La storia di spie ed esplosioni dietro la crisi diplomatica tra Russia e Repubblica Ceca
C'entrano due agenti di una nota unità dell'intelligence militare russa, accusati anche dell'avvelenamento di Sergei Skripal nel 2018
Nel corso del fine settimana la Repubblica Ceca e la Russia sono state coinvolte in una grave crisi diplomatica: la Repubblica Ceca ha espulso 18 dipendenti dell’ambasciata russa a Praga e la Russia ha fatto altrettanto con 20 diplomatici cechi. Lo scontro è cominciato sabato, quando il governo ceco ha accusato una famosa unità del GRU, l’intelligence militare russa, di essere responsabile di una serie di sabotaggi, compreso quello a un deposito di munizioni che esplose il 16 ottobre del 2014 in circostanze poco chiare. A causa dell’esplosione morirono due lavoratori.
Inizialmente si era pensato che l’esplosione, avvenuta nella località di Vrbětice, fosse stata un incidente, ma nel corso dell’ultimo anno la polizia ceca ha raccolto nuove prove che mostrano che si sarebbe trattato di un sabotaggio compiuto dall’unità 29155 del GRU, la stessa accusata di aver avvelenato l’ex agente dell’intelligence Sergei Skripal e sua figlia a Salisbury, nel Regno Unito, nel 2018.
La polizia, tra le altre cose, ha fatto sapere che sta cercando due agenti con più di un passaporto, noti con diversi nomi, tra cui quelli di Alexander Petrov e Ruslan Boshirov (secondo Bellingcat, i loro veri nomi sono Alexander Mishkin e Anatoliy Chepiga): sarebbero gli stessi due agenti dell’unità 29155 che le autorità britanniche hanno accusato di aver avvelenato Skripal.
L’avvelenamento di Skripal e di sua figlia nel 2018 aveva spinto le autorità di alcuni paesi europei a rivalutare diversi casi sospetti e insoluti.
Nel caso della Repubblica Ceca, le autorità avrebbero ricostruito soltanto di recente che i due agenti Mishkin e Chepiga avevano viaggiato nel paese e che si trovavano vicino alla località del deposito di munizioni nei giorni dell’esplosione. La prova sarebbe in un’email ricevuta qualche tempo prima da Imex, la società che gestiva il deposito. Come ha scritto la BBC, l’email sembrava provenire dalla Guardia nazionale del Tajikistan e chiedeva a Imex di concedere l’accesso a due persone per un’ispezione: Ruslan Tabarov, del Tajikistan, e Nicolaj Popa, della Moldavia. Nella mail erano allegate le foto dei passaporti di queste due persone, che assomigliano in maniera piuttosto evidente a Mishkin e Chepiga.
Analizzando l’email, le autorità ceche avrebbero scoperto che era stata mandata dalla Russia e, sempre secondo BBC, che l’autore della mail usava come username “Andrey O”. Come scritto tempo fa dal New York Times, Andrey Averyanov, il capo dell’unità 29155, userebbe come pseudonimo Andrey Overyanov.
Mishkin e Chepiga, dunque, sarebbero entrati in Repubblica Ceca l’11 ottobre del 2014 usando i passaporti russi con i nomi di Petrov e Boshirov, gli stessi usati quattro anni dopo per entrare nel Regno Unito nei giorni dell’avvelenamento di Skripal, mentre avrebbero usato due ulteriori passaporti, quelli moldavo e tajiko, per ottenere l’accesso al deposito di munizioni. I due sarebbero rimasti a Praga per due giorni, poi si sarebbero spostati nella città di Ostrava, non lontano dal deposito. Il loro hotel era prenotato fino al 17 ottobre, ma il 16, giorno dell’esplosione, i due lasciarono il paese per tornare a Mosca. Come ha detto lunedì in conferenza stampa il ministro degli Esteri ceco, Jan Hamáček, è probabile che il GRU progettasse di fare esplodere le munizioni una volta arrivate in Bulgaria, ma che l’esplosione sia avvenuta prima di quanto programmato.
Non è chiaro per ora come l’esplosione sia effettivamente avvenuta e cosa l’abbia provocata.
C’è un altro elemento che collega l’esplosione all’unità 29155. Come ha detto sabato in conferenza stampa il primo ministro ceco, Andrej Babiš, l’esplosione è stata «un attacco contro un carico di munizioni che era già stato pagato e che era immagazzinato per un commerciante di armi bulgaro», che in seguito sarebbe stato vittima di un tentato omicidio. Babiš non ha rivelato l’identità del commerciante, ma secondo i giornali cechi si tratterebbe di Emilian Gebrev, un noto trafficante di armi che nel maggio del 2015 fu avvelenato dopo una cena a Sofia, la capitale della Bulgaria. Gebrev rischiò la vita ma si riprese dopo una lunga degenza in ospedale.
Le autorità bulgare accusarono il GRU e l’unità 29155 dell’avvelenamento. In particolare, tra gli agenti coinvolti nell’operazione ci sarebbe stato Denis Sergeev, che in seguito avrebbe partecipato anche all’avvelenamento di Skripal assieme a Mishkin e Chepiga.
Secondo i media locali, Gebrev in quel periodo stava rifornendo di armi di fabbricazione ceca il governo dell’Ucraina, che in quei mesi era in guerra con gruppi di ribelli sostenuti dalla Russia. Come ha scritto il New York Times, inoltre, un’altra ipotesi è che l’esplosione sia stata il tentativo di fermare l’invio di munizioni ai gruppi che in quel periodo combattevano in Siria contro il dittatore Bashar al Assad, un alleato della Russia.
L’unità 29155 avrebbe avuto circa 200 membri, di cui una ventina di agenti specializzati in missioni sensibili e pericolose all’estero, come sabotaggi e assassinii mirati. Nel corso degli anni, l’unità è stata accusata di varie operazioni in Europa, tra cui la destabilizzazione della Moldavia e il fallito colpo di stato in Montenegro, che portò al tentato omicidio del primo ministro e all’occupazione dell’edificio del Parlamento. Secondo alcuni analisti, dopo il 2018 e i fatti di Salisbury l’unità sarebbe stata dismessa.
– Leggi anche: L’unità segreta russa che vuole destabilizzare l’Europa
In risposta alle accuse del governo ceco, il ministro degli Esteri russo, domenica, ha pubblicato un comunicato in cui ha definito le accuse «assurde» e ha sostenuto che la decisione delle espulsioni dei diplomatici sarebbe stata pilotata dagli Stati Uniti.
La decisione del governo ceco di espellere 18 dipendenti dell’ambasciata russa a Praga, che sarebbero tutti membri dei servizi d’intelligence della Russia, è il più grave atto diplomatico compiuto dalla Repubblica Ceca nei confronti della Russia dalla fine della Guerra fredda – e lo stesso vale per la risposta della Russia, che domenica ha espulso 20 diplomatici dall’ambasciata ceca a Mosca. Le espulsioni sono avvenute in un momento piuttosto delicato per la diplomazia tra l’Occidente e la Russia: la settimana scorsa gli Stati Uniti avevano espulso dieci diplomatici russi e imposto nuove sanzioni come ritorsione per vari atti ostili compiuti dalla Russia, e pochi giorni dopo anche la Polonia aveva espulso tre diplomatici russi in «solidarietà» con gli Stati Uniti.
La disputa diplomatica potrebbe avere conseguenze più gravi per la Repubblica Ceca che per la Russia: secondo il ministro degli Esteri Hamáček, poiché la rappresentanza diplomatica della Repubblica Ceca in Russia è relativamente limitata, con l’espulsione di 20 dipendenti buona parte delle funzioni dell’ambasciata in Russia risulterà compromessa.
Al contrario, i dipendenti dell’ambasciata russa a Praga sono molto numerosi e averne 18 in meno non costituisce un grave danno alle attività: secondo alcuni esperti i dipendenti dell’ambasciata russa a Praga sarebbero anzi troppo numerosi, e questo perché l’ambasciata verrebbe usata come base per operazioni sotto copertura in Repubblica Ceca e in altri paesi d’Europa, come ha scritto il New York Times.
La crisi diplomatica potrebbe compromettere i rapporti tra la Repubblica Ceca e la Russia anche in altri campi. Per esempio, il primo ministro Babiš era stato un forte sostenitore dell’introduzione nel suo paese del vaccino russo Sputnik V contro il coronavirus. Lunedì però Hamáček ha detto che a questo punto l’utilizzo di Sputnik V è escluso.