Cosa sta succedendo ai Los Angeles Lakers
Per infortuni e altri problemi i campioni in carica della NBA, partiti come favoriti, stanno facendo una gran fatica
Quando manca circa un mese al termine della stagione regolare di NBA, i Los Angeles Lakers campioni in carica stanno continuando a faticare. Considerati come i grandi favoriti anche quest’anno, per ora sono l’ottava squadra del campionato per vittorie e la quinta della loro conference, non così lontani dal doversi giocare l’accesso ai playoff negli spareggi — introdotti dalla scorsa stagione per le squadre dalla settima alla decima posizione di ciascuna conference — e in programma a metà maggio. In questo momento, tante squadre sembrano migliori di loro, a partire dai rigenerati Brooklyn Nets.
I Lakers avevano iniziato la stagione con una squadra considerata unanimemente favorita per il titolo e migliorata sulla carta dalle operazioni di mercato. JaVale McGee, Rajon Rondo, Dwight Howard e Danny Green erano stati sostituiti con Montrezl Harrell, Dennis Schroder, Marc Gasol e Wesley Matthews, ritenuti un salto di qualità sia per il quintetto di partenza sia per le riserve, il cosiddetto supporting-cast.
Dal 23 dicembre, data di inizio della stagione regolare, allo scorso 13 febbraio, i Lakers avevano in parte confermato le aspettative vincendo 21 partite e perdendone sei. Il 15 febbraio, però, la squadra ha perso Anthony Davis — tre volte miglior stoppatore del campionato e spalla fidata di LeBron James — per un infortunio al polpaccio unito a dei preoccupanti fastidi al tendine d’Achille che ne stanno ritardando il rientro in gruppo.
È bastata una sola assenza, per quanto importante, a far crollare le prestazioni della squadra, passata da un bilancio iniziale di 21-6 a 11 vittorie e 14 sconfitte nelle partite giocate da metà febbraio ai primi di aprile. Come se non bastasse, a scoprire i punti deboli dei Lakers si è aggiunto l’infortunio di James, lo scorso 20 marzo: una distorsione alla caviglia che lo sta tenendo ancora fuori. Senza James l’andamento è peggiorato ancora, con 4 vittorie e 7 sconfitte negli ultimi incontri disputati, tra i quali il 104-86 subito pochi giorni fa contro l’altra squadra di Los Angeles, i Clippers.
Secondo Marc Stein del New York Times, le ragioni del crollo dei Lakers vanno oltre le assenze di Davis e James, dato che anche quando c’era il secondo le cose non andavano bene. La necessità di ingaggiare il centro Andre Drummond — peraltro infortunatosi all’esordio — ha evidenziato come i cambiamenti nella pausa autunnale non abbiano portato gli effetti sperati. Drummond, infatti, è servito principalmente come rimpiazzo di Gasol, ritenuto fin qui poco convincente e declassato a riserva.
In assenza di Davis e James, Dennis Schroder e Montrezl Harrell non sono riusciti a tenere alto il livello delle prestazioni, secondo Stein perché «più interessati ai loro punteggi che a quello della squadra», che non a caso è peggiorata sensibilmente nel prendere i rimbalzi in attacco. Tutti questi elementi fanno pensare che l’attuale gruppo di giocatori non abbia la stessa “chimica” dimostrata l’anno scorso nella bolla di Orlando, dove i Lakers furono semplicemente troppo forti per le avversarie.
Markieff Morris, in squadra dall’anno scorso, è stato uno dei più lucidi nell’analisi delle difficoltà: «A inizio stagione abbiamo vinto tante partite perché avevamo talento e i giocatori di ruolo conoscevano i loro compiti. Ora questa situazione è nuova per noi, ma ne avevamo bisogno. Perché non sai mai quali difficoltà avrai davanti ai playoff: solo così possiamo capire chi siamo veramente. E non dobbiamo dimenticare che stiamo giocando una quantità enorme di partite. Mentalmente questo ti prosciuga, specialmente quando perdi»
In settimana i Lakers hanno riempito anche l’ultimo posto disponibile in rosa con l’ingaggio di Ben McLemore, liberatosi dagli Houston Rockets e scelto per il suo apporto offensivo. La dirigenza ora spera di riavere al più presto Davis e James. Il primo potrebbe tornare nei prossimi dieci giorni mentre James risulta ancora indisponibile a tempo indeterminato. I loro problemi, scrive Stein, potrebbero tuttavia non essere risolti di punto in bianco, nel caso di James anche per via dei 36 anni compiuti.