Il sabotaggio di un impianto nucleare in Iran
Ancora una volta sembra opera di Israele, ed è un problema per i negoziati sul nucleare iraniano con gli Stati Uniti, appena ripresi
Secondo il governo dell’Iran, l’impianto nucleare di Natanz, il centro più importante del programma nucleare iraniano, sarebbe stato colpito da un «sabotaggio» il giorno dopo una grande cerimonia di inaugurazione in cui erano state avviate nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. Il presunto sabotaggio ha provocato un blackout generalizzato in tutto l’impianto e ha causato danni consistenti: l’Organizzazione dell’energia atomica iraniana (AEOI) ha definito l’incidente come il risultato di un atto di «terrorismo nucleare».
Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha accusato del sabotaggio Israele, e anche tutti i principali media israeliani, compresa l’emittente pubblica KAN, citando fonti anonime, hanno confermato che il sabotaggio sarebbe opera del Mossad, l’agenzia d’intelligence israeliana per l’estero. Il governo israeliano non ha smentito né confermato – come sempre dopo questo tipo di operazioni – ma negli ultimi giorni sia il primo ministro Benjamin Netanyahu sia le autorità militari avevano fatto riferimenti minacciosi al programma nucleare iraniano.
Il sabotaggio potrebbe creare gravi problemi alla ripresa dei negoziati tra l’Iran e gli Stati Uniti per il ripristino dell’accordo sul nucleare firmato nel 2015 con varie potenze mondiali (Stati Uniti, Cina, Russia, Regno Unito, Francia, Germania, Unione Europea), che era stato in buona parte reso impraticabile dopo che nel 2018 l’amministrazione di Donald Trump ne era uscita. All’inizio di aprile a Vienna si erano tenuti i primi negoziati di delegazioni americane e iraniane sull’accordo, ma il sabotaggio potrebbe rendere i rapporti molto più difficili.
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Secondo l’AEOI, l’incidente nell’impianto di Natanz non avrebbe provocato morti né fuoriuscite di materiale pericoloso, anche se probabilmente le rassicurazioni sono premature: in casi come questo le autorità iraniane tendono a minimizzare i danni per poi ammetterli nei giorni e nelle settimane successive.
Non è ancora chiaro come sia avvenuto nel concreto l’attacco: i media israeliani hanno parlato di un attacco informatico che ha colpito la rete elettrica collegata all’impianto, mentre il New York Times, citando fonti d’intelligence anonime israeliane e statunitensi, ha scritto che il sabotaggio avrebbe provocato una grossa esplosione che ha distrutto completamente le infrastrutture che riforniscono di energia elettrica l’impianto di Natanz.
Secondo il New York Times, il danno sarebbe molto esteso e potrebbero essere necessari «almeno nove mesi» per riparare l’impianto e riprendere la produzione.
L’impianto di Natanz è fondamentale per il programma nucleare iraniano. Nei suoi vari edifici, alcuni dei quali sotterranei, si trova la maggior parte delle centrifughe del paese, cioè i grandi macchinari che servono per arricchire l’uranio. L’uranio arricchito, a seconda del livello di arricchimento, può essere usato sia per la produzione di energia nucleare a uso civile sia per la produzione di armi.
Sabato, un giorno prima del sabotaggio, all’impianto c’era stata un’importante inaugurazione, a cui aveva partecipato anche il presidente Hassan Rouhani, che aveva annunciato l’apertura di una nuova linea di centrifughe più efficienti, in violazione dell’accordo sul nucleare del 2015. Da poco meno di un paio d’anni l’Iran ha cominciato a violare i termini dell’accordo, arricchendo l’uranio oltre il limite consentito (secondo l’accordo l’Iran potrebbe arricchire uranio al 3,67 per cento ma negli ultimi mesi il paese è arrivato al 5 per cento; per costruire una bomba atomica serve uranio arricchito almeno al 90 per cento) e costruendo centrifughe di ultima generazione.
L’inaugurazione era avvenuta nell’ambito della Giornata nazionale del nucleare, una festa voluta dal regime iraniano per celebrare gli avanzamenti del paese nella tecnologia nucleare. Tra le altre cose, era stato diffuso un video in cui gli scienziati e gli operai dell’impianto di Natanz cantano una canzone che celebra il programma nucleare, tenendo in mano i ritratti dei loro colleghi assassinati di recente.
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L’inaugurazione di sabato era stata fatta anche per celebrare la riapertura completa dell’impianto di Natanz dopo un gravissimo incendio che lo scorso luglio aveva distrutto almeno un edificio e danneggiato molto la produzione di uranio arricchito: anche in quel caso si era trattato di un sabotaggio e anche in quel caso l’autore probabile era Israele.
Israele e il suo primo ministro Netanyahu hanno come obiettivo la completa denuclearizzazione dell’Iran, e per questo sono stati contrari dall’inizio all’accordo nucleare stipulato nel 2015, che prevedeva una forte riduzione della capacità di produzione iraniana in cambio di un allentamento delle sanzioni internazionali. Dopo la ripresa delle attività nucleari iraniane oltre i limiti dell’accordo nel 2019, Israele è stato coinvolto in numerose operazioni militari e d’intelligence contro il programma nucleare iraniano, tra cui il sabotaggio a Natanz nel luglio del 2020, l’assassinio del responsabile del programma atomico iraniano lo scorso novembre e, a quanto pare, anche quest’ultimo sabotaggio.
Le azioni di sabotaggio di Israele contro il programma nucleare iraniano hanno comunque una lunga storia: l’operazione più celebre fu resa nota nel 2010, quando un virus informatico chiamato Stuxnet e sviluppato in maniera congiunta da israeliani e americani colpì le infrastrutture nucleari iraniane danneggiandole a tal punto che il programma di sviluppo fu rallentato di alcuni anni. Anche in quel caso, l’obiettivo principale fu l’impianto di Natanz.
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Anche se Israele non fa mai ammissioni ufficiali, di solito dopo ogni attacco si presentano abbastanza prove, analisi e mezze dichiarazioni per attribuire la responsabilità di un sabotaggio o di un attacco con notevole sicurezza. Negli ultimi giorni diverse dichiarazioni dei leader israeliani potrebbero aver anticipato il sabotaggio. Domenica Netanyahu, parlando a un evento di celebrazione della fondazione dello stato di Israele, aveva citato «l’enorme missione» che Israele deve affrontare contro l’Iran, e aveva aggiunto: «La situazione che esiste oggi non è necessariamente la situazione che esisterà domani».
Poche ore dopo la pubblicazione della notizia del sabotaggio Aviv Kochavi, il capo dell’esercito israeliano, ha detto che «le operazioni [di Israele] in Medio Oriente non sono nascoste agli occhi dei nemici».
Fin da domenica le autorità iraniane hanno promesso che metteranno in atto una ritorsione contro il sabotaggio. «L’Iran si riserva il diritto di rispondere contro gli aggressori», ha detto Akbar Salehi, il capo della AEOI, mentre lunedì il ministro Zarif è stato più esplicito: «Ci vendicheremo dei sionisti», ha detto. Di solito queste minacce non hanno particolare seguito perché l’Iran non ha le capacità militari per colpire in maniera significativa Israele, e le ritorsioni sono più che altro simboliche.
Nel caso in cui l’Iran dovesse decidere di mettere in atto ritorsioni più sostanziali, la ripresa dei negoziati sul nucleare con gli Stati Uniti potrebbe essere rallentata e messa gravemente a rischio.