Cosa ci dice della Libia l’improvvisa morte del presidente del Ciad
Che è uno stato fallito e responsabile del rafforzamento di molti gruppi armati nel Sahel, come quello che ha ucciso Idriss Déby
Martedì l’esercito del Ciad ha annunciato inaspettatamente la morte del presidente ciadiano Idriss Déby, che poche ore prima era stato dichiarato vincitore delle elezioni che gli avrebbero dovuto garantire il suo sesto mandato consecutivo. Secondo l’esercito, Déby sarebbe stato ucciso in un attacco compiuto nel nord del paese da un gruppo di ribelli che stava tentando di raggiungere la capitale N’Djamena e rovesciare il regime autoritario trentennale del presidente, che negli ultimi anni aveva stretto rapporti di collaborazione con alcuni paesi occidentali in funzione antiterrorismo.
L’accaduto sta avendo enormi conseguenze per il Ciad – è in corso uno scontro tra i militari e l’opposizione sulla successione di Déby – ma è importante anche per un’altra ragione.
Il gruppo di ribelli accusato della morte di Déby, il Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad (FACT), ciadiano, è entrato in Ciad da nord, dalla Libia, paese nel quale ha combattuto per anni acquisendo moltissime armi, denaro e competenze di guerra. «I ribelli hanno usato la caotica guerra libica per prepararsi alla propria campagna in Ciad», ha scritto il giornalista Declan Walsh sul New York Times; si sono comportati quindi come moltissimi altri gruppi, più o meno radicali, prodotti o rafforzati dal recente fallimento dello stato libico e responsabili della forte instabilità che ha colpito la regione del Sahel negli ultimi anni.
La storia del FACT in Libia è particolare, ma allo stesso tempo simile a quella di altri gruppi provenienti dai paesi vicini che hanno partecipato alla guerra.
Il FACT nacque dalla divisione di un gruppo ribelle ciadiano chiamato Union des forces pour la démocratie et le développement (UFDD) e appoggiato dal Sudan. Prima del 2010, anno in cui Déby strinse un accordo di pace col presidente sudanese Omar al Bashir, diversi gruppi di ribelli ciadiani, tra cui l’UFDD, avevano la loro base nella regione del Darfur, in Sudan, dove ricevevano finanziamenti e armi dal regime sudanese. Dopo l’accordo, molti di loro furono costretti a spostarsi e andarono in Libia, dove nel frattempo era iniziata la guerra civile.
Le fazioni libiche iniziarono a fare sempre più affidamento su gruppi di mercenari provenienti da altri paesi africani e i ciadiani, grazie alla loro reputazione di abili combattenti del deserto, divennero particolarmente richiesti.
Il FACT fu fondato nel 2016 da Mahdi Ali Mahamat, ribelle con moltissima esperienza. Fin da subito il gruppo fu impegnato nella guerra libica e si schierò a fianco delle influenti milizie di Misurata. Il FACT operava per lo più dalla base aerea di Jufra, nella Libia centrale, che sarebbe poi stata usata anche per far entrare nel paese i mercenari russi (quelli del gruppo Wagner, le cui attività sono state oggetto di diverse inchieste giornalistiche) e le moltissime armi provenienti dagli Emirati Arabi Uniti. Quando nel 2017 le forze del maresciallo Khalifa Haftar conquistarono Jufra togliendola dal controllo delle milizie di Misurata, il FACT non se ne andò dalla base e strinse invece un accordo tacito di non aggressione con Haftar.
Jerome Tubiana, analista esperto di Ciad, ha detto ad al Jazeera che a quel punto il FACT si ritrovò “bloccato tra due fuochi”, visto che Haftar era alleato del governo del Ciad (nemico del FACT), oltre che della Francia: «Sembra però che gradualmente [il FACT] sia riuscito a ottenere un importante appoggio militare da Haftar», ha detto Tubiana. Haftar di fatto armò il gruppo, dandogli armi pesanti e avanzate per combattere le milizie nemiche e poi permettendogli di mantenerle.
A ottobre 2020, dopo il fallimento della grande offensiva militare di Haftar per la conquista di Tripoli, le fazioni libiche si accordarono per un cessate il fuoco che continua ancora oggi, anche se tra parecchie violazioni. Molti combattenti ciadiani decisero allora di tornare in Ciad per rilanciare l’offensiva contro il regime di Déby in vista delle elezioni presidenziali del 2021: secondo diversi analisti, tra cui Cameron Hudson, ex funzionario del dipartimento di Stato americano, i ribelli si portarono con sé le armi ottenute in Libia e alcuni mezzi corazzati che gli Emirati Arabi Uniti avevano donato al maresciallo Haftar.
Secondo le ricostruzioni dei media locali, il FACT sarebbe rientrato in Ciad dalla Libia l’11 aprile, il giorno delle elezioni presidenziali. Durante la settimana successiva sarebbe riuscito a conquistare una provincia settentrionale, fino ad arrivare ad alcune centinaia di chilometri dalla capitale N’Djamena. Ci sarebbero stati duri scontri tra il gruppo e l’esercito, nei quali secondo i militari sarebbero stati uccisi 300 ribelli. Negli scontri sarebbe stato ucciso anche Déby: così almeno dice l’esercito, anche se per il momento non ci sono informazioni certe o dettagliate su come sia morto il presidente.
Non si hanno informazioni certe nemmeno su quello che sta succedendo ora. Da mercoledì, il giorno dopo l’uccisione di Déby, nella capitale ciadiana si è iniziato a temere l’arrivo dei ribelli, che hanno minacciato di marciare per le strade di N’Djamena questo fine settimana. Non è chiaro se il FACT riuscirà a raggiungere N’Djamena, perché non ci sono certezze su come siano andati gli scontri tra il gruppo e i militari ciadiani, e non si sa nemmeno con precisione quanto lontani siano i miliziani dalla capitale.
Al di là di come finirà la crisi, molti analisti sono concordi nel considerare quanto successo una conseguenza della guerra civile libica, che ha provocato il proliferare di gruppi armati, i quali nel corso degli anni si sono notevolmente rafforzati. Il fallimento dello stato libico, e la sua incapacità di controllare territorio e confini, hanno permesso inoltre a questi gruppi di spostarsi liberamente dentro e fuori la Libia, tornando praticamente indisturbati nei loro paesi di provenienza, più forti di prima. Alcuni si sono resi responsabili di attacchi terroristici di matrice islamista, altri, come il FACT, sono tornati a combattere con l’obiettivo di rovesciare i governi dei loro paesi.