aveva avviato delle operazioni militari nella regione.

Le relazioni tra Stati Uniti e Turchia sono tuttora abbastanza complicate, tanto che Biden ha aspettato più di tre mesi prima di fare la sua prima telefonata da presidente a Erdoğan. Tra le altre cose gli Stati Uniti sono critici rispetto al modo in cui l’opposizione e i giornalisti vengono trattati in Turchia, mentre la Turchia vorrebbe che gli Stati Uniti permettessero l’estradizione del religioso Fethullah Gülen, che vive in Pennsylvania dagli anni Novanta ed è accusato di aver organizzato il tentato colpo di stato in Turchia del 2016.

Negli ultimi anni poi la Turchia si è avvicinata alla Russia, cosa che ha ulteriormente inasprito la relazione con gli Stati Uniti. Dopo la decisione di Biden sul genocidio armeno, la situazione tra i due paesi potrebbe peggiorare ulteriormente: la Turchia è un paese membro della NATO e potrebbe, per esempio, decidere di limitare la possibilità per l’esercito americano di usare le basi sul suo territorio, essenziali per le operazioni in Medio Oriente, oppure organizzare qualche altro tipo di ritorsione politica, economica o diplomatica.

Negli Stati Uniti vivono circa due milioni di armeni-americani, che sono in maggioranza discendenti degli armeni sopravvissuti al genocidio. In passato i presidenti americani avevano sempre dedicato delle parole agli armeni in occasione del 24 aprile – chiamato “Giorno del Ricordo per il genocidio armeno” – senza però usare la parola “genocidio”. Barack Obama aveva promesso che lo avrebbe fatto durante la campagna elettorale del 2008, ma poi nei suoi due mandati da presidente aveva solo usato le parole «tragedia», «atrocità di massa» e «orrore».

Biden a sua volta aveva promesso che avrebbe riconosciuto il genocidio degli armeni durante la campagna elettorale, quando peraltro aveva definito Erdoğan «un autocrate», e ha mantenuto la parola.

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