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  • Lunedì 12 aprile 2021

La strage a “Football City”

In una città famosa per i suoi campioni un ex giocatore di NFL, forse affetto da un disturbo mentale, ha ucciso un medico e la sua famiglia

Phillip Adams con gli Oakland Raiders nel 2012 (Getty Images)
Phillip Adams con gli Oakland Raiders nel 2012 (Getty Images)

Giovedì 8 aprile Phillip Adams, ex giocatore professionista di football americano, è entrato nella casa dello stimato medico locale Robert Lesslie a Rock Hill, in Carolina del Sud, e ha ucciso tutte le persone che ha trovato. Ha sparato a Lesslie, alla moglie Barbara, ai loro due nipoti di 9 e 5 anni e a James Lewis, trentottenne in quel momento alle dipendenze della famiglia, uccidendoli sul colpo. Ha sparato anche a Robert Shook, presumibilmente la seconda persona in servizio in casa, il quale è morto lunedì in ospedale. Dopo la strage, Adams si è suicidato: aveva 32 anni.

La clinica di Rock Hill dove Robert Lesslie lavorava (Sean Rayford/Getty Images)

Sia Adams che Lesslie vivevano a Rock Hill, città di circa 70.000 abitanti nota anche come “Football City” per la gran quantità di giocatori del posto diventati professionisti. Secondo voci non ancora confermate, ma citate anche dal deputato locale Ralph Norman — originario proprio di Rock Hill — Adams era stato in cura da Lesslie, il quale – sempre secondo Norman – aveva interrotto la prescrizione di alcuni farmaci. Ma gli investigatori non hanno ancora parlato del possibile movente dietro la strage, né hanno identificato un collegamento tra Adams e Lesslie. Gli unici a ipotizzare una ragione sono stati il padre e la sorella di Adams: secondo loro, negli ultimi tempi la sua salute mentale era «peggiorata terribilmente».

Adams aveva giocato in NFL per sei anni e per sei diverse squadre. Fu selezionato dai San Francisco 49ers al draft del 2010, ma nello stesso anno si spezzò la caviglia alla quindicesima partita stagionale. Il grave infortunio all’esordio ne condizionò pesantemente la carriera. I 49ers non lo confermarono e dopo essere guarito provò a ricominciare altrove. Nel 2011 i New England Patriots lo chiamarono due volte senza mai confermarlo. Nello stesso anno fu chiamato dai Seattle Seahawks per una sola partita. Tra il 2012 e il 2013 giocò negli Oakland Raiders, con i quali subì due seri traumi cranici. La sua ultima squadra furono gli Atlanta Falcons, nel 2015.

Phillip Adams nel 2011 con i San Francisco 49ers (Getty Images)

Il suo agente, Scott Casterline, ha raccontato al New York Times che nel 2016 ebbe l’opportunità di tornare in NFL con gli Indianapolis Colts, ma non la colse e diede l’impressione «di essersi arreso». Casterline, così come diversi suoi conoscenti, lo hanno descritto come un tipo apparentemente sulle sue, taciturno e mai problematico, oltre che un giocatore estremamente dedito alla sua professione. Dopo il ritiro, con i circa 3 milioni e mezzo di dollari guadagnati aveva aperto un negozio alimentare a Rock Hill, il quale però era fallito in poco tempo. La fine della sua carriera da giocatore, andata diversamente da quella di altri professionisti cresciuti a Rock Hill, lo aveva profondamente deluso, secondo i conoscenti. Di recente, come spiegato dai familiari, era sembrato incline a una forma di depressione.

Quello di Adams è l’ultimo di una lunga serie di gravi casi di cronaca che hanno coinvolto giocatori di football, sia ritirati che ancora in attività, riconducibili in qualche modo alle conseguenze dei traumi cerebrali subiti in carriera.

Aaron Hernandez si uccise in carcere nel 2017 a soli 28 anni dopo essere stato condannato all’ergastolo per un omicidio commesso quando ancora giocava con i New England Patriots. Per i Patriots giocava anche Junior Seau: nel 2012, a quarantatré anni, si suicidò dopo aver notato i primi segni di demenza provocati presumibilmente dai traumi subiti in carriera. Si sparò senza colpire il cervello in modo che potesse essere studiato dagli esperti, i quali poi riscontrarono effettivamente la presenza di encefalopatia traumatica cronica (CTE), una sindrome causata dall’accumularsi di commozioni cerebrali, la stessa riscontrata a Hernandez dopo la morte. Secondo il New York Times, verranno condotti degli studi anche sul cervello di Adams, visti i fatti e le testimonianze raccolte dai familiari.

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 199 284 284 tutti i giorni dalle 10 alle 24, contattarlo su WhatsApp allo 345 036 16 28 tutti i giorni dalle 18 alle 21 oppure scrivere una mail a questo indirizzo.

Puoi anche chiamare i Samaritans al numero verde gratuito 800 86 00 22 da telefono fisso o al 06 77208977 da cellulare, tutti i giorni dalle 13 alle 22.