L’attesa per il verdetto su Derek Chauvin
Accusa e difesa hanno chiuso le arringhe finali al processo per la morte di George Floyd: ora deve decidere la giuria
Lunedì 19 aprile si sono tenute le arringhe finali dell’accusa e della difesa nel processo a Derek Chauvin, uno dei poliziotti incriminati per la morte George Floyd, l’uomo afroamericano ucciso il 25 maggio del 2020 durante un arresto a Minneapolis, in Minnesota. Chauvin è accusato di omicidio involontario di secondo grado, che prevede una pena massima di 40 anni di carcere, di omicidio colposo (pena massima 10 anni) e di omicidio di terzo grado (pena massima 25 anni). L’esito del processo è molto atteso perché la morte di Floyd aveva generato manifestazioni in tutti gli Stati Uniti, che erano diventate in breve tempo proteste sempre più ampie contro le violenze, gli abusi e le discriminazioni nei confronti delle persone nere.
Lunedì, dopo gli interventi di accusa e difesa, la giuria si è ritirata in un hotel di Minneapolis per deliberare: potrebbero essere necessari alcuni giorni. Nel frattempo in città sono state rinforzate le misure di sicurezza intorno al tribunale dove si è svolto il processo ed è stato deciso che, in attesa del verdetto, tutte le scuole pubbliche di Minneapolis chiuderanno e attiveranno la didattica a distanza.
Da giorni le proteste legate al processo si sono aggiunte a quelle per l’uccisione di Daunte Wright, un ragazzo nero morto durante un fermo di polizia perché un’agente, secondo la polizia locale, avrebbe scambiato la sua pistola per un taser.
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Il processo contro Derek Chauvin era iniziato il 29 marzo e durante il procedimento sono stati sentiti 45 testimoni. Floyd era stato arrestato con violenza il 25 maggio del 2020, benché fosse disarmato. Nei video dell’arresto girati dalle telecamere di sorveglianza e dai passanti si vedeva Chauvin premere con il ginocchio sul collo di Floyd per più di nove minuti: anche dopo che Floyd aveva perso coscienza, gli agenti non lo avevano soccorso. Floyd era morto poco dopo essere stato portato in ospedale.
L’autopsia aveva stabilito che la morte di Floyd era stata un omicidio e che il cuore e i polmoni dell’uomo avevano smesso di funzionare mentre veniva «tenuto fermo» dalla polizia. Il rapporto sull’autopsia aveva segnalato che Floyd aveva pregressi problemi cardiaci e aveva assunto metanfetamine e fentanyl prima della morte, e aveva indicato come causa della morte un «arresto cardiopolmonare avvenuto come complicazione del blocco, della sottomissione e della compressione del collo da parte delle forze dell’ordine».
Nella sua arringa finale, durata quasi tre ore, Eric J. Nelson, l’avvocato di Chauvin, ha cercato di contestare il risultato dell’autopsia dei medici legali sostenendo che alla morte di Floyd avrebbero contribuito i farmaci oppiacei che l’uomo aveva assunto in precedenza, oltre che i suoi problemi di salute. Ha cercato poi di convincere i giurati che il video della morte di Floyd non racconterebbe l’intera storia e che dovrebbe essere inserito nel contesto: Nelson ha chiesto ai giurati di non concentrarsi soltanto sui nove minuti e 29 secondi in cui Chauvin ha premuto il ginocchio sul collo di Floyd, ma anche sui 16 minuti e 59 secondi precedenti, in cui Floyd, secondo l’avvocato, avrebbe mostrato una “resistenza attiva” nei confronti della polizia.
Nelson ha sostenuto inoltre che Chauvin era stato correttamente istruito per intervenire in casi del genere e che non aveva premuto il suo ginocchio esattamente sul collo di Floyd.
Nel ricostruire la dinamica dei fatti, Nelson ha cercato di mostrare che, dal punto di vista di Chauvin, il suo comportamento può essere definito come «ragionevole»: Chauvin non è stato il primo poliziotto a rispondere alla richiesta d’intervento e, ha detto Nelson, quando è arrivato sulla scena si è trovato con due agenti alle prime armi – Alexander Kueng e Thomas K. Lane – che cercavano di immobilizzare senza successo un uomo di grossa corporatura e potenzialmente sotto effetto di stupefacenti. In una situazione del genere, «un agente di polizia ragionevole dovrebbe fare affidamento sul proprio addestramento e sulla propria esperienza».
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Nel suo discorso finale, il procuratore Steve Schleicher ha invece detto che Floyd «non era una minaccia». «Non stava cercando di far del male a nessuno. Tutto ciò che chiedeva era un po’ di compassione. E non ne è stata mostrata alcuna, quel giorno». Ha detto che Floyd ha chiesto aiuto «con il suo ultimo respiro», ma il poliziotto non lo ha aiutato e non ha seguito le procedure. Schleicher ha inoltre ricordato che Chauvin ha mantenuto il ginocchio sul collo di Floyd anche dopo che i suoi colleghi gli avevano detto che non sentivano più il polso. «Agli scettici tra voi, come potete giustificare la continua applicazione della forza su quest’uomo anche quando non aveva più polso?», ha detto Schleicher rivolgendosi alla giuria. «[Chauvin] ha continuato a bloccarlo, ha continuato a calcare e torcere e spingere giù [Floyd] finché non ha schiacciato via la vita dal suo corpo».
Allo stesso modo, il procuratore Jerry Blackwell ha detto ai giurati: «Potete credere ai vostri occhi, signore e signori. È stato un omicidio». Mentre la difesa ha sostenuto che le condizioni cardiache di Floyd potrebbero aver contribuito alla sua morte, Blackwell ha respinto l’argomento: «Il motivo per cui il signor Floyd è morto è perché il cuore del signor Chauvin era troppo piccolo», ha detto.
Dopo gli interventi di accusa e difesa, il giudice Peter Cahill ha letto ai giurati le istruzioni: «Prendetevi il tempo necessario. Valutate attentamente le prove». Ha ricordato loro che la decisione si deve basare sulle prove e sui fatti, che tutti hanno «sentimenti, paure, stereotipi sugli altri», ma che è necessario resistere all’impulso di arrivare a un verdetto basato su uno di questi pregiudizi. «Membri della giuria, questo caso è nelle vostre mani», ha concluso. La giuria – che è composta da 9 donne e sei uomini – dovrà stabilire “oltre ogni ragionevole dubbio” se Chauvin volesse provocare consapevolmente la morte di Floyd.
Gli altri agenti incriminati per la morte di Floyd sono Thomas Lane, J. Alexander Kueng, e Tou Thao. Sono accusati di aver facilitato l’omicidio di Floyd. Lane e Kueng avevano aiutato Chauvin a tenere Floyd a terra per un certo periodo di tempo, mentre Thao aveva assistito senza fare niente. Il loro processo inizierà ad agosto.