I problemi neuropsichiatrici tra i malati di COVID-19
Un paziente su tre riceve una diagnosi per problemi mentali o neurologici entro sei mesi dalla malattia, dice una nuova ricerca
Un nuovo studio ha rilevato come entro sei mesi da una diagnosi di COVID-19 un paziente su tre abbia avuto problemi psichiatrici o neurologici, di diversa entità. Nella maggior parte dei casi si è trattato di problemi di umore e comportamentali, ma è stato anche rilevato un lieve aumento nell’incidenza di effetti più gravi come ictus e forme di demenza. Seppure da valutare con cautela, questa nuova ricerca offre qualche evidenza più solida sugli effetti del coronavirus sul cervello e il sistema nervoso rispetto alle analisi pubblicate finora e basate su un numero limitato di pazienti.
I ricercatori dell’Università di Oxford (Regno Unito) hanno raccolto dati sulle cartelle cliniche elettroniche di 81 milioni di pazienti negli Stati Uniti, mettendo insieme un gruppo costituito da 236.379 individui ai quali era stata diagnosticata la COVID-19. Il gruppo è stato poi messo a confronto con altri tre: uno di individui che avevano avuto l’influenza, un altro con chi aveva avuto malattie respiratorie come la polmonite, e un terzo di persone ricoverate per altri problemi di salute come traumi di vario genere.
Come spiegano nello studio pubblicato sulla rivista scientifica Lancet Psychiatry, i ricercatori hanno organizzato i diversi gruppi per età, genere e condizioni di salute, in modo da avere dati omogenei e confrontabili. Dalla loro analisi è emerso un rischio più alto del 44 per cento di avere una diagnosi per problemi neurologici e mentali nei pazienti convalescenti dalla COVID-19, rispetto a quelli che avevano avuto l’influenza. Il rischio si è inoltre rivelato più alto del 16 per cento tra chi aveva avuto la malattia causata dal coronavirus rispetto ai pazienti con altri problemi respiratori.
Dallo studio non è invece emerso un rischio più alto nello sviluppo di particolari malattie, come il morbo di Parkinson che causa tremori e spasmi muscolari e la sindrome di Guillain-Barré, un disturbo che si può manifestare dopo alcune infezioni virali e che comporta problemi neurologici dovuti a una eccessiva risposta da parte del sistema immunitario.
In precedenza altri studi avevano segnalato la presenza di problemi mentali riconducibili a particolari malattie, specialmente se queste rendono necessario il ricovero in ospedale. Il nuovo studio segnala che il 33,6 per cento dei pazienti ha sviluppato problemi neuropsichiatrici, con un aumento del rischio del 46,4 per cento tra i malati di COVID-19 per i quali si era reso necessario il ricovero in terapia intensiva. La ricerca è inoltre una delle prime a distinguere tra complicazioni a livello psichiatrico e neurologico, offrendo qualche elemento in più a chi si occupa delle conseguenze della malattia causata dal coronavirus.
Nel complesso i ricercatori hanno valutato l’incidenza di 13 diverse tipologie di disturbi neurologici e psichiatrici, rilevando una maggiore incidenza di stati d’ansia, cambiamenti di umore, impiego di farmaci e altre sostanze. L’incidenza di complicazioni neurologiche più serie è stata invece contenuta e ha riguardato per lo più pazienti convalescenti da forme gravi di COVID-19.
Tra tutti i pazienti presi in considerazione, lo 0,6 per cento ha avuto un’emorragia cerebrale, il 2,1 per cento un’ischemia e lo 0,7 per cento ha manifestato forme di demenza. L’analisi di questi dati richiede qualche cautela in più, perché è molto difficile escludere che alcuni soggetti non fossero già a rischio di sviluppare simili problemi di salute, a prescindere dalla COVID-19. I casi di ricovero, specialmente in terapia intensiva, riguardano del resto per lo più pazienti anziani o a rischio per altre particolari condizioni cliniche.
La nuova ricerca non ha tenuto in considerazione la presenza o meno di effetti nel lungo periodo della COVID-19 (la cosiddetta “long COVID”), come prolungata spossatezza e dolori che possono incidere sulla qualità della vita e di conseguenza sulle condizioni psicologiche dei pazienti. C’è inoltre da tenere in considerazione che i pazienti con COVID-19 tendono a essere molto più seguiti dai medici e questo aumenta le probabilità di ricevere diagnosi per altri problemi di salute, magari meno evidenti e trascurati per lungo tempo.
Lo studio non si è occupato delle cause alla base dei problemi neurologici e psichiatrici rilevati, ma nella presentazione alla stampa del loro lavoro i ricercatori hanno ipotizzato che la consapevolezza di avere la COVID-19 possa essere un fattore di forte stress per alcuni pazienti, e che possa quindi contribuire a far sviluppare disturbi psichiatrici. Altre ricerche si sono concentrate sugli effetti del coronavirus sul cervello, rilevando alcuni meccanismi che potrebbero fare aumentare il rischio di soffrire di ictus o di sviluppare forme di demenza. Gli studi sono però ancora in corso e saranno necessari analisi più approfondite.