Lukashenko ce l’ha con la comunità polacca in Bielorussia
Come ritorsione per il sostegno che negli ultimi mesi la Polonia ha dato a molti oppositori politici bielorussi
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko sta attuando politiche sempre più aggressive e repressive nei confronti della minoranza polacca nel paese, lamentando il sostegno che i polacchi – dentro e fuori la Bielorussia – hanno dato in questi mesi ai suoi oppositori politici. Dopo le elezioni della scorsa estate in Bielorussia, la Polonia aveva molto criticato la repressione dei diritti in Bielorussia e la mancanza di trasparenza nei risultati elettorali: lo avevano fatto anche leader politici polacchi di rilievo, compreso il primo ministro Mateusz Morawiecki.
Ad agosto Lukashenko, che governa in modo autoritario dal 1994, era stato rieletto con una maggioranza assai ampia, ma il risultato delle elezioni era stato contestato da gran parte della comunità internazionale e aveva provocato proteste represse con la forza. Alcuni oppositori politici, costretti a fuggire, erano stati ospitati in Polonia.
A inizio marzo la Bielorussia aveva espulso alcuni diplomatici polacchi, e la Polonia aveva reagito espellendo a sua volta diplomatici bielorussi. Il 23 marzo sono stati invece arrestati cinque membri della comunità polacca in Bielorussia, tra cui Andzelika Borys, la responsabile dell’organizzazione “Unione dei polacchi in Bielorussia”, da sempre molto critica verso il regime bielorusso. Sono stati accusati di incitamento all’odio religioso e razziale, di aver partecipato a eventi di massa illegali e di aver tramato per la riabilitazione del nazismo.
Il primo ministro polacco Morawiecki ha accusato Lukashenko di persecuzione e ha chiesto che smetta di “prendere ostaggi”. Anche diversi gruppi per i diritti umani si sono schierati contro l’arresto, dichiarando le persone arrestate “prigionieri politici”.
La comunità polacca in Bielorussia è composta da circa 300mila persone, poco più del 3 per cento dei 9,5 milioni di abitanti del paese, ed è concentrata nei territori orientali al confine con la Polonia, soprattutto nelle città di Grodno e Brest: una zona che a seguito della Seconda guerra mondiale era diventata parte della Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa (a sua volta parte dell’Unione Sovietica), dopo essere stata polacca nel periodo tra le due guerre.
La narrativa anti-polacca di Lukashenko era iniziata in realtà già mesi fa durante le prime proteste nel paese: a fine agosto il presidente bielorusso aveva infatti accusato la minoranza polacca di essere d’accordo col governo polacco per sfruttare le proteste e riannettere le città perse nella Seconda guerra mondiale.
Secondo molti osservatori, quella di Lukashenko verso la comunità polacca sarebbe soprattutto una ritorsione per l’appoggio polacco agli oppositori bielorussi: lo stesso Lukashenko ha accusato la Polonia di dare sostegno ai “traditori” e “fuggitivi” bielorussi. Tra i più noti che si sono rifugiati in Polonia c’è Pavel Latushko, un ex ministro della Cultura e ambasciatore in Francia, ma anche Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione, è stata in visita in Polonia in questi mesi in occasione di alcune proteste di solidarietà alla Bielorussia.