Nessuno lancia come noi umani
Siamo la specie che sa tirare con più forza e precisione di tutte: un'abilità che i nostri antenati svilupparono per cacciare o forse solo per divertirsi
Nessuna specie al mondo è in grado di lanciare oggetti con la precisione e la potenza con cui lo sanno fare gli esseri umani. E non è una questione che riguarda solo i campioni di freccette, i giocatori di baseball che lanciano palline a 150 chilometri orari o gli atleti che scagliano il giavellotto a 100 metri di distanza. Un adolescente non particolarmente allenato, per esempio, sa lanciare oggetti con più forza e con maggiore precisione rispetto ai migliori scimpanzé, la specie più simile a noi, i cui tiri superano raramente i 30 chilometri orari.
Le particolari capacità umane nel lanciare cose sono conosciute e studiate da tempo. Già nel 1871 Charles Darwin notò nel suo L’origine dell’uomo e la selezione sessuale che probabilmente l’evoluzione umana dipese molto dallo sviluppo di questa abilità, derivata dalla locomozione bipede: camminare soltanto sui piedi liberò le mani, permettendo agli ominidi di fare altro, come cercare cose, costruire o impugnare oggetti e, se necessario, lanciarli.
Dell’abilità umana nel lancio e della sua importanza da un punto di vista evolutivo si parlò un po’ più del solito tra il 2013 e il 2014, dopo che Nature pubblicò uno studio sulla questione realizzato da Neil T. Roach, ricercatore del dipartimento di biologia evolutiva dell’università di Harvard. In questi giorni, invece, ne hanno parlato su The Conversation Robert Deaner e Michael P. Lombardo, autori di due più recenti studi sull’argomento.
Per la sua ricerca del 2013, Roach confrontò i muscoli e l’ossatura di umani e di scimpanzé e trovò tre principali differenze che messe insieme furono, secondo lui, determinanti nel rendere gli umani dei lanciatori migliori. Una aveva a che fare con le possibilità di ruotare i fianchi, un’altra con la posizione delle spalle e del torso e un’altra ancora con la torsione dell’omero. Secondo Roach, questi tre cambiamenti si svilupparono circa due milioni di anni fa nell’Homo erectus e permisero, negli attimi prima del lancio, un accumulo molto maggiore di energia elastica nei muscoli, nei tendini e nei legamenti. Un’energia che una volta rilasciata permette al braccio di generare una sorta di “effetto fionda” e di fare «il movimento più veloce che un corpo umano possa produrre».
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Secondo Roach diversi elementi archeologici permettono di sostenere che i progressi dell’Homo erectus nella caccia furono una conseguenza delle sue migliori capacità di lancio: consentirono «ai nostri antenati ominidi» di cacciare grandi e pericolose prede stando a relativa distanza. Permisero anche, quando riuscivano a ucciderle, di mangiare meglio e innescare una serie di condizioni che «ebbero profondi effetti sulla biologia e sullo stile di vita di quei nostri antenati». Qualcuno ha persino ipotizzato che i tanti e rapidi “calcoli” e “ragionamenti” necessari per fare un lancio preciso (a prescindere dal fatto che la preda fosse catturata oppure no) furono alla base dell’evoluzione cognitiva di alcuni ominidi.
L’ipotesi che lega l’abilità umana nel lancio alla caccia è la più accreditata ma non l’unica. Su The Conversation, Deaner e Lombardo propendono per la teoria che sostiene che il lancio di oggetti si sarebbe sviluppato «all’interno di interazioni agonistiche» tra membri della specie. In altre parole, anche i nostri antenati – così come diversi primati – iniziarono a lanciarsi cose «in contesti di combattimento», per sfidarsi e forse anche ferirsi tra loro. Deaner e Lombardo citano gli esempi di alcuni «primati non umani» (gli scimpanzé, ma non solo loro) che si lanciano legnetti, sassolini e altri oggetti mentre combattono; è una tecnica che padroneggiano ma che usano raramente in altri contesti.
Secondo Deaner e Lombardo, quindi, il lancio è un «aspetto ancestrale» nei primati, che i nostri antenati riuscirono a sviluppare anche per altri scopi, rendendoci «l’unica specie in grado di lanciare così bene da uccidere, sia prede che rivali della stessa specie».