La Russia sta riuscendo a farsi la sua internet
Dopo anni di fallimenti i tentativi per creare un'infrastruttura “sovrana” cominciano a dare frutti, come ha dimostrato il rallentamento di Twitter
Da circa un mese il governo russo sta rallentando l’utilizzo di Twitter nel paese come misura di pressione e ritorsione dopo che il social network non aveva acconsentito alla cancellazione di alcuni tweet ritenuti pericolosi dalle autorità. Il sito funziona, ma spesso a rilento, e alcuni contenuti, come i video, sono quasi inaccessibili. Roskomnadzor, l’organo di stato che si occupa delle comunicazioni online (e, secondo i critici, della censura di internet) ha applicato questo rallentamento a seguito delle grandi proteste degli scorsi mesi per chiedere la scarcerazione dell’oppositore Alexei Navalny, anche se i tweet di cui è richiesta la cancellazione risalgono al 2017 e non riguarderebbero direttamente Navalny.
Ciò che collega l’azione contro Twitter alle manifestazioni, secondo gli analisti, è che le proteste sono state organizzate in gran parte sui social network, e il governo russo sta approfittando dell’occasione per testare alcuni nuovi sistemi di controllo e censura di internet che sono in sviluppo ormai da anni, e che dopo numerosi fallimenti starebbero cominciando a funzionare.
L’obiettivo del governo russo è creare un “internet sovrano”, più protetto, controllato e censurabile rispetto a quello dell’Occidente e, come ha scritto il Financial Times, il rallentamento di Twitter dell’ultimo mese è il più importante test fatto finora del funzionamento dei sistemi tecnologici di filtro e censura.
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Il governo russo, all’inizio di marzo, aveva chiesto a Twitter di rimuovere 3.168 tweet risalenti al 2017 che secondo Roskomnadzor «incoraggiano il suicidio dei minorenni e contengono pedopornografia e informazioni sull’uso di droghe». Negli stessi giorni, il presidente russo Vladimir Putin aveva detto che la società sarebbe «collassata» se internet non si fosse «sottomesso alle leggi formali e alle regole morali».
Per dare forza alla sua richiesta, Roskomnadzor aveva annunciato che avrebbe cominciato a rallentare in maniera significativa il tempo di caricamento di immagini e video di Twitter su tutti i dispositivi mobili e sulla metà dei computer. È la prima volta che le autorità russe usano questa forma di pressione, e per questo è particolarmente notevole secondo gli analisti: Twitter, con 700 mila utenti attivi, è un social network piuttosto piccolo in Russia, e il rallentamento è stato visto come una prova generale prima di cominciare a colpire i social network più grandi, come Facebook e YouTube.
Uno dei problemi della censura in Russia, infatti, è che spesso i grandi social network statunitensi non acconsentono alle richieste delle autorità quando le considerano esageratamente repressive. Negli anni sia le direttive di Roskomnadzor sia la legislazione approvata dal parlamento sono state più di una volta aggirate o ignorate dalle piattaforme, e il governo, a causa delle sue scarse capacità tecniche, non ha avuto modo di reagire.
Il caso più noto è quello di Telegram, il popolare servizio di messaggistica fondato dal russo Pavel Durov: nel 2018 Roskomnadzor ne ordinò il blocco dopo che Durov si era rifiutato di dare ai servizi di sicurezza russi l’accesso alle chat di gruppo degli utenti. Ma l’operazione, semplicemente, non funzionò. Telegram continuò a essere attivo come prima, e perfino i membri del governo russo continuarono a usarlo con assiduità. Alla fine, dopo due anni in cui l’inesistente blocco di Telegram fu usato per ridicolizzare il governo, Roskomnadzor decise di eliminarlo a metà del 2020, e anche in quel caso nessuno si accorse della differenza.
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Anche l’esperimento autoritario su Twitter aveva avuto un inizio traballante. Nei primi giorni il rallentamento era stato percepito molto poco dagli utenti, e la manipolazione della connessione internet messa in atto da Roskomnadzor aveva reso inaccessibili moltissimi altri siti, compreso quello del Cremlino e lo stesso sito di Roskomnadzor. Le cose però si sono riprese nei giorni successivi, e Twitter ha subìto diversi disservizi, anche se non della portata prevista dalle autorità.
All’inizio di aprile, Roskomnadzor ha annunciato che degli oltre 3.000 tweet contenenti presunto materiale illegale Twitter ne aveva cancellati 1.900, e che avrebbe continuato a rallentare il sito almeno fino a metà maggio, per costringere la compagnia a cancellarli tutti.
Per la censura russa, questo è un risultato discreto.
Al contrario della censura di internet in Cina, su cui il governo cominciò a lavorare nei primi anni Duemila con un enorme investimento di uomini e di mezzi e con la ferma volontà del governo di rendere inaccessibili per i cittadini i servizi e i contenuti digitali dell’Occidente, in Russia internet è sempre stato lasciato piuttosto libero. Tutti i social network occidentali sono accessibili (tranne LinkedIn) e affiancati da alternative locali piuttosto popolari, come VKontakte e il motore di ricerca Yandex, che fornisce anche servizi di mappe e di trasporti, stile Uber.
Soltanto a partire dal 2011-2012, dopo che il ritorno di Vladimir Putin alla presidenza aveva provocato grandi proteste in tutto il paese, il governo cominciò a preoccuparsi di governare internet, censurare i contenuti sgraditi e gestire il dissenso. A quel punto però era difficile recuperare e creare un sistema di censura e controllo simile al Grande Firewall cinese, che è un complesso connubio di tecnologia, legislazione e manodopera: si stima che la censura cinese impieghi, tra dipendenti e lavoratori temporanei, oltre due milioni di persone per controllare i contenuti, cancellare quelli indesiderati e diffondere propaganda di stato. Roskomnadzor, invece, ha appena 3.000 dipendenti. Inoltre, ormai i cittadini russi usavano e apprezzavano in massa i servizi occidentali: costringerli a smettere di usarli sarebbe stato difficile e politicamente rischioso.
Nel 2019, il governo approvò una nuova legge con due obiettivi gravi e ambiziosi: ottenere il controllo sui contenuti online e garantirsi la possibilità, se necessario, di separare la rete internet russa da quella del resto del mondo. Il rallentamento di Twitter è notevole perché è il primo caso in cui il governo è riuscito con un certo grado di successo a mettere in pratica quegli obiettivi.
La legge, molto criticata dall’opposizione e dagli attivisti, impone a tutti gli operatori di rete (l’equivalente russo dei nostri Tim, Vodafone e Fastweb) di installare degli apparecchi chiamati middlebox per filtrare e controllare tutti i contenuti che passano attraverso la rete, usando software specializzati. Questa pratica si chiama deep-packet inspection (cioè ispezione dei pacchetti in profondità, perché i contenuti sulla rete viaggiano riuniti in pacchetti di dati) e consente di avere accesso completo a tutto ciò che passa attraverso la rete sottoposta all’ispezione. La deep-packet inspection può essere usata per scopi legittimi, per esempio per la manutenzione di rete e per i controlli di sicurezza, ma anche per scopi di censura e sorveglianza.
Come ha scritto Associated Press, la legge prevede che le middlebox siano configurate in modo da consentire al governo russo l’accesso e il controllo del traffico internet.
Questo sistema è potenzialmente molto efficace perché consente di sorvegliare ed eventualmente bloccare o rallentare singoli siti o domini, ma ha numerosi problemi: è tecnicamente complesso, perché bisogna installare migliaia di middlebox, è molto costoso (secondo una stima riportata dal Financial Times servono 2 miliardi di dollari all’anno soltanto per mantenere l’apparecchiatura) e soprattutto è molto difficile farlo funzionare su una scala così ampia. Per questo il fatto che il test con Twitter sia riuscito almeno in parte è un successo per la censura russa – e un problema per le società digitali straniere.
La seconda parte della legge del 2019 prevede tutta una serie di misure molto tecniche per dare la possibilità al governo, se lo desidera, di disconnettere la connessione internet della Russia dal resto del mondo e consentirgli di funzionare in uno stato di isolamento. Questa misura è stata presentata come una necessità per la sicurezza nazionale, ma anche in questo caso i suoi utilizzi possono essere di censura e controllo delle informazioni. I complessi sistemi necessari per isolare internet in Russia non sono tuttavia ancora pronti, e non si sa se e quando lo saranno. Anche in questo caso, si tratta di un’operazione tecnicamente complessa e molto costosa.
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Il funzionamento dell’operazione russa di controllo di internet e distaccamento della rete nazionale è guardato con molto interesse da numerosi altri paesi del mondo come l’India, il Brasile e il Sudafrica, tutti pronti a creare una propria versione di “internet sovrano”: se dovesse farcela la Russia, potrebbero cominciare a pensarci anche loro.
In attesa di perfezionare i sistemi tecnologici, lo stato russo non ha mai smesso di usare metodi di pressione più tradizionali per cercare di controllare internet, in particolar modo i social media e le piattaforme digitali. Un paio di anni fa il parlamento russo aveva approvato una legge che impone ai produttori di smartphone di preinstallate sui dispositivi alcune app russe (come Yandex e ICQ), a cui il mese scorso si è adeguata anche Apple.
Alla fine dell’anno scorso Russia Unita, il partito di Putin, ha proposto un disegno di legge che consentirebbe al governo di impedire l’accesso ai social network che adottino pratiche «discriminatorie» contro i media di stato russi, che sono per la stragrande maggioranza favorevoli al regime. Il mese scorso, invece, Roskomnadzor ha presentato una proposta di legge per obbligare tutti gli utenti dei social network e delle app di messaggistica a consegnare alle autorità copia dei loro documenti d’identità.