I presidenti delle Camere non hanno risolto la questione della presidenza del COPASIR
Secondo Alberti Casellati e Fico può farlo solo un accordo tra Lega e Fratelli d'Italia, che se la contendono da settimane
Martedì i presidenti di Camera e Senato hanno pubblicato il loro parere sulla questione della presidenza del COPASIR, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che esercita il controllo sulle attività dei servizi segreti, sulla quale è in corso da settimane uno scontro tra Lega e Fratelli d’Italia. In breve, hanno detto di non poter intervenire e che la questione deve essere risolta con un accordo politico, in assenza del quale tutto può rimanere così com’è.
Attualmente il presidente del COPASIR, nominato nel 2019, è Raffaele Volpi della Lega: ma la legge prevede che l’incarico spetti a un partito di opposizione, condizione in cui in questo momento si trova soltanto Fratelli d’Italia, che quindi lo pretende. La Lega sta facendo resistenza, sostenendo di poter mantenere l’incarico per via di un precedente, e aveva chiesto a questo proposito un parere ai presidenti delle Camere.
Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico l’hanno pubblicato ieri: in una nota congiunta, hanno spiegato di aver inviato una lettera a Raffele Volpi in cui «spiegano le ragioni giuridiche in base alle quali non possono mettere in atto alcun intervento di carattere autoritativo sul Comitato. Non possono infatti né imporre dimissioni, né revocare i componenti, né sciogliere o dichiarare l’organo decaduto», dicono.
La richiesta di assegnare la presidenza a un parlamentare di opposizione fatta da Fratelli d’Italia, spiegano ancora, «potrà essere soddisfatta esclusivamente attraverso accordi tra le forze politiche, che i presidenti si riservano di verificare in sede di Conferenza dei Capigruppo». Se i partiti non si assumeranno dunque la responsabilità di eleggere un nuovo presidente, Volpi non potrà essere sostituito. I due presidenti concludono dicendo che il COPASIR «allo stato attuale può operare nella pienezza delle sue funzioni».
Il parere di Alberti Casellati e Fico è stato criticato dai capigruppo del partito di Giorgia Meloni: l’hanno definito «pilatesco» e hanno chiesto l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Lascia francamente scandalizzati la decisione dei presidenti di Camera e Senato di rimandare ad “accordi politici” ciò che entrambi sanno essere previsto dalla legge, tanto che lo confermano esplicitamente, e che loro — secondo il principio di autodichia — sarebbero tenuti a far rispettare». Il principio di autodichia, semplificando, è quello che prevede che un determinato organo si autoregoli sui ricorsi presentati dai propri componenti. Condizione in cui rientrano le Camere in base ad alcuni articoli dei loro rispettivi regolamenti.
Per rivendicare la presidenza del COPASIR, il partito di Giorgia Meloni fa leva sulla legge che ha istituito il Comitato stesso, la numero 124 dell’agosto 2007: dice che del Comitato fanno parte 5 deputati e 5 senatori, scelti in modo tale da riflettere con equilibrio maggioranza e opposizione. E dice, chiaramente, che il presidente è eletto tra i componenti appartenenti ai gruppi di opposizione. La soluzione che chiede FdI dovrebbe dunque passare attraverso lo scioglimento e la ricomposizione del COPASIR: cinque componenti dovrebbero essere scelti tra la maggioranza (M5S, Lega, PD, Leu, Iv) e cinque tra l’opposizione, cioè tra Fratelli d’Italia – che ne rivendica anche la presidenza – ed esponenti del gruppo misto che non hanno votato la fiducia al governo Draghi.
Per continuare a mantenere la presidenza, la Lega fa invece riferimento a quello che considera un precedente e che viene citato (pur nelle differenze) anche nella lettera dei presidenti delle Camere: nel 2010, quando il presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, alla presidenza del COPASIR era stato eletto Massimo D’Alema. Quando, nel 2011, si formò il governo Monti e il PD passò alla maggioranza, D’Alema presentò le sue dimissioni, ma tutti i partiti raggiunsero un accordo e D’Alema mantenne il suo ruolo. La decisione si basò sulla constatazione che il governo Monti non era un governo politico, non aveva cioè ministri o sottosegretari espressione dei vari partiti e anche la Lega, che si era espressa contro quell’esecutivo, condivise questa interpretazione.
Il governo Draghi è sostenuto come il governo Monti da una larghissima maggioranza, ma è anche un governo politico perché è composto da ministri e sottosegretari che sono espressione dei gruppi parlamentari, tutti tranne Fratelli d’Italia. È la principale differenza rispetto al caso del 2011.
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Il segretario del PD Enrico Letta, durante un incontro con Meloni, aveva detto di condividere la posizione di FdI sostenendo che la presidenza spettasse al suo partito. Sulla questione sono intervenuti diversi costituzionalisti e giuristi. Non è chiaro che cosa succederà ora. Repubblica scrive che difficilmente, dopo la presa di posizione dei presidenti delle due Camere, potrà intervenire il presidente della Repubblica. Il Corriere della Sera dice che toccherà alla Lega – alleata di Fratelli d’Italia nel centrodestra, ma entrata in maggioranza – decidere come procedere.