Da dove viene Annalena Baerbock
La candidata cancelliera dei Verdi tedeschi, semi-sconosciuta fino a poco tempo fa, ha una storia particolare e grandi ambizioni di prendere il posto di Angela Merkel
Fino a tre anni fa Annalena Baerbock era una semi-sconosciuta parlamentare dei Verdi nota per lo più fra gli attivisti. Oggi è la candidata cancelliera del partito alle prossime elezioni politiche in Germania, che si terranno a settembre e grazie alle quali – secondo alcuni osservatori – potrebbe riuscire a diventare vice-cancelliera o persino cancelliera.
La sua rapida ascesa, che molti hanno attribuito a particolari qualità personali e politiche, è avvenuta in parallelo a una definitiva consacrazione dei Verdi, che i sondaggi stanno dando al loro picco storico di consensi.
Una eventuale vittoria di Baerbock e del suo partito avrebbe un significato ancora più ampio: «Se i Verdi si affermeranno nel paese più grande e ricco d’Europa, sarà un momento storico per tutto il continente», ha scritto il New York Times.
Baerbock e il partito dei Verdi tedeschi sono nati nello stesso anno, il 1980.
I Verdi nacquero coagulando una serie di movimenti legati a una sinistra nuova, più vicina all’attivismo contro l’energia nucleare e le guerre in Medio Oriente che al partito egemone dei progressisti tedeschi, i Socialdemocratici. Anche Baerbock crebbe nello stesso ambiente: i suoi genitori, un ingegnere meccanico e un’assistente sociale, vivevano in una vecchia fattoria a Schulenburg, una cittadina della Sassonia nei pressi di Hannover: in un articolo per il New Statesman, Jeremy Cliffe, ex corrispondente dell’Economist a Berlino, ha raccontato che il contesto era simile a quello di una famiglia hippie.
– Leggi anche: Berlino non può impedire l’aumento degli affitti
I genitori di Baerbock la portavano spesso alle manifestazioni contro il governo repubblicano di Ronald Reagan e contro i depositi di scorie delle centrali nucleari. «Alle manifestazioni c’erano anche i cannoni ad acqua, ma poi tornavamo a casa e mangiavamo una torta», ha ricordato di recente Baerbock.
Dopo aver finito il liceo, studiò scienze politiche ad Amburgo e alla London School of Economics, una prestigiosa università che ha formato moltissimi funzionari e politici europei. Durante l’anno a Londra si unì ai Verdi, e poco dopo si trasferì a Bruxelles per lavorare come assistente dell’europarlamentare Elisabeth Schroedter.
Più o meno negli stessi anni, anche il partito stava attraversando una prima trasformazione rispetto ai propri inizi. Alle elezioni del 1998 i Verdi ottennero il 6,7 per cento dei voti, e grazie al successo dei Socialdemocratici entrarono nella coalizione di governo come secondo partito, ottenendo anche l’incarico di vice-cancelliere per il segretario Joschka Fischer. L’anno successivo Fischer riuscì a convincere l’assemblea del partito ad approvare il coinvolgimento della Germania nella missione NATO in Kosovo. «Fu un punto di svolta: i Verdi dimostrarono di essersi trasformati da partito di protesta in una forza che poteva confrontarsi con le scelte complesse che sono richieste a chi detiene il potere», ha scritto Cliffe.
I vent’anni successivi servirono al partito per consolidare la propria posizione, complice anche una sempre maggiore attenzione ai temi della sostenibilità ambientale, soprattutto nei paesi del Nord Europa, e il lento sgretolamento dei consensi dei Socialdemocratici.
L’Economist ha notato che oggi i Verdi sono diventati «un partito istituzionale e di governo, parte della coalizione di maggioranza in 11 stati su 16, espressione di una lunga lista di ministri e con rapporti con quasi tutti gli altri partiti».
Questo non significa che i Verdi abbiano rinunciato alle proprie battaglie storiche. Il partito è molto radicato sul territorio e ha un’ala interna più movimentista e affine allo spirito originario, che a volte riesce ancora a imporsi. Nella piattaforma politica nazionale, per esempio, i Verdi si dicono contrari ad aumentare le spese militari fino al 2 per cento del PIL, un impegno preso da tutti i paesi della NATO.
L’ala più moderata e pragmatica – europeista, progressista sui temi economici ma attenta alle istanze delle aziende, e saldamente filo-occidentale in politica estera – al momento resta comunque maggioritaria: all’ultimo congresso del 2018 era riuscita ad esprimere entrambi i segretari del partito. All’epoca Robert Habeck era vice primo ministro dello stato settentrionale del Schleswig-Holstein, e un ospite fisso nei talk show televisivi della sera. Per bilanciare il suo profilo era stata scelta Baerbock, eletta in Parlamento nel 2013 e con estesi contatti con l’ala sinistra del partito, nonostante facesse parte dell’ala pragmatica. Fra i due quello destinato a fare carriera e diventare il candidato cancelliere sembrava Habeck, ma da allora sono cambiate molte cose.
Per prima cosa Baerbock sembra più allineata di Habeck con le esigenze di una parte di elettorato desiderosa di un cambiamento, dopo 16 anni di Angela Merkel.
Baerbock ha appena 40 anni (lo Spiegel nota che la sua età è molto ricercata su Google), e nonostante non abbia mai ricoperto un ruolo esecutivo ha già dimostrato di essere molto credibile sui temi storici dei Verdi, combinando un pragmatismo non comune con uno stile retorico particolarmente efficace.
L’Economist scrive che Baerbock «riesce a padroneggiare i dettagli e adottare un atteggiamento assertivo, usando allo stesso tempo un tono di rassicurante centrismo». Ulrich Schulte, giornalista politico del quotidiano Die Tageszeitung e autore di un libro sui Verdi tedeschi, l’ha paragonata a Hermione Granger, il personaggio della saga di Harry Potter più in gamba e studioso fra i protagonisti. Già nel 2019 Baerbock superò Habeck in quanto a ospitate televisive, tanto che qualcuno la soprannominò «la regina dei talk show».
– Leggi anche: Perché QAnon va forte in Germania
Ormai da due anni Baerbock sta provando a usare un linguaggio più inclusivo e meno accusatorio, per esempio con chi possiede più di una macchina o nei confronti delle moltissime persone che ancora lavorano nelle centrali a carbone tedesche. Da qualche tempo ha introdotto nei suoi discorsi anche il concetto di heimat, un termine traducibile un po’ grossolanamente con “patria” e che fino a poco fa era patrimonio esclusivo dell’estrema destra.
Non è ancora chiaro se questi sforzi saranno sufficienti per allargare la base elettorale dei Verdi, che finora comprende soprattutto gli abitanti delle grandi città. Al momento la CDU, il partito di centrodestra di Merkel, nonostante molte tensioni interne conserva ancora circa quattro punti di vantaggio nei sondaggi.