Perché in Pakistan si protesta contro la Francia
C'entrano un gruppo islamista radicale, l'arresto del suo leader e le posizioni di Macron sull'Islam e sulla libertà di espressione
Nell’ultima settimana in Pakistan ci sono stati scontri violenti tra la polizia e il gruppo radicale Tehreek-e-Labiak Pakistan (TLP), molto popolare tra i sunniti pakistani per via delle sue campagne contro la blasfemia. Le manifestazioni sono state organizzate per protestare contro la Francia e contro il suo presidente, Emmanuel Macron, accusato sei mesi fa di avere difeso il diritto del settimanale francese Charlie Hebdo di pubblicare vignette satiriche sul profeta Maometto, considerate blasfeme da molte persone di religione musulmana.
Nonostante le accuse contro Macron siano vecchie, il sentimento contro i francesi di alcuni gruppi religiosi pakistani non si è mai sopito, e anzi si è riacceso negli ultimi giorni dopo l’arresto di Saad Rizvi, leader del TLP accusato di avere incitato una marcia nella capitale Islamabad per chiedere l’espulsione dell’ambasciatore francese nel paese.
Dopo l’arresto di Rizvi, avvenuto martedì, migliaia di persone si sono scontrate con la polizia in diverse città pakistane, almeno due agenti sono stati uccisi e gli arresti sono stati centinaia. I manifestanti hanno bloccato alcune importanti vie di trasporto, paralizzando diverse zone del paese. La situazione è sembrata particolarmente critica a Lahore, la seconda città più grande del Pakistan, dove i manifestanti hanno preso il controllo di un pezzo di città, ha detto un agente di polizia all’agenzia di news DPA.
Mercoledì le proteste si sono intensificate dopo che il governo pakistano ha bandito il TLP, rendendolo illegale: non è detto però che il movimento si sciolga, perché i gruppi radicali in Pakistan hanno da tempo adottato la pratica di cambiare nome per riuscire ad aggirare i divieti del governo. La situazione è diventata così tesa che giovedì, due giorni dopo l’arresto di Rizvi, l’ambasciata francese in Pakistan ha consigliato ai cittadini e alle società francesi di lasciare temporaneamente il paese, per l’alto rischio di attacchi: in Pakistan abitano circa 445 cittadini francesi e sono registrate almeno 30 aziende.
Già a ottobre del 2020 c’erano state grandi proteste contro Macron e contro la Francia in diversi paesi islamici, compreso il Pakistan: oltre a difendere il diritto di Charlie Hebdo a pubblicare vignette satiriche su Maometto, Macron aveva definito l’Islam «una religione in crisi». Anche allora le proteste erano state alimentate dal TLP, oltre che da alcuni gruppi religiosi, e si erano fermate solo dopo che il gruppo aveva sostenuto di avere raggiunto un accordo con il governo pakistano per interrompere le relazioni diplomatiche con la Francia e boicottare i prodotti francesi (cosa che il governo ha poi smentito).
In generale, il tema della blasfemia è molto controverso in Pakistan, paese dove chiunque insulti l’Islam o il profeta Maometto rischia di essere condannato a morte. L’attuale governo pakistano, guidato dal primo ministro Imra Khan, è stato accusato più volte di avere adottato un atteggiamento molto remissivo verso i gruppi religiosi più radicali, per paura di inimicarseli o far nascere un conflitto più ampio nel paese.