La successione della regina Elisabetta II è un problema
E non perché non si sa cosa succederà dopo, ma per la scarsa popolarità del principe Carlo, primo erede al trono
Uno dei temi più dibattuti sulla famiglia reale britannica, e uno di quelli su cui c’è più incertezza, riguarda la successione della regina Elisabetta II. I dubbi non sono legati a quello che succederà concretamente subito dopo la sua morte, previsto per filo e per segno da un piano chiamato “Operation London Bridge”; riguardano più che altro il livello di influenza che la monarchia riuscirà a mantenere alla fine del regno di Elisabetta II, che dura dal 1952. Il principe Carlo, primo erede al trono, non gode infatti della stessa popolarità della madre, e in generale negli ultimi anni la famiglia reale è stata al centro di diversi scandali e pettegolezzi che l’hanno indebolita.
Insomma: per la monarchia britannica, la successione a Elisabetta II potrebbe diventare un problema.
Secondo un recente sondaggio dell’istituto britannico YouGov, il 77,5 per cento delle persone intervistate in Scozia, Galles e Inghilterra apprezza la figura della regina; meno della metà, però, approva Carlo, e in Scozia la percentuale di gradimento per il principe si ferma al 41 per cento. Politico ha scritto che queste differenze di gradimento dipendono sia dalla capacità di Elisabetta di mantenersi il più possibile imparziale nelle questioni politiche e di vita pubblica, sia dal modo in cui si è raccontato, ed è stato raccontato, il resto della famiglia reale negli ultimi anni.
L’episodio più recente che ha provocato grossa agitazione è stata l’intervista data dal principe Harry e dalla moglie Meghan Markle alla conduttrice Oprah Winfrey, nella quale Buckingham Palace è stato descritto come un luogo repressivo, pieno di bigottismo e gesti meschini, e soprattutto razzista: il razzismo nei confronti di Markle, figlia di un uomo bianco e di una donna nera, sarebbe stato uno dei motivi per cui la coppia ha deciso di non far più parte attivamente della monarchia e di andarsene dal Regno Unito. Durante l’intervista, il principe Harry aveva specificato che né la regina né il principe Filippo erano i responsabili dei commenti razzisti.
Un altro episodio che ha avuto conseguenze rilevanti risale a poco più di un anno prima, a fine 2019, quando il principe Andrea – il terzo figlio della regina – aveva detto che non avrebbe più partecipato a impegni pubblici per conto della famiglia reale per via del caso nato dalla sua amicizia con Jeffrey Epstein, il controverso finanziere accusato di traffico sessuale morto in carcere l’agosto precedente.
A livello mediatico negli ultimi anni ha avuto conseguenze anche la serie tv The Crown, che un membro della famiglia reale sentito da Politico e rimasto anonimo ha definito «un cazzo di disastro». Nonostante la serie abbia raccontato alcuni dei momenti più discussi del regno di Elisabetta II – come la guerra delle Falkland o il rapporto della sovrana con Diana Spencer, ex moglie di Carlo – la regina ne era uscita molto meglio rispetto al resto della famiglia reale. La serie ha indebolito in particolare Carlo per via di come è stato raccontato il suo rapporto con Diana, e lo ha esposto in particolare al giudizio degli spettatori più giovani che non avevano avuto modo di seguire le tormentate vicende della coppia prima della morte di Diana, nel 1997.
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La storica Catherine Haddon, esperta del think tank Institute for Government, si è chiesta se Carlo sarà in grado di mantenere un livello di fiducia da parte dei media e del pubblico tale da eguagliare quello tenuto dalla regina in situazioni delicate e di crisi. Cioè se sarà in grado di prendere decisioni come quella che ha preso Elisabetta II nel 2019 nel mezzo dello scontro su Brexit, quando ha dato il proprio consenso alla sospensione dei lavori del Parlamento attirandosi anche qualche critica. «Non dico per certo che lui non sarà in grado» di superare crisi come quella, ha chiarito Haddon, ma che semplicemente «dobbiamo essere consapevoli e porci questa domanda».
A differenza della regina, che ha sempre cercato di non sbilanciarsi in maniera troppo netta, in diverse occasioni Carlo ha espresso apertamente opinioni forti e personali, per esempio dichiarandosi molto favorevole alla medicina alternativa e omeopatica. Tra le altre cose, nel 2015 era stato molto criticato dopo la pubblicazione dei cosiddetti “Spider memos”, una serie di note e documenti con cui tra il 2004 e il 2005 il principe aveva fatto pressioni sul governo affinché intervenisse su temi a lui cari: come migliorare l’equipaggiamento delle truppe britanniche in Iraq.
Allo stesso tempo, secondo i critici, a Carlo mancano le capacità diplomatiche di Elisabetta, che formalmente è anche il capo di stato del Commonwealth, ovvero quei paesi che hanno fatto parte dell’Impero britannico e che hanno mantenuto legami commerciali e diplomatici col Regno Unito.
Il titolo di sovrano del Commonwealth non è ereditario, ma nel 2018 i leader dei paesi membri hanno concordato che alla morte della regina dovrà passare a Carlo, il quale avrà il delicato compito di mantenere influenza e buoni rapporti anche con gli altri 53 paesi che ne fanno parte. Secondo i critici, però, la morte di Elisabetta potrebbe spingere diversi paesi ad allontanarsi dal Commonwealth e tra le altre cose a dare un’ulteriore accelerata al movimento per l’indipendenza della Scozia, dove Carlo è già poco popolare.
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Sul futuro della monarchia pare esserci tensione anche all’interno delle diverse famiglie della casa reale, che data la sua rigida organizzazione è soprannominata anche “the Firm” (“l’azienda”). Ciascuna famiglia ha il proprio staff, composto per lo più da ex funzionari pubblici e diplomatici, e una propria strategia, per così dire: mentre lo staff che rappresenta la regina e quello che è portavoce di Carlo e Camilla spingono per una successione tradizionale della corona, lo staff che rappresenta il principe William sembra sostenere una transizione che permetta di dare un’immagine più moderna e meno istituzionale della monarchia.
Per questo, secondo fonti vicine alla famiglia reale citate da Politico, si starebbe discutendo anche di adottare una forma di successione più morbida (“soft regency”), attraverso cui Carlo possa assegnare alcuni dei suoi compiti a William, che è molto più amato dalla popolazione britannica.
Secondo il sondaggio di YouGov, infatti, in tutto il Regno Unito William ha in media il 75 per cento dei consensi, e secondo il 65 per cento delle persone intervistate per un altro sondaggio realizzato dallo stesso istituto lui e la moglie, Kate Middleton, saranno i membri della famiglia reale più influenti dei prossimi dieci anni: quelli che ritengono che invece saranno Carlo e Camilla ad avere maggiore influenza sono solo il 10 per cento. Alcuni pensano anche che William debba subito essere nominato re al posto di Carlo, ma questa è un’eventualità molto remota.
Con una “soft regency”, Carlo potrebbe mantenere le attività principali del sovrano, per esempio il tradizionale incontro settimanale col primo ministro, e lasciare a William le visite all’estero o quelle relative alle numerose organizzazioni benefiche della famiglia reale. Secondo Robert Haznell, esperto di governo e affari costituzionali dello University College di Londra, questo permetterebbe a Carlo sia di rispettare la linea di successione, sia di massimizzare la popolarità della famiglia reale e allo stesso tempo di contenere le critiche.