L’ex presidente brasiliano Lula si è pentito di non avere estradato Cesare Battisti
E ha chiesto scusa al «compagno Napolitano», cioè all'ex presidente della Repubblica, per aver creduto che non fosse colpevole
In un’intervista al Tg2, l’ex presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva ha chiesto scusa al «compagno Napolitano» – Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica dal 2006 al 2015 – e all’Italia per non aver estradato durante i suoi mandati Cesare Battisti, ex terrorista del gruppo di estrema sinistra Proletari armati per il comunismo. Lula ha detto:
Chiedo scusa al popolo italiano, credevo che non fosse colpevole ma dopo la sua confessione posso solo scusarmi. Mi sono sbagliato.
Battisti arrivò in Brasile nel 2004, un anno dopo che Lula aveva iniziato il suo primo mandato da presidente. Viveva all’estero dal 1981, anno in cui era evaso dal carcere in Italia per sfuggire prima al proprio processo e poi alla condanna in contumacia a due ergastoli per aver partecipato alle azioni dei Proletari armati per il comunismo, tra cui quattro omicidi. Nel 2007 venne arrestato a Copacabana, ma nel 2009 gli venne accordato dall’allora presidente Lula lo status di rifugiato politico: il ministro della giustizia brasiliano, Tarso Genro, disse che in Italia l’incolumità di Cesare Battisti era in pericolo per via delle sue idee politiche.
Il 9 giugno del 2011 il Supremo Tribunal Federal del Brasile confermò la decisione di Lula di non estradare Battisti e votò a favore della sua liberazione; con l’arrivo del nuovo presidente conservatore Michel Temer alla guida del Brasile nel 2016, però, si ricominciò a parlare della possibilità di estradarlo. Nel settembre del 2017 il governo italiano presentò una nuova richiesta di estradizione e Battisti, che nel frattempo si era sposato con una donna brasiliana e aveva avuto un figlio, provò a fuggire in Bolivia: fu arrestato per trasporto illegale di denaro e liberato tre giorni dopo.
Battisti fu nuovamente arrestato all’inizio del 2019 a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia: era in fuga dal precedente 13 dicembre, quando la Corte suprema brasiliana ne aveva ordinato l’arresto in vista di una possibile estradizione in Italia. Fu estradato pochi giorni dopo che il nuovo presidente Jair Bolsonaro aveva assunto l’incarico (1 gennaio 2019) e arrivò in Italia il 14 gennaio del 2019. Nel novembre dello stesso anno la Corte di Cassazione confermò la sua condanna all’ergastolo.
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