Una canzone di Mark Isham
L'inizio di una carriera cinematografica con pochi uguali
Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
I più esperti tra voi lo conoscono, ma quelli di voi che nella vita hanno avuto altro da fare saprebbero immaginare chi sia secondo il critico del Guardian “il più grande bassista del pop”? Aiutino: è gallese. Secondo aiutino: non ha per niente un nome gallese. Se leggete l’inglese, il ritratto/intervista di Pino Palladino è affascinante.
Per non farla semplice, Sufjan Stevens fa uscire un “progetto in cinque volumi” da domani a un mese. C’è una canzone (una specie) già.
È morto Malcom Cecil: potete anche trascurare tutta la sua storia di ingegnere del suono e ispiratore di Stevie Wonder, ma guardate almeno le sue foto che aprono e chiudono il necrologio del New York Times.
Fare We will rock you dei Queen a un evento sportivo è una delle cose più banali che si possano immaginare, dopo fare We are the champions dei Queen a un evento sportivo, ma quando Miley Cyrus si è cimentata con Don’t stop me now e Heart of glass alla finale di basket NCAA non le sono venute niente male (Miley Cyrus dal vivo è sempre meglio di ogni altra Miley Cyrus).
Quando comprai il mio primo lettore di cd, da qualche parte a metà degli anni Ottanta, scelsi quello con una funzione particolare e allora rivoluzionaria: si poteva programmare la successione delle canzoni nel cd e renderla indipendente dall’ordine “ufficiale”, oppure mandarla “a caso”. Adesso ci sembra come uno che racconti di quando prese il primo ascensore della storia, lo so. Ma immaginate fare tutte quelle scale, sempre, senza alternative. E immaginate che si compravano i dischi, e dentro avevano pure canzoni brutte, o che eri costretto ad ascoltare sempre lo stesso prevedibile ordine di canzoni, mai sorprendente, presto noioso. Quel lettore di cd cominciò a cambiare le cose (dopo ne venne uno enorme che accoglieva dieci cd con la stessa opportunità di mescolare tutto: adesso è su uno scaffale in un ripostiglio in redazione al Post), e a permettere di saltare Mother in Synchronicity dei Police e altre cose così, e a introdurre la funzione “random” nelle vite musicali. La mia, di vita musicale, ora è governata da anni dalla funzione “random” – riflettendo probabilmente approcci più generali alla vita, ma non indugio – e malgrado questa si applichi su playlist di migliaia di canzoni, dopo un po’ diventa prevedibile tutto. Immagino sia questo che porti molti ad esplorare le playlist altrui su Spotify, dovrei farlo più spesso anch’io. Ma insomma, stavo solo cercando di spiegarmi perché da giorni sto ascoltando una vecchia compilation mixata “funk soul” che ho trovato su YouTube, malgrado ne conosca praticamente ogni pezzo, e di condividerla.
Pittsburgh 1901
Il film era scarso, si chiamava Fuga d’inverno: c’erano Diane Keaton, un giovane Mel Gibson, Matthew Modine. La colonna sonora fu pubblicata dalla Windham Hill, quella casa discografica “new age” (ma ripeto che nel loro caso la definizione è riduttiva) di cui ho parlato un’altra volta e con cui Mark Isham aveva allora appena fatto il suo primo disco (con cose belle, tipo questa, usata spesso per occasioni solenni americane). Lui era newyorkese, allora aveva 33 anni e suonava la tromba, e dopo ne fece tantissime, e soprattutto quasi cento colonne sonore di film (con una nomination per quella di In mezzo scorre il fiume). Ora ha quasi 70 anni e ha appena fatto quella di Judas and the black messiah, uno dei film candidati all’Oscar.
Nel tema principale di quel film la bellezza era invece tutta sul pianoforte, suonato da Lylle Mays, grande tastierista jazz morto l’anno scorso e famoso per aver suonato molto con Pat Metheny.
Pittsburgh 1901 su Spotify non c’è (qui c’è una raccolta di cose sue con Windham Hill)
Pittsburgh 1901 su Apple Music non c’è
Pittsburgh 1901 su YouTube