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  • Mercoledì 21 aprile 2021

Perché la condanna di Derek Chauvin è importante

Perché ha riguardato un poliziotto, e non era scontato, e per tutte le conseguenze provocate dall'uccisione di George Floyd

(AP Photo/Julio Cortez)
(AP Photo/Julio Cortez)

Martedì il poliziotto statunitense Derek Chauvin è stato dichiarato colpevole per la morte di George Floyd, l’uomo afroamericano ucciso il 25 maggio del 2020 poco dopo il suo arresto a Minneapolis, in Minnesota. Il processo contro Chauvin, il cui esito non era scontato, era seguito dai giornali nazionali e internazionali perché la morte di Floyd, ripresa con un video circolato moltissimo sui social network e le tv, aveva innescato manifestazioni in tutti gli Stati Uniti contro gli abusi della polizia, diventate in breve tempo proteste sempre più ampie contro le violenze e le discriminazioni nei confronti delle persone nere.

Sono stati molti nelle ultime ore a commentare e a spiegare la sentenza, e la sua enorme importanza nel breve e nel medio termine.

Anzitutto c’è da tenere a mente che il processo a Chauvin è stato così importante proprio per l’esposizione mediatica che ha ricevuto, superiore a quella riservata a casi simili avvenuti in precedenza, come gli omicidi di Trayvon Martin o di Breonna Taylor. Hanno contribuito senza dubbio il fatto che alla Casa Bianca ci fosse Donald Trump, noto per le sue posizioni razziste e l’ostilità nei confronti dei movimenti per i diritti civili, e che ci fosse un video dell’omicidio, che per quasi dieci minuti mostrava Chauvin premere il ginocchio contro il collo di Floyd.

Negli ultimi mesi milioni di persone hanno partecipato a manifestazioni contro la morte di Floyd e contro gli abusi della polizia, e martedì la notizia della condanna di Chauvin è stata celebrata in moltissime città americane, oltre che raccontata da decine di media internazionali. «Sapere che esiste una giustizia per gli afroamericani, per le persone di pelle scura, è una cosa enorme, storica. È stato un momento fondamentale per la storia umana», ha detto Philonise Floyd, fratello di George Floyd.

Il noto attivista per i diritti degli afroamericani, il reverendo Al Sharpton, piange poco dopo la condanna di Chauvin (AP Photo/John Minchillo)

Il giorno dopo la sentenza il procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, ha detto che è stata aperta un’indagine federale sul comportamento di tutta la polizia di Minneapolis: lo scopo è capire se gli attuali sistemi usati dalla polizia di Minneapolis sono efficaci, legali e costituzionali, e come vengono trattate le persone che hanno disabilità comportamentali. Se verrano scoperte pratiche illegali, Garland ha promesso di pubblicare un rapporto pubblico e di aprire una causa civile.

Un altro elemento che ha distinto il caso di Floyd da casi simili precedenti è stata la reazione delle istituzioni, molte delle quali si sono esplicitamente messe dalla parte di Floyd.

Chauvin e i tre agenti che avevano collaborato all’arresto di Floyd erano stati licenziati dal corpo di polizia di Minneapolis il giorno successivo all’accaduto, e nel giro di tre giorni Chauvin era stato arrestato con l’accusa di omicidio (era poi uscito temporaneamente dal carcere dietro il pagamento di una cauzione da un milione di dollari).

Il caso di Chauvin è stato gestito direttamente dal procuratore generale del Minnesota, Keith Ellison, che secondo il New York Times «ha costruito la tesi più ambiziosa ed esaustiva nella storia dei processi per omicidio contro un poliziotto». La ricostruzione è stata affidata ad alcuni degli avvocati più famosi dello stato, fra cui diversi che hanno lavorato gratis, e corroborata da decine di testimonianze, grafici, tabelle.

– Leggi anche: La ricostruzione dell’uccisione di George Floyd

Fra i testimoni chiamati dall’accusa, un po’ a sorpresa, c’è stato anche il capo del dipartimento di polizia di Minneapolis, Medaria Arradondo: in uno dei momenti cruciali del processo, Arradondo ha spiegato che Chauvin aveva «certamente» violato il regolamento interno della polizia, e che «una volta che Floyd aveva smesso di resistere, [Chauvin] avrebbe dovuto fermarsi». Diversi giornali americani hanno sottolineato quanto sia raro che il capo della polizia critichi apertamente l’operato di un suo agente.


Nonostante la montagna di prove e testimonianze contro Chauvin e la qualità dell’accusa, la sentenza era tutt’altro che scontata. «Se devo essere sincera, non mi sarei mai aspettata che lo condannassero», ha detto al Wall Street Journal Amarachi Bruce, una studentessa universitaria di 18 anni che ha seguito la lettura del verdetto ad Atlanta, in Georgia, a poca distanza dal luogo dell’omicidio di un altro uomo afroamericano, Rayshard Brooks, da parte di un poliziotto.

Le leggi americane sono molto permissive sull’uso della violenza da parte delle forze dell’ordine, che peraltro in certe città e stati godono di un’autorevolezza ancora molto alta, soprattutto nella comunità bianca. Secondo una statistica citata da Vox, soltanto 7 agenti di polizia sono stati incriminati per omicidio dal 2005 ad oggi, nonostante ogni anno negli Stati Uniti si registrino un migliaio di omicidi compiuti dalla polizia.

Secondo Jack Rice, un avvocato penalista che lavora nella zona di Minneapolis sentito da BBC News, la condanna di Chauvin «avrà un impatto sia sui casi che arriveranno in tribunale sia, cosa più importante, sul comportamento degli agenti di polizia in servizio», dato che ha dimostrato che il loro comportamento «non è al di sopra della legge».

Non tutti però sono d’accordo. Il Washington Post racconta che diversi attivisti per i diritti degli afroamericani temono che la condanna di Chauvin possa convincere politici e persone meno interessate al tema che il sistema giudiziario abbia funzionato, e che quindi, per esempio, non sia necessaria una riforma dei metodi utilizzati dalla polizia. «Le persone proveranno a usare questo episodio per sostenere che siamo guariti dal razzismo senza fare nulla di concreto per andare alle radici del problema», spiega Abdul Aliy Muhammad, un attivista di Philadelphia per i diritti delle minoranze etniche.

Il Washington Post ha notato che nonostante l’attuale presidente Joe Biden sia stato in stretto contatto con la famiglia di Floyd e abbia celebrato la condanna di Chauvin, Biden rimane restio a cambiare le regole dell’ostruzionismo parlamentare che consentirebbero di approvare una più ampia riforma della giustizia.

Alexandria Ocasio-Cortez, una delle leader dell’ala sinistra del Partito Democratico, ha commentato su Twitter che «non può definirsi come una forma di giustizia» il fatto che «una famiglia abbia dovuto perdere un figlio, un fratello e un padre, che una ragazza abbia dovuto girare e diffondere il video di un omicidio, che milioni di persone abbiano dovuto scendere in piazza solo perché ci si accorgesse di George Floyd. E questo verdetto non può sostituire un intervento legislativo».