La pandemia sulle finanze dei comuni italiani
Nel 2020 le entrate sono calate di 4,6 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, e probabilmente molti comuni ricorreranno a tagli nei servizi e aumento delle tasse
Al comune di Firenze mancano settanta milioni di euro per far quadrare il suo bilancio: quaranta arriveranno dallo stato, grazie al nuovo decreto “Sostegni” annunciato la scorsa settimana dal presidente del Consiglio Mario Draghi, mentre per gli altri trenta non ci sono certezze e se non ci penserà il governo, con un ulteriore decreto, il comune sarà costretto a tagliare i servizi oppure, aumentare le tasse o entrambe le cose.
È la situazione in cui si trovano tutti i comuni italiani che nel 2020 hanno visto diminuire drasticamente le loro entrate a causa della pandemia e che speravano che nel 2021 ci fosse un graduale ritorno alla normalità. Così però non è stato.
Nonostante la campagna vaccinale, infatti, al momento non è cambiato molto rispetto ai mesi della prima emergenza: le spese per aiutare i cittadini sono aumentate e le misure restrittive hanno continuato a limitare i soldi incassati. Per quanto i sindaci abbiano preventivato per l’anno in corso difficoltà economiche e tagli, le risorse che mancano per coprire le spese in bilancio sono ancora molte, come dimostra il caso di Firenze, che attraverso il suo assessore al Bilancio, Federico Gianassi, ha chiesto di recente al governo un ulteriore sforzo «soprattutto per le città d’arte».
Serviranno nuovi decreti emergenziali per evitare conseguenze dirette sui cittadini, in termini di aumenti di tasse comunali oppure tagli ai servizi pubblici.
Secondo la relazione pubblicata pochi giorni fa dalla Corte dei Conti, complessivamente nel 2020 i comuni italiani hanno registrato 4,6 miliardi di euro in meno di entrate rispetto all’anno precedente. Di questi, 2,44 miliardi sono stati dovuti alla diminuzione delle entrate “tributarie”, cioè le tasse. Sono calate del 12,6 per cento le compartecipazioni, la quota delle tasse nazionali che viene destinata ai comuni, mentre è stata più contenuta la riduzione dell’IMU, la tassa sugli immobili, e dell’addizionale Irpef, che nel complesso non hanno subìto grandi ripercussioni a causa dell’emergenza.
È stata invece molto evidente la perdita che ha riguardato la tassa per lo smaltimento rifiuti, che ha registrato minori incassi per oltre un miliardo, con un calo del 17,6 per cento rispetto al 2019: questo dipende sia dalle chiusure delle attività commerciali (calo stimato in circa 755 milioni), sia dal sostegno alle famiglie particolarmente colpite dalla crisi (diminuzione stimata in circa 265 milioni).
Sono stati 2,14 i miliardi di euro in meno di entrate chiamate “extratributarie”, quelle garantite dal pagamento di servizi e soprattutto dalle multe: a causa della pandemia, i comuni hanno incassato pochissimo dagli affitti e dalle concessioni, e con le restrizioni agli spostamenti ci sono state pochissime sanzioni, che solitamente costituiscono un importante sostegno ai bilanci dei comuni. In totale, queste due voci hanno causato un miliardo di entrate in meno.
Non potersi muovere se non per motivi di lavoro, salute o urgenza, ha impedito ai cittadini di usufruire di molti servizi e ai comuni di incassarne i proventi.
Nella relazione della Corte dei Conti si trova un resoconto dettagliato che mostra il netto calo delle entrate. La voce principale riguarda i mancati introiti delle mense scolastiche, per i trasporti pubblici, i servizi extra scolastici, gli impianti sportivi, gli incassi da fiere, mercati, musei e teatri. Tuttavia per alcune di queste voci è corrisposto nel 2020 anche un calo delle spese (ad esempio le mense, che non hanno erogato pasti mentre le scuole erano chiuse) non direttamente quantificato dalla Corte dei Conti. Solo per due capitoli sono stati registrati aumenti: le attività di controllo ambientale e quelle da trasporto, pompe funebri e illuminazione votiva, per effetto delle migliaia di morti causate dall’epidemia.
Tra le più colpite ci sono state le cosiddette “città d’arte”, a causa del crollo degli incassi derivanti dall’imposta di soggiorno, che i turisti pagano per ogni notte trascorsa in città. In tutta Italia si è passati dai 455 milioni di euro incassati nel 2019 ai 230 milioni dello scorso anno, con una diminuzione del 49,3 per cento. Il calo più rilevante si è avuto nelle grandi città, con una flessione del 60 per cento. I comuni sul mare hanno avuto mancate entrate per il 42 per cento, mentre quelli in montagna per il 25 per cento.
Per coprire la mancata riscossione dell’imposta di soggiorno, lo scorso anno sono stati garantiti 250 milioni di euro divisi tra tutte le città italiane. Gli effetti si faranno sentire anche nei bilanci del 2021. Prima dell’emergenza, Firenze aveva preventivato di ottenere dalla tassa di soggiorno circa 50 milioni di euro per tutto il 2020. Questa voce di bilancio nel 2021 è stata abbassata a 35 milioni: una previsione comunque ottimistica, considerati questi primi mesi senza spostamenti tra le regioni e soprattutto con i viaggi per turismo bloccati.
Finora tutte le mancate entrate sono state compensate dall’intervento dello stato: oltre a coprire i mancati incassi del 2020, per il 2021 sono state rafforzate le misure di sostegno con fondi che interesseranno i servizi fondamentali (6,6 miliardi), il trasporto pubblico (800 milioni), la compensazione per l’imposta di soggiorno (altri 250 milioni) e l’esonero dal pagamento di altre imposte come le concessioni pubblicitarie o il canone per l’occupazione di aree destinate agli ambulanti (82,5 milioni), attività fortemente limitata dalle misure restrittive. Inoltre sono stati previsti altri due fondi piuttosto sostanziosi: un miliardo per il rimborso delle spese di acquisto dei dispositivi di protezione individuale e 200 milioni per il sostegno economico alle attività del territorio.
Non si sa se le attuali compensazioni basteranno anche per il 2021. Per avere una risposta precisa si dovrà aspettare la certificazione che le amministrazioni sono tenute a presentare entro la fine di maggio: con questo documento, i comuni dovranno dire allo stato quanti soldi hanno effettivamente perso al netto dei trasferimenti di emergenza garantiti dai decreti. In questo modo si potrà capire se le risorse statali saranno state sufficienti a coprire tutte le perdite.
Se il problema del comune di Firenze, dove mancano 30 milioni di euro, è condiviso tra tutte le grandi città italiane, significa comunque che le attuali risorse non basteranno. E se non ci saranno nuovi aiuti statali, i comuni dovranno considerare la possibilità di tagliare alcune spese e aumentare le tasse in un periodo già piuttosto complesso per i cittadini, soprattutto per coloro che sono stati colpiti direttamente dagli effetti dell’epidemia.
Nella sua relazione, la Corte dei Conti si limita a sostenere come «opportuno l’intervento previsto sulle entrate locali», cioè la necessità che lo stato conceda nuove risorse ai comuni «per evitare che l’emergenza sanitaria, economica e sociale possa evolvere in situazioni di crisi finanziaria locale con conseguenze pesanti sulla finanza pubblica».